Hamidoğlu o dinastia degli Hamid era uno dei Beilikati del XIV secolo che emersero come conseguenza del declino del Sultanato selgiuchide di Rum e che ha regnato nella regione attorno a Eğirdir e Isparta nel sud-ovest dell'Anatolia.
Il Beylik è stato fondato da Feleküddin Dündar Bey, del quale il padre İlyas e il nonno Hamid erano sovrani degli Stati di frontiera, (Ghazi), sotto i Selgiuchidi.
Il fratello di Dündar Bey, Bey Yunus fondò il Beylik di Teke nella zona tra Antalya e Korkuteli, a sud degli Hamididi. Il Beylikato subisce un declino e nel 1374 viene venduto in parte agli ottomani e poi dagli stessi annesso nel 1391.
Due fratelli,[1] si stabilirono nel sud ovest dell'Anatolia. Il loro nonno si chiamava Hamid ed è l'eponimo delle due famiglie.
Il primo, Feleküddin[2] Dündar, si insediò nell'entroterra della Pisidia a Eğirdir sulla via commerciale che andava dal mar Nero al Mediterraneo. Egli creò la dinastia degli Hamididi vera e propria. La regione è chiamata Hamid-eli.
Il secondo, Yunus si stabilì sulla costa mediterranea in Lidia e Pamphylia a Antalya dove fonda la dinastia dei Tekke[3] Il loro padre avrebbe regnato su Antalya sotto la sovranità dei Selgiukidi[4].
Feleküddin Dündar cambia il nome di Eğirdir in Felekbâr o Felekâbâd[5]. Nel 1324, Dündar subisce gli attacchi di Timurtaş, secondo figlio di Chupan, che è il rappresentante dell'ultimo grande Ilkhan di PersiaAbu Saïd Bahadur.
Timurtaş tenta di riunire i domini in Anatolia dei Mongoli sotto di sé. Dündar viene ucciso, i suoi figli si rifugiano in Egitto[6].
Timurtaş sottomette i due principati degli Hamididi e dei Teke e dona Antalya a Mahmud, un figlio di Yunus[7]. I membri della famiglia poi fuggono presso i Mamelucchi in Egitto per poi ritornare dopo la caduta in disgrazia e l'esecuzione di Timurtaş[8].
Nel 1327, Chupan, caduto anch'esso in disgrazia, è giustiziato dall'Ilkhan Abu Saïd Bahadur. Timurtaş si rifugia in Egitto dai Mamelucchi i quali, per non fare un torto a Abu Saïd, lo uccidono[9].
Hizir[10] (Khidhr) un figlio di Dündar reinsedia la dinastia a Eğirdir. Conquista i distretti di Beyşehir, Seydişehir e Akşehir[11].
Nel 1328, Necmeddin[12] Ishak succede a suo fratello. È lui che Ibn Battuta incontra quando attraversa Eğirdir (Akrīdūr nel testo):
«Il sultano di Akrīdūr si chiamava Abū Isḥāq Bek, figlio di al-Dundār Bek, ed era uno dei più importanti del paese. La sua condotta era ammirevole: prima, quando suo padre era ancora vivo, aveva abitato in Egitto e aveva compiuto il pellegrinaggio e poi andava ogni giorno alla moschea del venerdì per la preghiera del pomeriggio - prima di rientrare a palazzo si sedeva contro il muro della qibla e di fronte a lui, seduti su un'alta pedana in legno, i lettori del Corano salmodiavano le sure della Vittoria, del Regno e dell'Annuncio con voci bellissime e toccanti, che raggiungevano il cuore e inducevan gli occhi al pianto.»
Qualche giorno dopo Ibn Battûta passa a Gölhisar dove incontra Mehmed Çelebi fratello di Ishak:
«Il sultano di Gölhisar, Muḥammad Chalabī (dove chalabī, nella loro lingua, significa «signore»), era il fratello di Abū Isḥāq, sultano di Akrīdūr.»
(Battûta, pp. 119-120, cap. Du Sultan de Koul Hissâr.)
Muzafferüddin[13] Mustafa, il figlio di Mehmed Çelebi, succede a suo zio nel 1344. Hüsameddin[14] Elyas, il figlio di Mustafa, succede a suo padre nel 1357. È continuamente in guerra coi Karamanidi e sconfitto da loro più volte[11]. Kemaleddin[15] Hüseyin è il figlio di Elyas. Gli succede nel 1374. Vende la maggior parte dei suoi domini al sultano ottomanoMurad I.
È noto che suo figlio Mustafa segue Murad I e prende parte con lui alla battaglia del Kosovo nel 1389. Il Beylicato è completamente annesso al sultanato ottomano nel 1391. Le città ad est della provincia, vale a dire Beyşehir, Seydişehir e Akşehir sono allora occupate dai Karamanidi e saranno la causa di numerosi conflitti tra i Karamanidi e gli Ottomani[11].
^"Necmeddin" o "Necmettin" parola turca dall'arabo Najm al-Dîn, in araboنجم الدين?, astro (stella) della religione
^"Muzaffereddin" o "Muzafferüddin" in arabo : Muzaffar al-Dîn, in araboمظفّر الدين?, vincitore della religione.
^"Hüsameddin" o "Hüsamüddin" in arabo : Husâm al-Dîn, in araboحسام الدين?, spada della religione.
^"Kemaleddin" in arabo : Kamâl al-Dîn, in araboكمال الدين?, perfezione della religione.
^Lista determinata successivamente, vedi Bosworth 2004, p. 226
Bibliografia
(FR) Janine Sourdel e Dominique Sourdel, Erzerum, in Dictionnaire historique de l’islam, collana Quadrige, PUF, 2004, pp. 270-271 e p.1056, ISBN978-2-13-054536-1. URL consultato il 7 giugno 2011 (archiviato dall'url originale il 20 ottobre 2011).
(EN) Nagendra Kr Singh, Nagendra Kumar Singh, Saltuk Oghullari Dynasty, in International Encyclopaedia of Islamic Dynasties (45 volumes), vol. 44, Anmol Publications PVT. LTD., 2000, pp. 1047-1048, ISBN978-81-261-0403-1 (archiviato dall'url originale il 16 ottobre 2013).
(EN) Bernard Lewis, C.E. Bosworth, E.van Donzel e Ch. Pellat, L'Enciclopedia dell'Islam, a cura di Sir H. A. R. Gibb, 2ª ed., Leiden, E. J. Brill, 1980.
(EN) Clifford Edmund, The New Islamic Dynasties : A Chronological and Genealogical Manual, 2ª ed., Edimburgo, Edinburgh University Press, 2004 [1967], ISBN978-0-7486-2137-8.
(FR) Ibn Battuta, II, in Voyages, De la Mecque aux steppes russes (PDF), traduzione di in francese da C. Defremery et B. R. Sanguinetti (1858), Introduzione e note di Stéphane Yérasimos, La Découverte, Parigi, François Maspero, 1982 [1858], pp. 392.