Dialetto bolognese

Bolognese
Bulgnaiṡ
Parlato inItalia (bandiera) Italia
RegioniCittà metropolitana di Bologna
Provincia di Modena
Provincia di Ferrara
Provincia di Pistoia
Locutori
Totale~470 mila[senza fonte]
Tassonomia
FilogenesiIndoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-occidentali
    Romanze occidentali
     Galloiberiche
      Galloromanze
       Galloitaliche
        Emiliano-romagnolo
         Emiliano
          Dialetto bolognese
Codici di classificazione
ISO 639-2roa (Lingue romanze)
Glottologbolo1260 (EN)
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Tótt i èser umàn i nâsen lébber e prezîṡ in dgnitè e dirétt. I an la raṡån e la cusiänza e i s an da cunpurtèr ón con cl èter cunpâgna di bón fradî.

Il dialetto bolognese[1] (nome nativo: dialàtt bulgnaiṡ, [djaˈlat bul̪ˈɲai̯z̺]) è una varietà linguistica della lingua emiliana, parlato principalmente nella città metropolitana di Bologna (fuorché ad est del fiume Sillaro, dove viene parlata la lingua romagnola), nel circondario di Castelfranco Emilia in provincia di Modena e, in sottovarianti locali, nei comuni di Sambuca Pistoiese, Cento, Sant'Agostino e Poggio Renatico. Nella città di Argenta (e nelle frazioni limitrofe di Bando e Santa Maria Codifiume) viene parlato un dialetto di transizione tra il bolognese e il ferrarese; mentre nel comune di Savignano sul Panaro si parla una variante del modenese con forti connotazioni bolognesi. Viene anche denominato emiliano sud-orientale e appartiene al più vasto gruppo linguistico gallo-italico.

Sottovarianti locali

Il dialetto bolognese presenta una varietà piuttosto ricca di forme vernacolari all'interno della sua area di diffusione. Il linguista Daniele Vitali distingue sei sottovarianti principali che, pur presentando unitarietà a livello grammaticale, differiscono per tratti fonetici e lessicali:

Di queste, la variante cittadina è l'unica ad essere stata oggetto di studi linguistici e lessicografici approfonditi ed è anche quella che gode di una letteratura più vasta.[senza fonte] Le altre cinque varianti principali sono complessivamente definite "ariose" (dal bologn. ariåuṡ: arioso, fig. di fuori città).

Bolognese cittadino

Il Vitali distingue il bolognese cittadino nelle varianti intramuraria, parlata nel centro storico, ed extramuraria, parlata al di là dei viali di circonvallazione.[2] Fino alla Seconda guerra mondiale, il bolognese intramurario si divideva in più varietà, caratteristiche dei vari borghi del centro storico, ma esse si sono fuse per dare vita al bolognese intramurario moderno, definito anche standard per essere considerata la più prestigiosa tra tutte le varianti del dialetto bolognese.[3]

Fonetica

Rispetto ad altre sottovarianti di bolognese, in quello cittadino si registrano le seguenti tendenze odierne:

Filogenesi

Il bolognese, come gli altri dialetti del gruppo gallo-italico, appartiene al più vasto gruppo linguistico galloromanzo e differisce in vari aspetti dall’italiano, che è invece un idioma del gruppo italo-dalmata.

Fonetica e ortografia

«... l detto altrove dell'incontrastabilmente maggior numero di suoni nelle lingue settentrionali che nelle nostre, causa, in parte della lor mala ortografia, per la scarsezza dell'alfabeto latino da loro adottato; è applicabile ai dialetti dell'Italia superiore, perciò difficilissimo ancora a bene scriversi.»

Il sistema fonetico bolognese è assai più ricco dell’italiano, sia per le vocali che per le consonanti. Si utilizzerà in questa pagina l'Ortografia Lessicografica Moderna, elaborata da Daniele Vitali e Luciano Canepari ("Pronuncia e grafia del bolognese", in Rivista italiana di dialettologia)[4] ed oggi divenuta la grafia ufficiale bolognese[senza fonte].

Vocali

Alle sette vocali dell'italiano si aggiungono nel bolognese due suoni vocalici tipici: ä e å (che si pronunciano rispettivamente come la a e la o delle parole inglesi con accento americano: hand e bottle, rispettivamente [æ] e [ɑ]), nonché la sostanziale differenza tra vocale breve e vocale lunga. In bolognese avremo dunque dodici suoni vocalici diversi: à, â, å, ä, è, ê, í, î, ô, ó, ú e û. Le vocali ä e å così come quelle lunghe sono sempre toniche. La distinzione tra vocale breve e vocale lunga è importante perché costituisce una coppia minima dal punto di vista fonetico: si confrontino infatti le due parole sacc (secco) e sâc (sacco). Caratteristico del bolognese è anche la presenza diffusa di dittonghi fonologici, che sono sempre tonici: ai e åu come in fiåur (fiore) o maila (mela).

Consonanti

Per quanto riguarda le consonanti, quelle che presentano diversità sostanziali dall'italiano nella loro pronuncia sono la n, la s e la z. In bolognese esistono tre tipi di suoni nasali: la n, la gn e la . Si avrà una velare tutte le volte che questa si trova prima di qualsiasi suono consonantico e in fine di parola: scaldén, ganba, uṡlén, dmanndga, rånper, cónza (scaldaletto, gamba, uccellino, domenica, rompere, condimento). Per convenzione questo suono viene sempre trascritto con n tranne che quando ricorre nel frequente nesso consonantico ṅn come in galéṅna (gallina), in cui ad una ṅ velare segue una n di tipo alveolare. Il suono nasale gn inoltre può essere presente anche a fine parola: Raggn (Reno).

La s e la z bolognesi si presentano in due timbri distinti: sorde (s e z) e sonore ( e ż). Sono piuttosto peculiari. La s è infatti cacuminale e viene pronunciata arrotolando la lingua in modo che la punta tocchi il palato. È spesso accompagnata da un arrotondamento delle labbra e assomiglia vagamente alla spirante italiana "sc" davanti ad e o i. La z non è affricata come in italiano, ma è al contrario una spirante alveolare non solcata e laminare simile, ma non identica, al th inglese di thing o alla c spagnola di cierro che invece si differenziano perché sono interdentali[5]. Le varianti sorda e sonora di ognuna di queste due vocali funge da morfema distintivo per le coppie minime: zänt (cento) e żänt (gente).

Altra caratteristica tipica del bolognese e di molte altre parlate galloitaliche è la presenza dei gruppi consonanticI s-c e s-g, che vengono pronunciati distintamente, come la c dell’italiano "cera": s-ciavvd (insipido) e la g di "giallo": s-giazèr (sghiacciare).

Morfo-sintassi

Il bolognese distingue due generi (maschile e femminile) e due numeri (singolare e plurale). Per la formazione del femminile negli aggettivi e nella maggior parte dei sostantivi si aggiunge il suffisso -a al maschile: defizänt - defizänta (deficiente m/f); påndg - påndga (ratto m/f).

Complicata è la formazione del plurale. Infatti, a differenza dell'italiano, in molti casi non si aggiungono suffissi vocalici ma si produce un'alternanza vocalica nella radice del sostantivo, in un modo che ricorda le lingue germaniche. Così avremo per esempio:

  • å - ó: biånnd (biondo) - biónnd (biondi)
  • ô - û: żnòc’ (ginocchio) - żnûc’ (ginocchia)
  • parole terminanti per -èl o -ôl terminano al plurale per e : martèl (martello) - martî (martelli); fiôl (figlio) - fiû (figli); vi sono eccezioni come nurmèl (normale), dove la parola rimane invariata nella sua forma plurale; altre, come sàntel (padrino), rimangono invariate al plurale poiché parole non tronche, ovvero con l'accento tonico che non cade sulla -èl od -ô.

Le parole maschili terminanti in consonante rimangono immutate al plurale e il numero è quindi individuabile solo tramite l'articolo: al râm (il ramo) - i râm (i rami). Le parole femminili non derivate da parole maschili perdono la -a finale: la rôda (la ruota) - äl rôd (le ruote). Talvolta è possibile l'aggiunta di vocali eufoniche: fammna (femmina) - fàmmen (femmine) Le parole femminili derivate da parole maschili (sostantivi mobili) formano il plurale invece aggiungendo -i: biånnda (bionda) - biånndi (bionde) ziéṅna (zia) - ziéṅni (zie)

Gli articoli sono: Determinativo: al (il - maschile singolare, usato davanti a tutti i nessi consonantici: al scumpartimänt); la (femminile singolare); l´(maschile o femminile singolare davanti a vocale -se femminile, con apostrofo a causa dell'elisione della a finale); i (maschile plurale); äl (femminile plurale); äli (femminile plurale davanti a vocale: äli ôv - le uova, pron. agliôv o egliôv).

Indeterminativo: un (uno - maschile singolare); una (femminile singolare)

Assai complesso è il sistema verbale, che comprende quattro classi verbali (verbi che terminano per -èr, -air, -er, -îr) spesso irregolari soprattutto nel sistema del presente indicativo. Particolarità del dialetto bolognese è la presenza, accanto al pronome tonico personale, di un altro elemento atono (che deve sempre essere espresso) che sta tra soggetto e verbo, definito (Vitali) espansione del soggetto. Si tratta del soggetto clitico, piuttosto comune nell'Italia settentrionale e che perdura anche in alcune varietà toscane. I pronomi personali e le espansioni del soggetto sono:

Espansione del soggetto: a (io); (e) t (tu); al, la (lui, lei); a (noi); a (voi); i, äli (loro)
Pronome personale:  ;  ; ló, lî; nuèter ; vuèter ; låur

Coniugazione affermativa del verbo èser (essere)

  • () a sån
  • () t î
  • () l é
  • () l'é
  • (nuèter) a sän
  • (vuèter) a sî
  • (låur) i én
  • (låur) äli én

Coniugazione interrogativa del verbo èser (derivata dall'inversione tra verbo e espansione del soggetto, posposta come in francese accade col soggetto)

  • såggna?
  • ît?
  • êl, êla?
  • saggna?
  • sîv?
  • êni?

Coniugazione del verbo magnèr (mangiare)

  • () a mâgn
  • () t mâgn
  • () al mâgna
  • () la mâgna
  • (nuèter) a magnän
  • (vuèter) a magnè
  • (låur) i mâgnen
  • (låur) äli mâgnen

Coniugazione interrogativa del verbo magnèr

  • mâgna?
  • mâgnet?
  • mâgnel? mâgnla?
  • magnaggna?
  • magnèv?
  • mâgn-ni?

Numeri maschili e femminili

A differenza dell'italiano, dove la distinzione tra maschile e femminile avviene solo per il numero uno (uno - una), nel dialetto bolognese la distinzione permane fino al 3:

  • ón - óṅna (1)
  • - dåu (2)
  • trî - trai (3)

dal quattro (quâter) in poi non c'è più distinzione:

  • quâter (4)
  • zénncv (5)
  • (6)
  • sèt (7)
  • òt (8)
  • nôv (9)
  • dîṡ (10)

Lessicografia

«...perciò difficilissimo ancora a bene scriversi.
Mezzofanti diceva che al bolognese bisognerebbe
un alfabeto di quaranta o cinquanta o più segni.»

La tradizione lessicografica del bolognese è abbastanza antica: il primo vocabolario della lingua bolognese risale infatti al 1820 ed è stato redatto da Claudio Ermanno Ferrari[6]. Per una decisa sistemazione dell'ortografia lessicografica si deve aspettare tuttavia la pubblicazione degli studi di fonetica di Alberto Trauzzi e Augusto Gaudenzi[7], che introdussero segni esotici come la å nonché la , la e la ż, tentando di dare una grafia unitaria al dialetto che fino ad allora veniva trascritto utilizzando la grafia italiana, assai deleteria per un idioma foneticamente così distante dal toscano. Le notazioni proposte vengono riprese ed elaborate da Gaspare Ungarelli, che nel 1901 pubblicò primo dizionario moderno del bolognese[8].

In seguito le notazioni lessicografiche introdotte conobbero alterna fortuna negli autori successivi. Nel 1964 Alberto Menarini non usava nessun diacritico sulle consonanti nel suo saggio Bolognese invece: ricerche dialettali[9]; comincia invece a usare il puntino su s, z, n in Tizio, Caio e San Petronio, vicende di nomi nel dialetto bolognese[10] continuando ad evitare la å, invece ripresa, ed affiancata alla ä, dal prof. Luciano Canepari dell'Università di Venezia e dal suo discepolo Daniele Vitali con l'introduzione della OLM (Ortografia Lessicografica Moderna) che consente di riprodurre in uno scritto la reale parlata dialettale senza dovere "indovinarla" riferendosi al contesto della frase. Questa grafia è quella usata nei testi di grammatica del dialetto dello stesso Vitali[11][12] e nei Corsi di Bolognese che dal 2002 Roberto Serra tiene presso il Teatro Alemanni di Bologna.

Produzione letteraria

Lo stesso argomento in dettaglio: Letteratura bolognese.

Il bolognese è un dialetto ricco di opere letterarie dal XVI secolo fino ai giorni nostri. Le opere letterarie principali sono soprattutto testi teatrali, ma non mancano anche opere in poesia e prosa.

Diffusione e tutela

La lingua emiliana, alla quale appartiene la varietà linguistica bolognese, è classificata dall'UNESCO come "in serio rischio di estinzione" (seriously endangered), con un numero di parlanti stimati attorno ai due milioni nel 2011.[13][14] Non vi sono stime ufficiali sul numero di parlanti bolognese, tuttavia il suo numero è sempre più esiguo, particolarmente nell'area urbana, dove è ormai pressoché scomparso, mentre sopravvive nelle versioni "ariose" della provincia. Da un lato ciò si deve alla massiccia immigrazione verso Bologna a partire dal secondo dopoguerra da altre zone d'Italia (principalmente dal sud), che ha portato gradualmente alla messa in minoranza della popolazione nativa;[15][16] dall'altro al pregiudizio nei confronti del dialetto, visto come espressione di "bassa cultura" dalla popolazione a partire dall'epoca fascista e fino a tempi recenti.[17]

Lo sporadico interessamento del Comune di Bologna negli anni '80, con l'organizzazione fra il 1987 e il 1989 del Festival della Canzone Bolognese,[18] nonché il ben più rilevante contributo di artisti bolognesi quali Dino Sarti, Andrea Mingardi, Quinto Ferrari o Fausto Carpani, non hanno scongiurato il rischio di estinzione del bolognese. Sebbene associazioni locali si adoperino a promuovere il bolognese attraverso l'organizzazione di spettacoli teatrali, letteratura e musica, così come l'organizzazione di corsi, il disinteresse delle istituzioni e di buona parte della popolazione, in maggioranza non nativa, lasciano presagire la prossima estinzione del bolognese.[17]

Note

  1. ^ Riconoscendo l'arbitrarietà delle definizioni, nella nomenclatura delle voci viene usato il termine "lingua" in accordo alle norme ISO 639-1, 639-2 o 639-3. Negli altri casi, viene usato il termine "dialetto".
  2. ^ Canepari, Vitali; RID, pp. 119-164:
    Va sùbito chiarito che cosa s'intende per "dialetto bolognese": si tratta dell'insieme di dialetti affini usati nella provincia di Bologna, senza però coincidere coi confini amministrativi [...].
    In questo lavoro, le varianti rustiche e montane sono state considerate principalmente per illustrare le differenze rispetto al bolognese cittadino, a sua volta distinguibile in "intramurario" e "extramurario", secondo una linea di confine che passava lungo le mura, abbattute agl'inizi del '900 e sostituite dai viali di circonvallazione. Le diverse pronunce extramurarie iniziavano, dunque, a sentirsi subito fuori del centro storico, e erano usate in piccoli insediamenti privi di continuità col nucleo cittadino (ma ad esso gradualmente conglobati [...]); in fondo, tali parlate si possono già definire "rustiche" e, come queste, sono più conservative rispetto al bolognese intramurario.
  3. ^ Luciano Canepari e Daniele Vitali, Pronuncia e grafia del bolognese, in Rivista Italiana di Dialettologia, XIX, Bologna, CLUEB, 1995, p. 120.
    «[...] con le trasformazioni sociali intervenute subito dopo la seconda guerra mondiale, scomparvero le condizioni per cui i bolognesi passavano l'intera vita senza uscire dal borgo natìo, il che permise la nascita d'un intramurario moderno le cui differenze tradizionali, sempre esistite e segnalate fin dal De vulgari eloquentia (Liber primus, IX, 4), hanno perso molto del loro peso. È in particolare a questa pronuncia intramuraria "standard", ben rappresentata da Luigi Lepri, che facciamo riferimento nel descrivere le articolazioni dei suoni bolognesi cittadini [...].
    Una descrizione "standard" del bolognese intramurario odierno è resa più complicata da due importanti fenomeni sociolinguistici: per via delle trasformazioni storico-sociali già ricordate, si verificò un massiccio afflusso di bolognesi extramurari, rurali e montanari verso il nucleo cittadino in espansione proprio nel momento in cui stava nascendo l'odierno intramurario "standard", che s'è così ritrovato in minoranza numerica nella sua stessa area di diffusione e non è rimasto impermeabile, come si vedrà, alle influenze esterne, pur continuando a esser considerato (unitamente a quello dei più anziani che hanno ancora differenze di borgo) "il vero bolognese" o "il bel bolognese pulito".»
  4. ^ Canepari, Vitali: RID, pp. 119-164.
  5. ^ Canepari, VitaliPronuncia e grafia.
  6. ^ FerrariVocabolario.
  7. ^ GaudenziI suoni.
  8. ^ UngarelliVocabolario.
  9. ^ MenariniBolognese invece.
  10. ^ MenariniTizio, Caio e San Petronio.
  11. ^ VitaliDscårret in bulgnaiṡ?.
  12. ^ LepriDizionario.
  13. ^ (EN) Endangered languages: the full list, in the Guardian. URL consultato il 10 febbraio 2023.
  14. ^ Lista delle lingue parlate in Italia, su patrimonilinguistici.it. URL consultato il 10 febbraio 2023.
  15. ^ Comune di Bologna, Popolazione residente dalla nascita e popolazione immigrata per provenienza al 31 dicembre - serie storica, su inumeridibolognametropolitana.it. URL consultato il 18 settembre 2020 (archiviato il 19 ottobre 2020).
  16. ^ I flussi migratori a Bologna (PDF), su Comune di Bologna, ottobre 2011 (archiviato il 16 aprile 2016)..
  17. ^ a b Difaiṡa e cunservaziån dal bulgnaiṡ - Tutela e conservazione del bolognese, su bulgnais.com. URL consultato il 10 febbraio 2023.
  18. ^ Situazione attuale, su http://www.comune.bologna.it. URL consultato il 10 febbraio 2023.

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni