EstrattivismoL'estrattivismo è l'estrazione delle risorse naturali di un paese o località e la loro esportazione verso altri luoghi, senza alcuna lavorazione in loco o con una lavorazione minima.[1][2][3] Questo modello economico è comune in tutto il Sud del mondo e nella regione artica, ma è osservato anche in alcune aree del Nord del mondo, inclusa l'Europa[4][5]. Il concetto è stato coniato nel 1996 per descrivere lo sfruttamento a scopo di lucro delle risorse forestali in Brasile.[6] Questo modello di sfruttamento delle risorse naturali esiste da oltre 500 anni, durante la colonizzazione, grandi quantità di risorse naturali furono esportate dalle colonie dell'Africa, dell’Asia e delle Americhe per soddisfare la domanda dei metropole.[7] Nel XXI secolo questa pratica viene utilizzata da società multiazionali e da governi e l’estrazione di risorse è spesso realizzata in paesi diversi rispetto a quelli dove hanno sede le società estrattive.[8] Tale pratica si è evoluta nell'ambito delle economiche neoliberali fino a essere ritenuta una potenziale via per lo sviluppo di un paese[9] attraverso la stabilizzazione dei tassi di crescita e l’aumento degli investimenti esteri diretti. Nonostante questi benefici economici a breve termine, l'estrattivismo come modello di sviluppo è criticato non portando miglioramenti di vita significativi e duraturi per le popolazioni locali, entrando in contrasto e limitando altri ambiti di sviluppo economico, infliggendo gravi danni ambientali e sociali e per le sue conseguenze politiche.[10] Le relative preoccupazioni ambientali includono cambiamento climatico, impoverimento del suolo, deforestazione, perdita di sovranità alimentare, declino della biodiversità e contaminazione delle acque dolci. Le implicazioni sociali e politiche includono la violazione dei diritti umani, condizioni di lavoro non sicure, una distribuzione ineguale della ricchezza e conflitti sociali. DefinizioneRispetto all'originaria definizione di estrattivismo, il concetto è stato esteso dagli accademici anche a forme di estrazione più astratte come il campo del digitale, della proprietà intellettuale o della finanza.[7] Indipendentemente dal suo ambito di applicazione, il concetto di estrattivismo può essere essenzialmente concepito come "un particolare modo di pensare e le relative pratiche mirate a massimizzare il profitto attraverso l'estrazione di risorse, che porta con sé violenza e distruzione".[11] Guido Pascual Galafassi e Lorena Natalia Riffo vedono il concetto come un'evoluzione delle idee espresse in Le vene aperte dell'America Latina da Eduardo Galeano nel 1971.[12] L’estrattivismo viene promosso come una potenziale via di sviluppo i cui ricavi vengono utilizzati per migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali. Questo approccio è chiamato neoestrattivismo.[9] In contrasto con le forme più antiche di estrattivismo, il neoestrattivismo regola l’assegnazione delle risorse e delle relative entrate, promuove la proprietà statale delle aziende e delle materie prime, rivede i contratti e aumenta i dazi e le tasse sull’esportazione. Tuttavia, le comunità locali raramente sperimentano condizioni di vita realmente migliori a seguito delle attività estrattive; è anzi comune un peggioramento delle stesse, come delle comunità indigene colpite dall'estrattivismo nella foresta boreale canadese.[13] Il neoestrattivismo è stato definita come una dottrina affine al neocolonialismo.[3] Secondo Rafael Domínguez, la coalizione governativa cilena Concertación, che ha governato il Cile dal 1990 al 2010, è stata pioniera del neoestrattivismo[14]. Note
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