Chiesa dei Santi Salvatore e Biagio
La chiesa dei Santi Salvatore e Biagio è la chiesa parrocchiale di Castelvero, frazione del Comune di Vestenanova in provincia e diocesi di Verona; fa parte del vicariato dell'Est Veronese, precisamente dell'Unità Pastorale Illasi - Tregnago - Vestene[1][2]. StoriaLa chiesa di Castelvero è la prima del territorio comunale di Vestenanova ad essere citata in un documento. Nel 1145 vi è una controversia tra il priore Lanfranco del monastero di San Mauro di Saline e i canonici di Calavena per la giurisdizione sulla chiesa di San Salvatore, vicina ad un vecchio castello e non lontana da una rocca denominata Vestena. Il 1 dicembre 1172 fu aggregata alla pieve di Calavena, retta dai Benedettini, decisione confermata da Papa Lucio III il 18 gennaio 1192. Nelle visite pastorali del Vescovo di Verona Gian Matteo Giberti troviamo una chiesa, edificata tra XIV e XV secolo, dedicata ai Santi Salvatore e Biagio. Situata nell’odierna località Chiesavecchia, aveva una piccola sacrestia, una canonica, un campanile e un cimitero antistante. Una nuova chiesa fu costruita tra il 1634 e il 1657 su uno sperone di roccia, con la facciata rivolta ad ovest, riutilizzando materiale della precedente. Nel 1855, ritenuta l’edificio insufficiente a contenere i fedeli, fu abbattuto per costruirne uno nuovo, nello stesso luogo, le cui fondamenta furono benedette nei primi giorni di ottobre del 1855. Nel 1870 fu ultimato il nuovo cimitero, nei pressi della chiesa, ultimata la pavimentazione di quest’ultima (poi rinnovata nel 1936) ed eretto l’attiguo oratorio, oggi utilizzato come cappella feriale. DescrizioneLa facciata![]() La facciata, rivolta a sud-est, è in stile neoclassico, con al centro il portale rettangolare, a cui si arriva salendo alcuni gradini, con timpano, sovrastato da una grande finestra a lunetta, incorniciata da due coppie di paraste con capitelli d’ordine corinzio. Al centro del timpano vi è un oculo esagonale; sui vertici laterali vi sono due statue dei Santi Rocco e Sebastiano, mentre su quello sommitale vi è una croce metallica[2][4]. InternoAll’interno la chiesa si presenta con un'unica aula rettangolare coperta da una volta a botte ribassata e lunette laterali dove sono collocate le finestre con le seguenti vetrate della prima parte del XX secolo: San Biagio, Carità e Fortezza sul lato destro; Speranza, Prudenza e Assunzione della Madonna sul lato sinistro. Nella lunetta della controfacciata è raffigurato Cristo Re. Lungo la parete destra della navata troviamo, vicino all’ingresso, il fonte battesimale, poi il pulpito ligneo e l’altare di San Biagio (o del Sacro Cuore di Gesù), settecentesco (ma rifatto nel 1941), in marmo scolpito e intarsiato. In esso trova posto una pala ad olio su tela (già utilizzata, come scoperto nel restauro del 2012) con la Trasfigurazione di Cristo con San Biagio, probabilmente dei primi anni del XX secolo e che riprende la famosa Trasfigurazione di Raffaello Sanzio. Lungo la parete sinistra della navata, nei pressi dell’ingresso c’è una nicchia con la statua lignea policroma della Pietà, degli inizi del Novecento, che veniva portata in processione il 15 settembre di ogni anno, memoria liturgica dell’Addolorata. Lungo la parte bassa della navata, distribuiti lungo le pareti, si trovano le quattordici stazioni della Via Crucis, quadri a olio su tela di fine Ottocento o inizio Novecento, restaurati nel 2012. Il presbiterio, a pianta quadrata e coperto da una cupola con pennacchi affrescati dal Bolla rispettivamente con Angeli con ostensorio e i Quattro Evangelisti , è rialzato di cinque gradini rispetto all’aula ed è di larghezza ridotta rispetto ad essa. Dietro l’altare maggiore si trova un’abside semicircolare con catino absidale affrescato sempre dal pittore Bolla con la Trinità con arcangeli. In un vano retrostante il pulpito vi sono resti degli affreschi della chiesa seicentesca, restaurati nel 2012. Sulla parete di destra un Pontefice romano sotto uno sfarzoso baldacchino, mentre sul muro opposto sono visibili alcuni Apostoli durante L’Ultima Cena e l’evangelista Matteo (evangelista), assistito da un angelo, mentre scrive. Nell’abside dell’oratorio è collocato un altare ottocentesco dedicato all’Immacolata con paliotto marmoreo seicentesco. In sacrestia si trova un pregevole dipinto a olio su tela raffigurante San Giovanni Nepomuceno[2][5]. L’organoDietro l’altare maggiore è collocato un piccolo organo a trasmissione meccanica, con canne di facciata coperte da una tela, detta quaresimale, dipinta ad olio dell’Ottocento con il ‘’Re Davide mentre suona l’arpa’’. Lo strumento musicale, oggi (2023) non funzionante, fu costruito da Giovanni Battista Zordan nel 1877 a Cogollo del Cengio, in provincia di Vicenza, per un’altra chiesa[6]. Campanile e campaneNel 1875 si decise di demolire la piccola e vecchia torre campanaria, dando avvio alla costruzione dell’attuale campanile nel 1877. La torre è collegata alla chiesa tramite un corpo di fabbrica intermedio dove è collocata la sacrestia.
A pianta quadrata, ha un fusto in pietra calcarea intonacato, con lesene angolari in blocchetti di pietra calcarea, mentre corrono orizzontali due cornici marcapiano. Il concerto campanario collocato nella torre è composto da 6 campane in Re3 montate alla veronese suonabili a doppio sistema (manuale ed elettrificato). Questi i dati del concerto: 1 – RE3 - diametro 1278 mm - peso 1174 kg - Fusa nel 1927 da Cavadini di Verona 2 - MI3 - diametro 1134 mm - peso 830 kg – Fusa nel 1920 da Cavadini di Verona 3 – FA#3 – diametro 1012 mm - peso 586 kg - Fusa nel 1920 da Cavadini di Verona 4 - SOL3 - diametro 939 mm - peso 486 kg - Fusa nel 2019 da Allanconi di Ripalta Cremasca 5 – LA3 - diametro 845 mm - peso 357 kg - Fusa nel 1920 da Cavadini di Verona 6 – SI3 - diametro 763 mm - peso 257 kg - Fusa nel 2019 da Allanconi di Ripalta Cremasca[7]. Le campane sulla vecchia torre erano quattro, appena rifuse, mentre su quello attuale inizialmente erano cinque[4]. Note
Bibliografia
Voci correlate
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