Differenze tra serbo, croato e bosniacoLe lingue standard bosniaco, croato e serbo sono molto simili e differiscono solo sotto alcuni aspetti (pur numerosi), che non sono di ostacolo alla comunicazione tra i parlanti delle suddette lingue. In termini linguistici queste tre lingue standard formano un gruppo linguistico all'interno dello slavo meridionale, ovvero un continuum dialettale. StoriaDopo la dissoluzione della Jugoslavia, le lingue di croati e serbi tornarono a divergere, dopo essere state politicamente 'unite' dal 1918 secondo fonti e opinioni croate[1]. Tuttavia, anche molto prima della nascita della Jugoslavia, tutte le pubblicazioni uscite a Zagabria si riferiscono alla lingua come 'croata o serba' (un esempio è la pubblicazione 'Rječnik hrvatskoga ili srpskoga jezika', Zagabria 1881-1970). Secondo fonti serbe, invece, l'idea di lingua unificata emerse nel 1848, periodo del movimento illirico, e rimase tale da allora[2]. Nella Jugoslavia socialista la politica ufficiale insistette su una lingua con due forme standard ufficiali - quella orientale (parlata in Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina da qualunque nazionalità nei dialetti ekaviano o ijekaviano) e occidentale (parlata in Croazia da qualunque nazionalità nel solo dialetto ijekaviano). Comunque, dai tardi anni sessanta, a causa del malcontento nei circoli intellettuali croati, si cominciò a riferirsi alla propria lingua esclusivamente come 'croato', e solo talvolta con 'croato o serbo', com'era da consuetudine prima del periodo jugoslavo. Queste varie lingue venivano considerate come una lingua comune con diverse varianti e dialetti al suo interno. L'unità del linguaggio fu enfatizzata, non facendo delle differenze un indicatore di divisione linguistica, ma piuttosto un fattore di arricchimento della lingua comune. In aggiunta, la Jugoslavia aveva altre due lingue ufficiali a livello federale, lo sloveno e il macedone - riflettendo la tolleranza jugoslava verso la diversità linguistica e all'uso di tali lingue all'interno della federazione. Perciò nessun tentativo fu fatto per assimilare queste ultime all'interno della lingua serbo-croata o croato-serba. Dopo la dissoluzione della federazione, come nuovo simbolo delle indipendenti e separate identità nazionali, la lingua diventò uno strumento politico di distinzione per tutte le nuove repubbliche. Con un boom di neologismi in Croazia, con una maggiore enfatizzazione dei termini di origine turca nella Bosnia musulmana e con una privilegiata posizione dello scritto in cirillico fra la popolazione serba, ogni stato o entità mostrò una 'nazionalizzazione' della lingua. In tal contesto la lingua bosniaca cominciò il suo sviluppo autonomo dopo l'indipendenza della Bosnia ed Erzegovina proclamata nel 1992. Lo sviluppo della lingua montenegrina diventò un argomento tra alcuni accademici montenegrini a partire dagli anni novanta. Si nota nel corso della storia che il serbo e ultimamente il bosniaco tendono a essere lingue "inclusive", cioè accettano e assimilano un'ampia gamma di parole e prestiti di origine straniera, mentre il croato standard è più 'purista' e preferisce neologismi al posto di prestiti di origine straniera, come anche l'uso di vecchi termini ormai dimenticati. Questi differenti approcci sono dovuti alle differenze storico-culturali (serbi e bosniaci sotto dominazione ottomana, croati sotto dominazione austro-ungarica) delle tre lingue e delle tre società a cui queste lingue appartengono. SommarioCi sono opinioni discordanti tra i linguisti se le diversità delle tre o addirittura quattro lingue (se si include il montenegrino) siano tali da giustificare il loro trattamento come lingue separate. Il linguista croato Miro Kačić ha dato la seguente visione delle differenze tra serbo e croato[3]. Questo parere può essere anche esteso, opportunamente modificato, alla lingua bosniaca. "In questo libro ho provato a presentare alcune delle illusioni fondamentali e distorsioni che hanno portato al malinteso, ancor oggi presente tra i linguisti mondiali, che il croato e il serbo sono una lingua unica. Ho mostrato che croato e serbo differiscono in un grado più o meno ampio in ogni livello. Queste differenze esistono realmente e sono le seguenti:
Al contrario Ivo Pranjković, autore di Grammatica della lingua croata, sostiene che "a livello di standardizzazione, croato, serbo, bosniaco e anche montenegrino sono diverse varianti, ma di una stessa lingua. Quindi, nel puro livello linguistico, o nel livello genetico, nel livello tipologico, stiamo parlando di un'unica lingua e questo dev'essere detto chiaramente. Se qualcuno dovesse essere in disaccordo, che presenti le sue tesi."[4] Pranjković dichiarò in svariate occasioni (ad esempio nella rivista di lingua e cultura Vijenac, di cui è un regolare contributore) che "Ćorić (un oppositore alle sue teorie) naturalmente, non concorda con le tesi che ho esposto all'inizio del mio testo, sostenendo che le lingue standard croato e serbo, da quando esistono, funzionano come lingue standard separate."[5] ScritturaAlfabetiI sistemi di scrittura differiscono:
Anticamente i croati usavano l'alfabeto glagolitico (glagoljica) per scrivere sia documenti della Chiesa slava croata (funzione cui è adibito ancora oggi) sia documenti in dialetto. Questo alfabeto è l'alfabeto originario dei popoli slavi e successivamente si evolse fino a diventare l'odierno alfabeto cirillico. In passato esisteva un altro alfabeto cirillico, meno standardizzato, con varie versioni e nomi: arvatica (o arvacko pismo), usato dai croati in Povaljska listina; bosanica o bosančica, utilizzata in Bosnia; begovica, usata dai bey; poljičica, usata nella regione di Poljica, nella Croazia meridionale. In alcune regioni della Croazia questa scrittura fu usato fino al 1860, quando il seminario cattolico-romano a Omiš insegnava ai nuovi sacerdoti a utilizzare tale scrittura ("arvacki šeminarij") . Le popolazioni slave nelle aree oggi occupate da Bosnia-Erzegovina, Serbia e Montenegro che si convertirono all'Islam dopo la conquista ottomana dei Balcani del XV secolo usavano anche un alfabeto arabo modificato chiamato arabica. Esso rimase in uso dal XV secolo fino agli inizi del XX secolo, usato principalmente dalle classi più istruite della popolazione. L'ultimo testo conosciuto pubblicato in arabica è del 1941, dopo di che la riunificazione della Jugoslavia impose il cirillico e il latino come unici alfabeti ufficiali della neonata Jugoslavia comunista. Oggi è stato abbastanza dimenticato dalla popolazione musulmana dato che le persone letterate che conoscono questa scrittura sono molto poche. FonemiTutte le lingue ufficiali hanno gli stessi medesimi fonemi, cosicché il bosniaco/croato/serbo scritti in latino e il bosniaco/serbo scritti in cirillico hanno una corrispondenza 1:1, cioè un fonema è rappresentato sempre dalla medesima lettera (o gruppo di lettere) sia in cirillico sia in latino. Comunque, queste lettere/fonemi non sono sconosciuti alle altre popolazioni slave meridionali. In alcune zone della Croazia e della Bosnia, i suoni "č" e "ć" e anche "dž" e "đ" sono rispettivamente indistinguibili o pronunciati indistintamente come "č" e "đ" rispettivamente. Oppure, in altre zone della Croazia, i suoni "č" e "ć" sono pronunciati nella versione "più morbida" - "č" è pronunciata tra il "č" letterario e "ć", mentre "ć" è pronunciata ancora più morbida; talvolta questa varia quasi in un "tj", una "t" palatalizzata. Discorso simile viene fatto per "dž" e "đ", che sempre in certe regioni croate "dž" viene pronunciata come "đ" o "ž", mentre "đ" sembra avere lo stesso suono che nello standard letterario, o come una "dj", cioè una "d" palatalizzata. Tutto ciò, comunque, non ha corrispondenze nella lingua ufficiale.[8] OrtografiaLa lingua standard in Croazia non traslittera i nomi stranieri (e talvolta le parole), tranne che per le parole russe o di altre lingue che usano il cirillico, dove è impossibile non traslitterare. Invece la lingua serba fa il contrario, ogni parola straniera viene scritta in serbo come viene pronunciata, dove possibile ovviamente. Questo è dovuto al fatto che prima del 1945 i serbi usavano quasi esclusivamente il cirillico, quindi la traslitterazione era d'obbligo; dopo l'introduzione dell'alfabeto latino tale caratteristica è rimasta. Anche il bosniaco segue la regola serba e trascrive foneticamente i nomi stranieri. Poi, quando il soggetto è omesso in una frase al futuro, mettendo solamente il verbo all'infinito e l'ausiliare, nel caso "ću", solo la "i" finale dell'infinito viene tolta, mentre in serbo viene tolto in genere il "ti" dall'infinito e sostituito dall'ausiliare formando un'unica parola. Questa distinzione però esiste solamente nella lingua scritta, dato che nell'uno e nell'altro caso la pronuncia rimane identica. Il bosniaco invece accetta entrambi i modi. Es. uraditi (fare) + ću (contrazione di hoću, per formare il futuro, prima persona singolare):
(traduzione, "io lo farò" ) ParlatoAccentuazioneIn generale, il dialetto štokavo, che rappresenta la base delle lingue standard prese in esame, ha quattro tipi di accenti (corto discendente, ı̏, corto ascendente ì, lungo discendente î, e lungo ascendente, í). In aggiunta, le vocali non accentate possono essere sia corte e sia lunghe (ī); quest'ultimo solitamente lo troviamo dopo la sillaba accentata. La declinazione dei nomi e la coniugazione dei verbi a volte possono cambiare l'accentuazione di un nome o di un verbo. La distinzione tra i quattro accenti e la conservazione delle lunghezze dopo l'accento sono comuni nei dialetti del Montenegro occidentale, della Bosnia-Erzegovina (parlato da bosgnacchi e serbi e, solo in parte, da croati), in parti della Serbia, così come in parti della Croazia con forte immigrazione serba. In aggiunta, una caratteristica distinta di certi dialetti è l'accentuazione dei clitici. Ad esempio nella frase u Bosni (in Bosnia) sarà pronunciato /ȕbosni/ anziché /ubȍsni/ come ad esempio nella Serbia settentrionale. Anche i dialetti della Serbia settentrionale preservano il sistema dei quattro accenti, ma la sillaba non accentata diventa più corta o sparisce del tutto in alcune posizioni. Comunque, l'accorciamento della lunghezza della sillaba dopo l'accento è diventata una caratteristica di molti dialetti štokavi, anche in quelli più conservatori del Montenegro. Lo spostamento dell'accento sul clitico, invece, in Serbia del nord è pressoché assente e solamente limitato alla costruzione dei verbi in frase negativa (ne znam = non so → /nȅznām/). La situazione in Croazia è ancora diversa. Una gran parte della popolazione croata, specialmente gli abitanti della zona di Zagabria, non fanno differenza tra accenti ascendenti e discendenti.[9][10] Questo è considerato più una caratteristica del dialetto di Zagabria che una caratteristica della lingua croata.[11] Nella linguistica ufficiale in Croazia, la maggior parte della letteratura in circolazione promuove l'uso del sistema dei quattro accenti. In Serbia, invece, la lingua standard è basata sul sistema dei quattro accenti, il quale è una caratteristica comune alla maggior parte dei dialetti serbi. Infatti, entrambi i dialetti principali considerati la base della lingua serba standard (Est-erzegovinese e i dialetti della Šumadija-Vojvodina), hanno i quattro accenti. Infine: la lingua bosniaca è ufficialmente basata sul dialetto bosniaco orientale, che è di tipo štokavo antico; però in pratica le norme che regolano tale lingua sono di tipo štokavo moderno proprio come il serbo e il croato. La situazione perciò non è ben chiara e definita. Fonetica
MorfologiaCi sono tre varianti del dialetto štokavo dovute al diverso uso della vocale proto-slava Jat (ѣ/ě). A seconda di come viene trasformata questa vocale la variante prende nome. Ad esempio, se diventa "e", tale variante si chiamerà ekavo (ecavo, ekavski in serbo-croato). Lo jat compare nelle varianti moderne come segue. La parola bambino in antico slavo ecclesiastico, děte ("ě lungo"), diventa:
La lingua serba (lingua serba standard) riconosce l'ekavo e l'ijekavo come sue varianti sullo stesso piano, la lingua bosniaca utilizza prevalentemente lo ijekavo ma riconosce anche l'ekavo; infine, la lingua croata usa principalmente lo ijekavo, mentre l'ikavo è limitato ad un uso dialettale in Dalmazia, nella Lika, in Istria, in Erzegovina occidentale, in Croazia turca (Bosanska Krajina), in parti della Slavonia e nella Bačka settentrionale (Voivodina). Così, ad esempio:
Alcuni linguisti croati hanno provato a spiegare le differenze nella struttura morfologica di tali vocaboli, introducendo una nuova vocale, il "dittongo jat". Questa corrente di pensiero è minoritaria rispetto alla maggior parte dei linguisti. A volte queste differenze possono creare confusione: in serbo poticati (provenire da) in croato significa "incoraggiare". Il verbo croato "provenire da" è potjecati, mentre in serbo "incoraggiare" si dice podsticati.
La lingua ufficiale bosniaca ammette entrambe le varianti. Un altro esempio di differenza fonetica che c'è in alcune parole è la presenza della v in parole serbe anziché della h come nei rispettivi vocaboli croati e bosniaci:
Foneticamente e fonologicamente, il fonema "h" è stato reintegrato in molte parole come caratteristica distintiva della parlata bosniaca e della sua tradizione linguistica, volendosi distinguere dalla parlata e dalla terminologia prettamente serba. Tuttavia molte persone non la pensano in questo modo. Questo, come altro, è solamente un modo di parlare che varia a seconda della zona e delle persone.
Dato che la variante ijekava è comunemente accettata in ogni lingua, questa verrà usata nella prossima tabella come confronto tra termini che differiscono nelle tre lingue.
Prestiti linguisticiAnche molti prestiti linguistici e conseguenti traslitterazioni sono dissimili:
Storicamente, i prestiti linguistici in bosniaco e croato sono stati presi prevalentemente dal tedesco e dall'italiano, mentre il serbo li ha ricevuti più dal russo e dal francese, cosicché si ha una diversa localizzazione dell'origine di tali prestiti, diversi in origine e diversi nelle lingue di destinazione. Anche prestiti di origine greca sono presenti nel vocabolario serbo, invece in quello croato sono stati assimilati attraverso il latino:
La maggior parte dei nomi degli elementi chimici sono differenti: per i nomi internazionali il bosniaco e il croato aggiungono -ij mentre il serbo -ijum (per l'uranio: uranij – uranijum). In alcuni nomi d'origine slava, il bosniaco e il croato hanno come finale -ik mentre il serbo ha -(o)nik (kisik – kiseonik (ossigeno), vodik – vodonik (idrogeno)). Altri ancora sono totalmente diversi (dušik – azot (azoto), kositar – kalaj (stagno)). Alcuni poi sono identici: srebro (argento), zlato (oro), bakar (rame). Ancor oggi, è importante notare che ci sono parole d'origine russa che sono considerate essere "nello spirito della lingua croata", quindi sentite come croate, e non come parole straniere. Altri prestiti russi invece sono considerati come "serbismi". Altre parole importate sono di genere maschile o femminile in serbo e bosniaco, invece in croato esclusivamente di genere femminile:
PronomiIn serbo e bosniaco, il pronome che (che cosa) si traduce con što quando usato come relativo, ma con šta quando usato come interrogativo; quest'ultimo viene messo anche in frasi relative con significato interrogativo. Il croato invece usa što in ogni contesto.
Questa regola si applica soltanto al caso nominativo - negli altri casi, tutte le lingue hanno la medesima declinazione - čega, čemu ecc. per što. In croato, il pronome chi si traduce con tko, mentre serbo e bosniaco usano ko. La declinazione però, come per što, è identica: kome, koga, ecc. In aggiunta, il croato usa komu come forma alternativa nel caso dativo. In croato, solitamente, la forma di clitico accusativa del pronome personale ona (ella) più usata è ju (lei). In serbo e bosniaco, la forma je è preferita (anche se spesso in serbo si usa ju per non ripetere due volte je quando il primo significa è). La frequenza di uso dei pronomi locativi gd(j)e, kuda i kamo differiscono in qualcosa tra croato e serbo:
SintassiInfinito o congiuntivoCon i verbi modali come ht(j)eti (volere) o moći (potere), l'infinito è obbligatorio in croato, mentre la forma da + tempo presente è preferita in serbo. Questo è una traccia del congiuntivo, e probabilmente un'influenza della lega linguistica balcanica. Ancora, ambo le alternative sono presenti e consentite in bosniaco. La frase "voglio farlo" può essere tradotta con le seguenti:
Questa differenza si estende parzialmente al tempo futuro, che in serbo-croato è formato in maniera similare alla lingua inglese, usando (elidendo) il presente del verbo "ht(j)eti" → "hoću"/"hoćeš"/... → "ću"/"ćeš"/... come verbo ausiliare. Qui, l'infinito è formalmente richiesto in entrambe le varianti:
Tuttavia, quando viene usata l'espressione da + presente, essa esprime in aggiunta la volontà del soggetto o l'intenzione di effettuare l'azione in questione:
Questa forma è più frequentemente usata nel serbo e nel bosniaco. Le sfumature del significato tra le due forme possono essere minime o addirittura totalmente perse (specialmente nei dialetti serbi). L'uso ripetuto di da + presente è ritenuto come germanismo nei circoli linguistici serbi, e questo può occasionalmente portare a frasi goffe. Comunque, il croato standard raramente usa la forma da + presente. Può invece essere usata una forma alternativa per esprimere volontà:
Frasi interrogativeNelle frasi interrogative il croato usa la particella interrogativa li dopo il verbo, mentre il serbo permette anche la forma con da li. (Situazione simile al francese, dove una domanda può essere formulata tramite inversione o usando est-ce que):
In aggiunta, il non grammaticale je li ("È esso?"), di solito contratto in jel', è una forma dialettale per formare ogni tipo di domanda, ad esempio Jel' možeš?. Nella lingua standard si usa questa forma solamente nelle domande in cui si usa il verbo ausiliare essere alla terza persona singolare, cioè col je (="è"):
Tirando le somme, la frase italiana "Voglio sapere se comincerò a lavorare" sarà tipicamente tradotta con:
sebbene molte varianti possono essere incontrate nelle parlate dialettali. Trebati (servire)In croato il verbo trebati (occorrere o necessitare) è transitivo. In serbo e in bosniaco, è un verbo impersonale, (come in francese il faut, o in italiano la forma occorre...); il soggetto grammaticale è omesso (esso), o presenta l'oggetto della necessità; la persona a cui serve qualcosa è un oggetto grammaticale indiretto, e si mette al dativo:
VocabolarioEsempiLa maggiore differenza tra le lingue in questione sta nel vocabolario. Molte parole sono comunque conosciute da interlocutori di diversa provenienza, o anche magari usate di rado nelle altre lingue; nella maggior parte dei casi, l'uso comune favorisce una variante mentre le altre sono marchiate come "importate", arcaiche, dialettali o semplicemente, usate raramente. La preferenza per l'uso di certi vocaboli invece che altri è dovuta alla zona di origine dell'interlocutore più che dall'etnia di appartenenza; ad esempio, i serbi di Bosnia usano "mrkva" e "hlače" piuttosto che "šargarepa" e "pantalone".
Comunque ci sono non molte differenze che possono portare a fraintedimenti, ad esempio il verbo "ličiti" che significa "assomigliare" in serbo e bosniaco, in croato diventa "sličiti"; infatti "ličiti" significa "dipingere". La parola "bilo" significa "bianco" in ikavo, "polso" in croato ufficiale e "ero/eri/era" in tutte e tre le lingue; questa non crea poi molta confusione a causa della diversa accentuazione (bîlo o bílo = bianco, bı̏lo = polso, bílo = era). In serbo, la parola izvanredan (straordinario) ha solo significato positivo (eccellente), vanredan viene usato per "inusuale" o "fuori del normale"; in croato invece viene usato solo izvanredan in ogni contesto. Così, la frase croata izvanredno stanje (stato d'emergenza) suona divertente alle orecchie di un interlocutore serbo (i croati usano più naturalmente 'izvrsno' per eccellente). Si noti nuovamente come il bosniaco ufficialmente permette tutte le varianti sopra elencate in nome della "ricchezza della lingua", mentre le ambiguità sono risolte preferendo la variante croata. Gli scrittori del vocabolario bosniaco giustificano tale decisione con l'uso di talune parole nella letteratura bosniaca. Nomi dei mesiIn lingua croata i mesi hanno nomi d'origine slava, mentre il serbo e il bosniaco usano i nomi derivati dal latino comunemente usati nella maggior parte dei paesi del mondo. Comunque anche i nomi slavi possono essere usati nella lingua bosniaca (sebbene molto raramente); i nomi derivati dal latino sono sempre preferiti.
I nomi internazionali dei mesi sono comunque conosciuti in Croazia e il mese in cui sono accaduti molti grandi eventi in ambito mondiale è tradotto col nome internazionale: "1. maj", "1. april", "oktobarska revolucija". Poi esiste un cantiere navale a Fiume, in Croazia, denominato "3. maj", traducendo "maggio" con "maj" e non "svibanj". Nel parlato della Bosanska Krajina (Bosnia nord-occidentale) è normale riferirsi ai mesi tramite il numero. Perciò alcuni interlocutori di tale zona spesso diranno "peti mjesec" ("il quinto mese"). Note sulla comprensioneÈ importante dire alcune cose:
In Croazia, interi film furono "tradotti" da una lingua all'altra. Comunque, la traduzione del film serbo La ferita in croato per esempio portò alla trasformazione di una tragedia in una commedia, perché tutti gli spettatori ridevano alla "traduzione" fatta. Queste traduzioni andavano molto di moda durante e appena dopo la campagna militare serba in Croazia, essendo questo un estremo tentativo per far divergere ulteriormente le lingue. Un giorno, più recentemente, una ditta croata piazzò un annuncio in alcuni giornali di Belgrado e Podgorica, cercando di assumere dei traduttori indipendenti e interpreti dal serbo a varie lingue straniere e viceversa. Tra loro, la ditta cercava 10 traduttori per il bosniaco e il montenegrino. Esempio linguisticoIl seguente esempio, prendendo gli articoli dal primo al sesto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, fatto con "testi sinonimi, tradotti più letteralmente possibile" nello spirito di Ammon[14] è stato scelto per far vedere le differenze tra le varietà standard trattate in questo testo.
Note
Voci correlateCollegamenti esterni
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