Giovanni Battista Gori Pannilini
Giovanni Battista Gori Pannilini (Siena, 1603 – 1662) è stato un vescovo cattolico italiano. BiografiaTalvolta erroneamente indicato come Pannelini o Panellini, nacque a Siena e si laureò in diritto civile e canonico.[1] Fu avviato alla carriera ecclesiastica, entrando nel Collegio degli abbreviatori su intercessione del procuratore Pietro Guidotti nel 1626, mentre dal 1634 al 1639 fu vicelegato a Bologna per conto dei cardinali Benedetto Ubaldi e Giulio Cesare Sacchetti.[2] Dal 1639 al 1646 fu a Malta, dove rivestì le cariche di inquisitore e nunzio pontificio, succedendo a Fabio Chigi, il futuro papa Alessandro VII.[1][2] Nonostante il prestigio del compito affidatogli, Gori Pannilini lamentò a più riprese la propria posizione: soffriva la distanza da Roma ed era entrato in conflitto con il vescovo Miguel Juan Balaguer Camarasa e i cavalieri di Malta.[1] Inizialmente le sue lamentale non furono prese in considerazione da Roma, finché non si fecero via via più insistenti, dopo la scoperta di una congiura ai suoi danni: ottenne di lasciare Malta l'8 settembre 1646.[1] I giudizi sul suo operato di inquisitore sono controversi: fu aspramente criticato per l'estrema severità e per avere spesso condannato superficialmente persone poi riconosciute innocenti, che non mancavano così di scrivere lamentale e chiedere risarcimenti al Santo Uffizio, il quale si ritrovò anche a dovere riesaminare e a volte revocare alcune sentenze; venne però anche elogiato per essere riuscito abilmente a ridare la libertà all'arcivescovo Antonio Marullo di Manfredonia, prigioniero dei corsari francesi, e per aver fatto partecipare i cavalieri di Malta nella guerra di Candia tra Venezia e i Turchi – questa vicenda è interamente documentata da un corposo carteggio tra il Gori Pannilini e il cardinale Camillo Pamphili.[1] Nel 1647 fu ambasciatore di Ferdinando II de' Medici, granduca di Toscana, nella spedizione alla corte di Filippo IV, re di Spagna.[1] Rimase a Madrid fino al settembre 1648, quando fu costretto a rientrare in Italia, essendo stato nel frattempo nominato vescovo di Grosseto da papa Innocenzo X, in seguito alla morte di Ascanio Turamini, e temendo di perdere l'incarico non avendo ottenuto la proroga pontificia per assentarsi dalla sua diocesi.[1] Durante la sua permanenza a Grosseto fece erigere una nuova chiesa a Roselle, tentò di importarvi il culto dei santi martiri Adriano e Feliciano, e incorporò i beni del convento carmelitano di Roccastrada in seguito alle soppressioni di Innocenzo X al fine di aprire un seminario vescovile: tale iniziativa non andò a buon fine, perché il pontefice successivo, Alessandro VII, restituì ai carmelitani tutti i beni che erano stati loro tolti.[2] Indisse sette sinodi diocesani, dal 1653[3] al 1662, anno della sua morte.[1][2] Fu sepolto a Siena nella cappella Gori della chiesa di San Martino,[2] che lui stesso aveva fatto decorare con un quadro della Circoncisione di Gesù commissionato a Guido Reni.[1] Note
Bibliografia
Voci correlateCollegamenti esterni
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