Giovanni Antonio PecciGiovanni Antonio Pecci (Siena, 12 dicembre 1693 – Siena, 3 marzo 1768) è stato un letterato, storico e politico italiano. BiografiaNato a Siena da Desiderio Pecci e Onesta Vannocci Biringucci, si dedicò allo studio sin dalla giovane età: studiò la grammatica con Giuseppe Fantaccini, la retorica con Teodoro Terribili e Giovanni Battista Rosi, e la pittura con Aurelio Martelli prima e con Francesco Franci poi.[1] Studiò al seminario di San Giorgio dal 1709 al 1713 e fu allievo, tra gli altri, dei letterati senesi Giovanni Battista Alberti, Federico Burlamacchi, Cesare Scotti, Antonio Amerighi e Tiberio Sergardi.[1] Pecci fu cavaliere di Santo Stefano dal 1711 e membro dell'accademia degli Intronati, con il nome di "Colorito", a partire dal settembre 1715, ricoprendone la carica di segretario dal 1733 al 1737.[1] Fu eletto priore di Siena nel febbraio 1718 e ricoprì tale incarico altre sette volte (1720, 1724, 1727, 1730, 1733, 1735, 1741), e per sette volte fu consigliere del capitano del popolo tra il 1726 e il 1742. Fu capitano del popolo di Siena nel 1744, 1746, 1750 e 1758.[1] Ebbe un seggio nel Consiglio grande nel 1729, uno in balìa per quattro volte (1737, 1740, 1747, 1761) e fu deputato a vita dal 1747.[1] Pecci effettuò una trascrizione del patrimonio epigrafico senese nel 1730 e pubblicò la prima guida a stampa della città di Siena (1752). Riordinò gli archivi della balìa, delle riformagioni e del Consiglio della Campana.[1] Fu collaboratore al periodico «Novelle letterarie» diretto da Giovanni Lami e stilò un Indice degli scrittori senesi per il Dizionario degli scrittori d'Italia di Giammaria Mazzuchelli.[1] Fu l'autore del «Giornale sanese», diario di cronache cittadine, dal 22 luglio 1715 fino alla morte, poi proseguito dal figlio Pietro.[1] Le sue opere principali restano i quattro volumi delle Memorie storico-critiche della città di Siena (1755-1760) e il monumentale Lo Stato di Siena antico, e moderno, affresco sulla storia della Repubblica senese con approfondimenti sulle città vescovili del contado (Grosseto, Massa Marittima, Montalcino, Pienza, Sovana), rimasto però incompiuto per la morte dell'autore, sopraggiunta il 3 marzo 1768.[1][2] Sposato dal 1733 con Caterina di Giovanni Turamini, ebbe quattro figli: Desiderio Benedetto (1735), Desiderio Matteo (1736), Pietro (1738) e Margherita Teresa (1740).[1] Alla sua morte, il figlio Pietro gli pubblicò un Elogio.[1] Opere
Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
|