Bernardino Licinio - Famiglia di Arrigo Licinio con Giulio a dieci anni che porge il cestino di rose alla mamma Agnese
Venezia
Giulio Licinio era il secondogenito di una famiglia di pittori veneziani. Il padre Arrigo, fu un pittore modesto, ma lo zio Bernardino Licinio era molto conosciuto e prese presto il nipote a bottega. Fu ritratto con il padre e la madre Agnese all'età di dieci anni dallo zio nel ritratto di famiglia.[1]
Anche il fratello maggiore Fabio fu un noto incisore e orafo, e incise anche opere del fratello, nonché del più celebre zio. Anche il suo secondo fratello Giovanni Antonio Licinio fu un celebre pittore e l'accompagnò spesso nelle varie commissioni che Giulio riceva. Dal 1550 furono molte le commissioni che ricevevano i pittori come Bernardino, commissioni di opere sacre con immagini della Madonna, per devozioni private. Queste numerose opere, che erano considerate di minor interesse, erano generalmente eseguite dagli allievi, e Giulio iniziò proprio nella bottega di famiglia a eseguire questo tipo di opere. Alcune di queste opere sono firmate dallo zio, ma in molte si può ritrovare lo stile di Giulio.[2]
Intorno agli anni '60 lo zio morì e Giulio ereditò sia la bottega che le commissioni. In questo periodo la grossa tradizione della pittura veneta escluse dalle grosse commissioni molti pittori di buona levatura come i Licinio, ma anche Lorenzo Lotto e il Pordenone (che alcune fonti vogliono parente e maestro di Giulio), tutti costretti a emigrare perché non reggevano il confronto con mostri sacri come Tiziano, il Tintoretto o il Veronese.
Nel 1559 la sua vita ebbe una svolta quando fu chiamato ad Augusta dall'Imperatore Ferdinando I d'Asburgo, in quel periodo impegnato nella città svevo-bavarese, per la Dieta, con gli altri principi elettori tedeschi. In questa città fu chiamato a dipingere gli affreschi per il palazzo del ricco mercante Hieronymus Rehlinger. Ad Augusta il Licinio aprì una propria bottega alla quale parteciparono altri pittori di origine italiana come ad esempio Antonio Ponzano.
Questo creò un certo malcontento tra i pittori locali, anche se lo stile importato dall'Italia non tardò ad affermarsi sia in Baviera che nel resto del paese, influenzando, loro malgrado anche i pittori locali.
La sua opera più importante per gli Asburgo fu la decorazione del Castello di Pozsony, nel quale lavorò tra il 1563 e il 1570, insieme all'altro fratello Giovanni Antonio Licinio.
Altri suoi lavori si trovano a Vienna, Graz, Ebersdorf e nella Kunstkammer dell'Imperatore Rodolfo II a Praga.
Ritorno a Venezia
Nel 1578 fece ritorno nella sua città natale. Carico di esperienza e onorato in Germania, il Licinio aveva delle speranze su nuove commissioni in patria, ma a parte le dodici tele delle Allegorie di Virtù morali fatte per il Palazzo Ducale, dipinte fra il 1577 e il 1590, non ebbe più commissioni di rilievo.
Giulio Licinio morì a Venezia il 28 aprile del 1591.
Il giudizio di Paride olio su tavola Galleria Sabauda, Torino;
Il ratto di Elena olio su tavola Galleria Sabauda Torino;
La Veglia e il Sacrificio olio su tela, Venezia, Salone Sansovino della Libreria Marciana, soffitto.
La Gloria e la Beatitudine olio su tela, Venezia, Salone Sansovino della Libreria Marciana, soffitto.
Dodici effetti di virtù morali, La Verità, l'Occasione,la Vigilanza,la Fama,la Segretezza, la Sicurezza di Governo, la Felicità pubblica, l'Abbondanza pacifica, l'Avvedutezza, la Scienza delle acque, la Prontezza difensiva, olio su tela. Venezia, Palazzo Ducale, sala dello Scrutinio, soffitto
Conversione di Saulo, Verona Museo di Castelvecchio
Compianto di Gesù morto olio su tavola, Verona Collezione privata.
F. Sansovino, Venetia città nobilissima et singolare, VIII, Venezia 1581, pp. 113–115;
J. von Sandrart, Teutsche Academie der Edle Bau-, Bild- und Mahlerey-Künste (1675) München 1925, p. 273;
W. Arslan, Giulio Licinio., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, Leipzig 1929, p. 194;
G. Heinz, Studien zur Porträtmalerei an den Hoefen der Oesterreichischen Erblande, in Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen in Wien, LIX (1963), pp. 101 s. e passim;
Luisa Vertova, Giulio Licinio, in 'Pittori bergamaschi. Il Cinquecento, II, Bergamo, 1976, pp. 515–589.
E. Merkel, Giulio Licinio, in Da Tiziano a El Greco. Per la storia del Manierismo a Venezia (catalogo della mostra di Palazzo Ducale, Venezia), Milano 1981, pp. 144-145.
U. Ruggeri, La decorazione pittorica della Libreria Marciana, in Cultura e società nel Rinascimento tra Riforma e manierismi, a cura di V. Branca - C. Ossola, Firenze 1984, pp. 313–333.