Chiesa di Sant'Elia (Palmi)
La chiesa di Sant'Elia è un luogo di culto cattolico di Palmi. L'edificio è ubicato sulla sommità dell'omonimo monte e, al suo interno, custodisce le due venerate statue di Sant'Elia e di Maria Santissima della Montagna. StoriaNell'anno 884 venne fondato sulla sommità del monte Salinas un luogo di culto con annesso convento di monaci basiliani, ad opera del monaco Elia di Enna.[4] Questi, divenuto poi santo, visse nel convento gran parte della sua vita. Nello stesso convento vi soggiornò anche san Filarete, venendone sepolto dopo la morte.[5] L'abbazia fu ricostruita nell'XI secolo da alcuni monaci basiliani che la dedicarono a sant'Elia lo Juniore, e all'interno della quale furono custodite anche le spoglie del santo siciliano.[6] Ruggero II di Sicilia sottopose il luogo di culto, nel 1134, all'archimandrita del cenobio del Salvatore di Messina.[7] Il romitorio di basiliani dedicato a sant'Elia fu l'unica chiesa che, nel XV secolo, scampò alle rovine delle incursioni saracene che devastarono Palmi.[8] Già sul finire del XVII secolo, gli abitanti di Palmi rivolgevano le loro preghiere a sant'Elia in caso di perdurante siccità, e prelevavano la statua del santo dalla sua chiesa in cima al monte, scendendola in città per trattenerla fin quando non veniva concessa la grazia della pioggia.[9] La chiesa di sant'Elia «fuori le mura» è menzionata anche nella deposizione dell'arciprete della parrocchia di san Nicola, nel 1740, per l'elevazione della chiesa Madre a collegiata.[10] L'abbazia ed il convento vennero distrutti dal terremoto del 1783.[3] Sui ruderi presenti dal 1783, nel 1804[3] venne costruita una chiesetta ad opera del canonico Sollazzo[1] e alla metà dello stesso secolo è attestato che un cappellano era mantenuto dal comune per la messa nei giorni festivi[11] e che veniva celebrata, al 20 luglio, la festa di sant'Elia nella «chiesuola sul monte dello stesso nome».[12] Le fonti riferiscono che in tale giorno, e nei seguenti fino all'ottavo, chiunque ascendesse a pregare il santo sulla montagna, secondo l'intenzione del pontefice, godeva di indulgenza plenaria concessa da papa Pio VII.[12] In un'iscrizione posta su una lapide di marmo all'interno della nuova chiesa ottocentesca era riportato che sant'Elia era compatrono di Palmi.[6] L'iscrizione recitava: «D.O.M. Ac divo Eliae Prophetae templum ad antiquissimo tempore dicavit, dotavitque, et in compatronum elegit civitas Palmarum jure suo patronus. Terraemotus vero diei V februari 1783. Partim collapsum, Pietas vero civitatis praedictae ac labore indefesso reverendi canonici Carmeli Sollazzo ad hanc venustionem formam reintegravit. A.D. 1804» Il campanile del luogo di culto venne utilizzato nel XIX secolo da Francesco Fergola, geodeta capitano del R. Corpo del Genio degli ingegneri geografi del Regno delle Due Sicilie, per la prima misurazione trigonometrica tra la Sicilia e la costa calabrese, legando Messina alla Torre di Capo Vaticano e al campanile della chiesa palmese.[13] La chiesa, di vetusta e cattiva costruzione in pietrame, fu rovinata dal terremoto del 1894, così come un piccolo corpo di fabbrica adiacente a sinistra della stessa venne interamente diroccato ed abbandonato.[14] La nuova chiesa, riedificata all'inizio del XX secolo, venne nuovamente distrutta nel corso dell'ultimo conflitto mondiale. Nel 1959 venne ricostruito l'attuale luogo di culto, ad opera di maestranze locali,[1] e pochi anni dopo vi fu l'adeguamento della chiesa alla riforma liturgica post Concilio Vaticano II, con l'inserimento di una mensa marmorea sul presbiterio.[1] Nel 1979 il luogo di culto e tutta la città di Palmi passarono dalla giurisdizione della diocesi di Mileto a quella nuova di Oppido Mamertina-Palmi.[15] Nel 2015 la chiesa è stata completamente restaurata internamente ed esternamente. DescrizioneEsternoLa facciata della chiesa è a capanna e presenta una zoccolatura che si sviluppa per tutta la larghezza della stessa facciata e dalla quale si innalzano alle estremità due paraste che sorreggono una cornice aggettante che segue l'inclinazione della copertura. Centralmente si apre il portone d'ingresso, rialzato di tre gradini rispetto al sagrato,[1] sopra il quale sono posizionate due fasce di mattoni di diversa larghezza ad andamento zigzagante.[1] Completano la facciata una lapide marmorea e una targa commemorative dei lavori effettuati in passato sull'edificio. La facciata è conclusa inoltre, nel punto più alto, da una croce in ferro. Le pareti laterali, intonacate, presentano solamente delle finestre rettangolari. La copertura è formata un tetto a due falde, con manto in tegole portoghesi.[1] Il campanile si trova sul lato sinistro dell'edificio, vicino ai locali accessori della chiesa. A base quadrata, dispone su ogni lato di due monofore arcuate a tutto sesto poste in asse una sopra l'altra, e una copertura cuspidata.[1] InternoAl suo interno la chiesa è formata da una sola navata, che corrisponde sia all'aula che al presbiterio, rialzato di un gradino rispetto al resto dell'edificio. La parte corrispondente al presbiterio risulta di larghezza maggiore rispetto all'aula.[1] Le pareti laterali risultano scandite verticalmente da pilastri che le suddividono in campate, entro le quali sono disposte una coppia di finestre rettangolari per ogni parete.[1] Nella parete sinistra, partendo dall'ingresso, è collocato un altare laterale sovrastato da una profonda nicchia contenente una statua in legno scolpito e dipinto di Maria Santissima della Montagna (1958).[3] Le due figure sacre, della Madonna e di Gesù Bambino, vennero incoronate il 1º settembre 2001 con due corone d'oro benedette da papa Giovanni Paolo II. La cerimonia di incoronazione fu celebrata dall'allora vescovo della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi Domenico Crusco.[16] Salendo sul presbiterio nella parete sinistra si trova la porta d'accesso alla sacrestia. Nella parete destra è posizionata invece solamente una piccola icona bizantina raffigurante Sant'Elia profeta e, salendo sul presbiterio, si trova un'ulteriore finestra rettangolare. Completano le pareti laterali le Stazioni della Via Crucis (XX secolo). Alla parete di fondo è addossato l'altare maggiore dedicato a Sant'Elia profeta (XX secolo), rialzato di ulteriori due gradini rispetto alla navata e realizzato in marmo e mattoni, con tabernacolo al centro e sormontato da un'ampia edicola, anch'essa in mattoni, contenente al suo interno la statua di Sant'Elia profeta[3] (1945) in legno scolpito e dipinto. Il soffitto della chiesa è formato da una copertura piana costituita da un solaio in cemento armato.[1] La pavimentazione è invece formata da piastrelle di ceramica color mattone.[1] Festività e ricorrenze
Titoli
Inoltre, i precedenti luoghi di culto dedicati a Sant'Elia, ebbero anche i titoli di romitorio[8] e di chiesa conventuale dei monaci basiliani.[4] NoteEsplicative
Bibliografiche
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
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