Chiesa della Santissima Trinità (Marino)
La chiesa parrocchiale della Santissima Trinità è un luogo di culto cattolico situato nella cittadina di Marino, nell'area dei Castelli Romani, in città metropolitana di Roma Capitale e sede suburbicaria di Albano. Dal 1637 nella chiesa è custodita l'immagine miracolosa del Santissimo Crocifisso di Marino.[1] La parrocchia, nata negli anni cinquanta da uno smembramento della parrocchia della basilica collegiata di San Barnaba, contava nel 2006 circa 3 000 fedeli.[2] StoriaLa chiesa venne costruita tra il 1635 ed il 1636 dai chierici regolari minori[3], fuori dalle mura castellane lungo la via Maremmana Inferiore, principale arteria di collegamento con Frascati. Dopo che nell'agosto 1636 i religiosi ottennero dal principe Filippo I Colonna la cura della cappella presso le cave di peperino che ospitava l'immagine miracolosa del Santissimo Crocifisso di Marino[4], il 14 giugno 1637 il Crocifisso venne solennemente trasportato all'interno della chiesa, e collocato in una cappella laterale.[5] Probabilmente, il convento annesso alla chiesa venne chiuso in forza delle leggi eversive dei beni ecclesiastici emanate durante la Repubblica Romana (1798-1799) e la successiva occupazione napoleonica dello Stato della Chiesa (1807-1814). Nel 1835, dopo l'elevazione di Marino a Città ottenuta con motu proprio del 3 luglio[6][7], papa Gregorio XVI ordinò l'apertura di un convento di padri della Dottrina Cristiana con annesso collegio[8], nei locali abbandonati dai Chierici Regolari Minori attigui alla chiesa. Il primo rettore del collegio fu padre Raimondo Cesaretti.[9] Il collegio dei padri Dottrinari, dove studiò fra gli altri lo storico marinese Girolamo Torquati, venne chiuso per volere della maggioranza politica anti-clericale dopo il primo consiglio comunale dopo l'Unità d'Italia, nel dicembre 1870.[10][11] Il palazzo dell'ex-collegio e la chiesa vennero così acquisiti dal Comune che li vendette al marchese Francesco Fumasoni Biondi: i marinesi chiamano ancora oggi quell'edificio Palazzo Fumasoni Biondi o Collegio Fumasoni Biondi.[9] Tra il 1919 ed il 1921 il marchese Achille Fumasoni Biondi finanziò l'apertura nei locali attigui alla chiesa della Regia Scuola Professionale di Marino[12]: la sede della scuola venne spostata in un'ala di Palazzo Colonna solo all'inizio dell'anno scolastico 1921/1922, quando la gestione passò al Comune. Nel 1920 il marchese Achille Fumasoni Biondi fece restaurare la chiesa, e risistemò la facciata con la vetrata centrale e la seguente iscrizione latina: (LA)
«A. D. MMXX A. FUMASONI BIONDI RESTAURAVIT» (IT)
«Anno 1920 Achille Fumasoni Biondi restaurò» Negli anni cinquanta la chiesa divenne sede di parrocchia, dopo alcuni restauri. Gli ultimi restauri alla facciata e all'interno risalgono agli anni ottanta, e sono stati compiuti con offerte dei parrocchiani.[13] ArchitetturaLa chiesa è a navata unica con sei cappelle laterali -tre per lato- ed abside. Il soffitto è voltabottato, e la luce entra attraverso sei finestre situate nella parte superiore delle pareti laterali. La facciata in peperino intonacato, restaurata nel 1920, è tripartita verticalmente da tre lesene: nella parte centrale, vi è la porta d'ingresso unica e una finestra murata da porcellane dipinte di stile novecentesco. All'ingresso si accede tramite una scalinata in peperino aggettante su strada. Nella seconda cappella a sinistra è ospitato il Santissimo Crocifisso di Marino, venerata immagine sacra dipinta su peperino che lo storico marinese Girolamo Torquati dice alta 39 pollici, larga 32 pollici e mezzo e profonda 12 pollici.[14] Dietro l'altare maggiore c'è una Trinità di 2.41 x 1.50 metri attribuita da molti a Guido Reni (1575-1642)[15][16]: tuttavia gli ultimi studi propenderebbero per attribuirla al pittore Giovanni Francesco Gessi (1588-1645), contemporaneo del Reni.[13] «Un altro quadro pregevolissimo è nella chiesa della Trinità a sinistra della strada del corso, il quale rappresenta la Triade santissima: il Padre Eterno tiene sulle sue ginocchia il Figlio immolato e nel petto lo Spirito fiammeggiante: questo è opera di Guido Reni: bello è il disegno, ma la composizione è fredda, e la espressione ed il carattere delle figure è troppo triviale e basso per la sublimità del soggetto.» Il critico d'arte seicentesco Giovanni Pietro Bellori, prestando fede all'attribuzione del dipinto a Guido Reni, affermò che fosse la migliore opera di questo artista[16]; lo scrittore ottocentesco Gaetano Moroni invece scrive questo in merito all'opera[9]: «Sull'altare maggiore si venera per quadro la ss. Trinità, meraviglioso dipinto di Guido Reni, [...] fatto genialmente con pia applicazione, per soddisfare le devote istanze del detto sacerdote Gini, pel solo compenso di pochi barili di vino, come si ha per tradizione; quindi il sacerdote lo donò ai chierici regolari minori. Il dipinto rappresenta il Padre Eterno che tiene sulle ginocchia il Figlio immolato, e nel petto lo Spirito Santo.» Note
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