Francesco Pepicelli
Francesco Pepicelli (Sant'Angelo a Cupolo, 19 maggio 1906 – Roma, 24 marzo 1944) è stato un militare e partigiano italiano, pluridecorato maresciallo dei carabinieri durante la seconda guerra mondiale, fu trucidato nell'eccidio delle Fosse Ardeatine e per questo in seguito decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria. BiografiaNacque a Sant'Angelo a Cupolo il 19 maggio 1906, figlio di Giuseppe e Maria Testa, e si arruolò come volontario nella Legione dei Reali Carabinieri di Roma il 18 marzo 1926.[1] Nel corso del 1933 frequentò il corso Allievo Sottufficiale presso la Scuola di Firenze, e nel 1935 fu promosso al grado di vicebrigadiere entrando in servizio presso la Legione Territoriale Carabinieri "Lazio", con sede a Roma.[2] Nel corso del 1935 partì volontario per la guerra d'Etiopia in seno alla 409ª Sezione Carabinieri da Montagna, distinguendosi durante la battaglia del Tembien e venendo decorato con due croci al merito di guerra.[1] Promosso brigadiere, nel marzo 1938 rientrò in Patria, assegnato come comandante alla Stazione carabinieri di Bracciano.[1] Ricoprì poi la funzione di comandante in alcune stazioni dei carabinieri del Lazio,[N 1] fino al 1940, quando ebbe un incarico, con il grado di maresciallo, allo Stato maggiore del Regio Esercito, addetto al servizio di segreteria.[1] Dopo l'8 settembre 1943 ebbe un ruolo attivo nella guerra di liberazione italiana, combattendo con la formazione militare clandestina dei carabinieri che operava in stretto collegamento con i gruppi partigiani.[1] Venne arrestato dalle SS il 18 marzo 1944 e condotto presso la prigione di via Tasso, dove subì torture: dopo l'attentato di via Rasella, il 24 marzo 1944 fu trucidato nell'eccidio delle Fosse Ardeatine.[1] La città di Benevento ne ha onorato la memoria intitolandogli una via e una caserma dei carabinieri.[2] Anche la locale sezione dell'Associazione nazionale carabinieri porta il suo nome.[2] Onorificenze«Sottufficiale dei carabinieri, appartenente al fronte della resistenza, si prodigava senza soste nella dura lotta clandestina contro l’oppressore tedesco, portando brillantemente a compimento il difficile compito affidatogli. Arrestato dalle SS. germaniche, sopportava stoicamente, durante la detenzione, le barbare torture, inutilmente inflittegli per strappargli i segreti dell’organizzazione cui apparteneva. Alle Fosse Ardeatine affrontava serenamente la fucilazione, pago di aver compiuto il suo dovere verso la Patria oppressa, con l’olocausto della vita. Roma, ottobre 1943 - marzo 1944.[3]»
— Decreto Presidenziale 26 dicembre 1951[4] NoteAnnotazioni
Fonti
Bibliografia
Periodici
Voci correlateCollegamenti esterni
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