Ferecide di SiroFerecìde di Siro (in greco antico: Φερεκύδης?, Pherekýdēs; Siro (Grecia), ... – VI secolo a.C.) è stato uno scrittore greco,[1][2] ricordato da alcuni autori antichi come uno dei Sette sapienti greci[3]. Biografia e opereVissuto nel VI secolo a.C.,[4] nativo di Siro nelle isole Cicladi, indicato come figlio di Babi,[5] gli si attribuisce una vita di ottantacinque anni, ma è incerta la sua data di nascita: Diogene Laerzio la pone al 584-1 a.C., essendo egli al culmine della vita (ovvero quarant'anni) durante la 59sima olimpiade (544-1 a.C.), mentre la Suda afferma che era nato nella 45sima olimpiade (600-597 a.C.).[6] Ferecide è autore di una particolare teogonia, Le sette caverne (Ἑπτάμυχος), una delle prime opere in prosa della letteratura greca,[7] che ha fatto da collegamento fra gli scritti mitologici e il pensiero presocratico.[8] Achille Tazio, nell'Isagoge, afferma che Ferecide segua la concezione esiodea dell'origine del mondo da un Caos primigenio identificato con l'Oceano omerico,[9] ma questa lettura naturalista del pensiero di Ferecide non risulta confermata da nessun altro frammento e per questo dubbia. Da un frammento risulta invece come egli affermi l'esistenza originaria di tre divinità primordiali ed eterne: Zas (incerto se coincida con Zeus), Chronos (Tempo, divinità di origine orfica) e Chthonie[10] dalle cui vicende sarebbero nati gli elementi naturali e «la grande stirpe degli dei».[11] L'atto culminate di questo mito è il rito nuziale, lo hieros gamos, tra Zas e Chthonie. Chthonie si toglie il velo e Zas la riveste con il mantello che lui stesso aveva ricamato, in accordo con l'uso nuziale greco. "Ma con il mantello Zas ricopre colei che si è spogliata: denudandosi, la Sotterranea Chthonie ha mostrato le sue profondità. E si ricordi che in greco il risultato del "disvelamento" si dice aletheia, "verità". È la verità, dunque, l'abissale, la nudità di Chthonie che non possono mostrarsi. Ma in quest'attimo Zas si è congiunto a Chthonie: "e tu con me congiungiti". Nel ricevere il manto, il rito è già compiuto. Tre elementi convergono nell'attimo: la profonda non può rimanere nuda e il mantello la ricopre mentre si disvela, ma nel mezzo c'è già stata la congiunzione. Zas precipita nell'abisso che si apre, e il due diventa uno; se la sotterranea perde il suo velo, il cielo più non se ne distingue, e nell'abisso cade anche la conoscenza, che sul due e sul distinto si regge. Ma attenzione: sul mantello sono dipinti Terra e Ogeno e il palazzo di Ogeno, cioè il mondo che ci circonda, monti e valli e mari e città degli dei e degli uomini. Nello hieros gamos è caduta la dualità e la conoscenza, ma ciò che rimane - per Tempo che continua la sua corsa - è soltanto il mantello, cioè un'altra conoscenza, la conoscenza dal di fuori. La conoscenza e la vita come semplici illusioni, perché noi non conosciamo il mantello, ma pensiamo che si tratti di montagne e di fiumi e di palazzi. Questo, e non altro, è quello che vediamo noi. Pure, dietro quel mantello c'è ancora Chthonie. È ciò che Ferecide dice graziosamente, ed enigmaticamente assieme: "ma a Chthonie toccò il nome Terra, dopo che Zas la onorò dandole in dono la terra".[12] Dai frammenti risulta un suo interesse per la teogonia dell'orfismo e un suo influsso su Pitagora, che secondo la tradizione sarebbe stato un suo discepolo[13] e che di lui si prese cura e lo seppellì a Delo.[14] Si tramanda anche che per primo abbia svolto un discorso sulla metempsicosi[15][16] e che abbia scritto un'opera in dieci libri sulla Storia degli dei.[6] [17] Note
Bibliografia
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