Giulio Germanico (incrociatore)
Il Giulio Germanico è stato un incrociatore leggero della Regia Marina, quarta unità appartenente alla classe Capitani Romani. Varato nel luglio 1941, si trovava ancora nel cantiere navale di Castellammare di Stabia alla proclamazione dell'armistizio: il comandante, capitano di corvetta Domenico Baffigo, coordinò la difesa degli stabilimenti dall'attacco tedesco ma fu infine ucciso. L'incrociatore fu fatto affondare quindi dai tedeschi il 28 settembre, quando dovettero ripiegare. Il Giulio Germanico fu rimesso a galla dopo la fine della seconda guerra mondiale e, riconvertito in conduttore di flottiglia, operò nella rinata Marina Militare come San Marco (distintivo ottico D 563) sino al disarmo avvenuto nel 1970. StoriaIl Giulio Germanico fu impostato il 3 aprile 1939 negli stabilimenti della Navalmeccanica di Castellammare di Stabia; varato il 26 luglio 1941, stava ultimando il suo allestimento quando venne siglato l'armistizio. La nave era intitolata a Giulio Germanico, generale romano della dinastia giulio-claudia. La vicenda del Giulio Germanico, mai entrato in servizio nel corso della seconda guerra mondiale, è stata particolarmente cruenta. Le vicende armistizialiLa nave, all'armistizio dell'8 settembre 1943 era praticamente pronta a entrare in servizio a Castellammare di Stabia: l'allestimento era completato al 94% e l'equipaggio, costituito da 418 marinai, si trovava già a bordo così come il comandante, capitano di corvetta Domenico Baffigo, che era stato messo a capo dell'unità sin dall'aprile 1941 e aveva presenziato al varo e curato tutte le fasi dell'allestimento. Subito dopo la proclamazione della capitolazione italiana gli ormai ex-alleati tedeschi reagirono immediatamente e attivarono l'operazione Achse per occupare la penisola italiana e smantellare le forze armate regie. All'arrivo a Castellammare di Stabia le forze tedesche tentarono di occupare il porto e il cantiere navale, dove c'erano altre unità in avanzato stato di costruzione che costituivano per loro un prezioso bottino. Sugli scali c'erano infatti diverse unità militari in costruzione e lungo i moli altre in allestimento, tra cui nove corvette della classe Gabbiano, di cui sette già in avanzato stato di allestimento, ed altre unità minori. Il capitano Baffigo assunse la difesa del cantiere con marinai, personale tecnico e carabinieri accorsi;[1] con questa improvvisata guarnigione, appoggiata anche dai calibri del Giulio Germanico e di altre navi, respinse tutti gli attacchi. Dopo tre giorni di furiosi combattimenti, il comandante del Germanico fu invitato dai tedeschi ad una trattativa. Nel corso dei combattimenti Baffigo cercò inutilmente di mettersi in contatto con i suoi superiori per ottenere ordini più precisi, visto che era riuscito a fronteggiare i tedeschi e poteva, se adeguatamente supportato da altri militari, salvare il cantiere e le navi, fino all'arrivo degli americani che, nel frattempo, erano sbarcati a Salerno, a 30 chilometri da Castellammare di Stabia senza ricevere alcune risposta; nella errata speranza di un aiuto degli Alleati, nessuna unità fu inviata in alto mare e prive di notizie e rinforzi, i pochi marinai continuarono a combattere, arginando i tedeschi, che, vista l'impossibilità di riuscire nel loro disegno, alzando bandiera bianca, chiesero al comandante Baffigo di poter parlamentare per eventualmente raggiungere un accordo: avrebbero lasciato intatto il cantiere se fossero cessate le ostilità dei marinai,temendo forse che un combattimento ad oltranza avrebbe potuto innescare una rivolta popolare, così come sarebbe avvenuto a Napoli qualche giorno dopo. Baffigo, recatosi all'appuntamento fuori dalle mura del cantiere per la trattativa venne invece catturato e fucilato dagli occupanti insieme ai tenenti Francesco Bottino ed Ugo Molino.[1] Dove sia avvenuta la strage nessuno lo sa;[1] qualcuno afferma che furono portati a Napoli l'11 settembre. Alcuni marinai furono fucilati sul posto e non se ne conoscono i nomi, gli altri ufficiali furono portati altrove. La figlia di Baffigo sostiene che forse il padre fu portato a Scafati e lì ucciso, ma il suo corpo non venne consegnato e non è stato mai trovato.[1] Tra il 12 e il 16 settembre 1943 il cantiere navale di Castellammare di Stabia fu pesantemente distrutto dalle truppe tedesche. In città scoppiarono numerosi focolai di resistenza e in quei giorni i tedeschi trucidarono 31 persone tra militari e civili tra cui il colonnello Olivieri, il capitano Ripamonti, entrambi decorati con la medaglia d'argento al valor militare "alla memoria", il carabiniere Alberto Di Maio e il marinaio torpediniere Vincenzo De Simone, nato a Castellammare di Stabia il 1º settembre 1918, fucilato dai tedeschi, proprio nella sua città natia, dopo la distruzione del cantiere navale e delle navi in costruzioni e allestimento;[2] successivamente i tedeschi iniziarono a deportare verso il nord più di 5000 giovani stabiesi.[1] Il capitano di corvetta Domenico Baffigo sarebbe stato successivamente decorato di medaglia d'oro al valor militare alla memoria[3]. Le navi, compreso il Germanico, caddero in mano ai tedeschi che, con l'arrivo degli Alleati americani nella vicina Salerno, il 28 settembre 1943 furono costretti ad abbandonare la città per ritirarsi al di là del fiume Garigliano, il 28 settembre 1943, autoaffondarono le navi all'interno del porto di Castellammare di Stabia, e tentarono di affondare anche il Giulio Germanico, che però decise di non collaborare, rimanendo per metà a galla.[1] Tra il 26 e il 28 settembre, i tedeschi inseguiti ormai dagli angloamericani sbarcati a Salerno, oltre a danneggiare pesantemente i cantieri navali saccheggiarono, incendiarono e distruggevano la Cirio, l’Avis, i Cantieri metallurgici italiani, l'oleificio Gaslini e i diversi pastifici cittadini, mentre dietro di loro la gente affamata, in gran parte donne e ragazzi, ne approfittava per portare via tutto quanto era commestibile, dallo scatolame delle conserve alimentari della Cirio, ai sacchi di farina dei molini e dei pastifici.[4] L'incrociatore Giulio Germanico, recuperato dopo la guerra, ricostruito come cacciatorpediniere e ribattezzato San Marco (D 563) prestò servizio nella Marina Militare dal 1956 al 1971. Delle unità Classe Gabbiano solo le corvette Crisalide e Farfalla vennero ultimate dopo la guerra e le due unità prestarono servizio nella MMI fino al 1970. Nel 1979 l'Associazione nazionale marinai d'Italia di Castellammare, unitamente al Consiglio di fabbrica del cantiere, dopo aver rintracciato Paola Baffigo, figlia di Domenico Baffigo, hanno sistemato una lapide ricordo sul muro perimetrale della Caserma della Marina. Successivamente, sempre ad opera dell'allora presidente del Gruppo Vincenzo Della Monica, è stato eretto nei giardini pubblici, il monumento Stabia al Marinaio e intitolato, con una lapide, il prospiciente viale a Domenico Baffigo.[5]. Il 25 aprile 2005 alla città di Castellammare di Stabia è stata conferita da parte del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la medaglia d'oro al merito civile. La motivazione, incisa su di una lapide posta davanti al cantiere navale. La lapide posta davanti al cantiere navale recita:[6] «Importante centro del Mezzogiorno, all'indomani dell'armistizio fu oggetto della violenta reazione delle truppe tedesche che, in ritirata verso il Nord, misero in pratica la strategia della "terra bruciata", distruggendo il cantiere navale, simbolo della città eroicamente difeso dai militari del locale presidio, e gli stabilimenti industriali. Contribuì alla guerra di liberazione con la costituzione spontanea dei primi nuclei partigiani, subendo deportazioni e feroci rappresaglie che provocarono la morte di numerosi concittadini»
— (1943 – 1945, Castellammare di Stabia)
Domenico Baffigo, capitano di corvetta nato a Genova il 12 agosto 1912 (medaglia d'oro al valor militare "alla memoria") «Valoroso ufficiale superiore, più volte decorato nel recente conflitto, trovandosi, all'armistizio, destinato all'allestimento di incrociatore presso cantiere navale, freddamente determinato ad assolvere i doveri derivantigli dal suo stato, respingeva con il fuoco truppe nemiche dirette ad impossessarsi dell'Unità all'ormeggio. Organizzata successivamente — di propria iniziativa — la difesa del cantiere, ne assumeva il comando. Alla testa di un mani polo di animosi marinai fronteggiava gli invasori ricacciandoli con un violento prolungato tiro di armi leggere. Dopo ardua lotta, nella quale i suoi uomini avevano prevalso, attratto con l'inganno a parlamentare, veniva catturato e barbaramente trucidato. Pur essendo state disperse le sue spoglie mortali, vive tuttora il suo spirito indomito nell'esempio lasciato ai posteri delle più alte virtù militari.»
— Castellammare di Stabia, 11 settembre 1943[7] Francesco Bottino, tenente del Genio Navale, nato a Cosenza il 25 aprile 1916 (medaglia d'argento al valor militare "alla memoria") «Ufficiale imbarcato su incrociatore in allestimento presso cantiere navale attaccato da preponderanti forze tedesche, dirigeva efficacemente il fuoco delle mitragliere di bordo sugli attaccanti trascinando nell'azione i propri inferiori. Catturato dalle truppe tedesche preponderanti teneva fiero e dignitoso comportamento ed immolava eroicamente la sua giovane esistenza per tener fede al giuramento prestato. Esempio di elevato senso del dovere e sereno coraggio»
— Castellammare di Stabia, 11 settembre 1943[6] Ugo Molino, tenente del Genio Navale, nato a Napoli il 26 giugno 1920 (medaglia d'argento al valor militare "alla memoria") «Ufficiale destinato all'allestimento di unità in cantiere navale attaccato da rilevanti forze tedesche, affiancava validamente il proprio comandante nell'attuazione della difesa del cantiere e delle unità ivi ormeggiate. Catturato dai tedeschi dopo strenua lotta, veniva barbaramente trucidato. Esempio di elevato senso del dovere e di elette virtù militari»
— Castellammare di Stabia, 11 settembre 1943[6] Michelangelo Flaman, Capitano di corvetta, nato a La Spezia il 1º novembre 1912 (medaglia d'argento al valor militare) «Comandante di unità immobilizzata in cantiere navale attaccato da preponderanti forze nemiche, coadiuvava efficacemente il comandante della zona nell'organizzazione dell'estrema difesa del cantiere stesso e delle unità ivi dislocate. Sosteneva successivamente, con grande bravura, aspro combattimento, nonostante l'inferiorità numerica dei mezzi a disposizione, dando prova di elevate virtù militari»
— Castellammare di Stabia, 9 settembre 1943[6] Ettore Percival Mazza, Sottotenente di vascello, nato a Torino il 2 dicembre 1917 (medaglia d'argento al valor militare) «Comandante di MAS in allestimento cooperava validamente ad organizzare la difesa di cantiere navale attaccato da preponderanti forze tedesche. Prendeva parte attiva al combattimento, sopraffatto dopo strenua lotta, e catturato manteneva sereno e coraggioso contegno. Con abile accorgimento riusciva ad evitare la cattura di altri ufficiali attivamente ricercati ed a porsi in salvo egli stesso. Esempio di alto sentimento del dovere»
— Castellammare di Stabia, 11 settembre 1943[6] Giuseppe Falla, Sottotenente di vascello, nato a Pachino (Siracusa) il 7 novembre 1919 (Medaglia di Bronzo al Valor Militare) «Comandante di VAS in allestimento presso cantiere navale attaccato da preponderanti forze tedesche, cooperava efficacemente all'organizzazione della difesa esponendosi con sprezzo del pericolo per sorvegliare e segnalare i movimenti delle truppe attaccanti. Esempio di elevato senso del dovere e sereno coraggio»
— Castellammare di Stabia, 11 settembre 1943[6] Ciro Borriello, capo meccanico di 2ª classe, nato a Torre del Greco (Napoli) il 21 novembre 1908 (medaglia di bronzo al valor militare) «Sottufficiale imbarcato su corvetta in allestimento presso cantiere navale attaccato da rilevanti forze tedesche, cooperava efficacemente alla strenua difesa dell'unità dimostrando sereno coraggio e sprezzo del pericolo. Sopraffatta la resistenza dalla preponderanza nemica e catturato, manteneva fiero e dignitoso contegno»
— Castellammare di Stabia, 11 settembre 1943[6] Mario Vittozzi, capo meccanico di 2ª classe, nato a Torre del Greco (Napoli) il 23 marzo 1918 (medaglia di bronzo al valor militare) «Destinato all'allestimento di unità ormeggiata in cantiere navale attaccato da rilevanti forse tedesche, dirigeva efficacemente il fuoco delle mitragliere di bordo sugli attaccanti, contrastandone validamente l'avanzata. Sopraffatta la resistenza dalla preponderanza numerica avversaria e catturato, teneva fiero e dignitoso contegno. Esempio di elevato senso del dovere»
— Castellammare di Stabia, 11 settembre 1943[6] La ricostruzioneIl Giulio Germanico fu ufficialmente radiato dai quadri del naviglio militare il 27 febbraio 1947 e contraddistinto dalla sigla FV.[8] Dopo essere stato recuperato dai cantieri di Castellammare di Stabia nel 1948 si constatò che lo scafo era ancora in condizioni buone e, siccome l'Italia iniziò al principio degli anni cinquanta a ricostruire un apparato navale militare (la Marina Militare italiana), con Decreto del presidente della Repubblica del 1º marzo 1951 l'incrociatore fu nuovamente inscritto nei ruoli ufficiali: fu ribattezzato San Marco e avviato nel 1953 a lavori di ricostruzione per convertirlo in cacciatorpediniere conduttore presso gli stabilimenti della Navalmeccanica di Castellammare di Stabia. I lavori di ricostruzione furono gli stessi che riguardarono il gemello Pompeo Magno, ribattezzato San Giorgio, i cui lavori di trasformazione/ricostruzione vennero effettuati presso i Cantieri del Tirreno di Genova. L'armamento venne totalmente riconfigurato e al termine dei lavori di ricostruzione la nave entrò in servizio nella Marina Militare italiana all'inizio di gennaio 1956 con il distintivo ottico D 563 e inquadrata nella II Divisione navale di base a Taranto. Il 10 aprile 1957 le due navi vennero riclassificate cacciatorpediniere conduttori (informalmente detti "supercacciatorpediniere") e nello stesso anno effettuarono una crociera di addestramento negli Stati Uniti d'America, partendo da Napoli 19 maggio e facendo rientro a La Spezia il 10 luglio. Negli anni successivi la nave ha partecipato attivamente alle esercitazioni e alle manovre delle forze navali italiane e della NATO. Tra il 1962 e il 1963 la nave è stata sottoposta a lavori di ammodernamento presso l'Arsenale di La Spezia, al termine dei quali e rientrata in servizio ricoprendo il ruolo di nave bandiera della II Divisione navale. Dopo essere stato posto in disarmo il 31 maggio 1970, il San Marco è stato radiato nel 1971 e successivamente venduto per demolizione. Note
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