i spironi da Monto inda uò salvà,
e 'l brasso da Vistro uò rastà scuio
pei grutoni pioûn alti del mar,
ca ruzaghia sta tiera viecia-stara.
Da senpro i signemo pissi sensa nom,
ca da sui sa prucoûra 'l bucon
par guodi la veîta leîbara del cucal,
pastadi dala piova da Punente a da Livante
e cume i uleîi mai incalmadi.
Fra ste carme zì stà la nostra salvissa,
cume i riboni a sa salva dal dulfeîn
fra i scagni del sico da San Damian;
el nostro pan, nato gra li gruote, zi stà inbinideî
cul sudur sula iera zbruventa da Paloû...
e i vemo caminà par oûna longa cal da griebani,
c'ancui la riesta lissada dali nostre urme.
La nostra è una lunga strada irta di sassi:
gli speroni di Monto ci hanno salvato,
ed il braccio di Vistro è rimasto scoglio
per le grotte poste più in alto del mare,
che erode questa antica terra.
Da sempre siamo pesciolini
che da soli si procurano il boccone
per godere la libera vita del gabbiano,
oppressi dalla pioggia di Ponente e di Levante
come olivi senza innesti.
Fra queste insenature è stata la nostra salvezza,
come i riboni si salvano dal delfino
fra le tane della secca di San Damiano;
il nostro pane, nato tra le grotte, è stato benedetto
col sudore nell'aia ribollente di Palù...
ed abbiamo camminato per una lunga strada dissestata,
che oggi rimane spianate dai nostri passi.
脚注
^Bartoli, Matteo. Le parlate italiane della Venezia Giulia e della Dalmazia. Tipografia italo-orientale. Grottaferrata 1919.