Creduta in origine un'opera ellenistica eseguita verso la metà del III secolo a.C. da un maestro greco e poi rielaborata in età romana imperiale, in base agli studi condotti all'inizio del XIX secolo la statua fu riconosciuta come un pastiche, cioè un assemblaggio creato in età romana, probabilmente dopo il 69 d.C., sulla base di una fusione ellenistica precedente[1]. Il nuovo restauro dell'Opificio delle Pietre Dure ha permesso di stabilire che la statua è stata fusa nel I secolo d.C. in una fucina del territorio e non è un assemblaggio di statue diverse ma nasce per essere una "Vittoria Alata". Il modello di riferimento è da identificare nell'Afrodite Urania del "tipo Cirene", ossia con la dea concepita in quella determinata variazione di atteggiamento che si ritrova nella statua omonima rinvenuta a Cirene. Altri dettagli, quali la torsione del busto e l'andamento delle braccia sono egualmente mutuati da opere greche del V-VI secolo a.C.[2]. La figura veste un chitone fermato sulle spalle e un himation che ne avvolge gli arti inferiori. La gamba sinistra risulta lievemente sollevata poiché si ritiene che il piede poggiasse sull'elmo di Marte; a compimento dell'opera, sul capo fu posta un'agemina d'argento e rame a cingerne i capelli. In epoca romana furono aggiunte le ali, per trasformare l'opera nella dea Victoria; a Roma e Costantinopoli erano presenti opere simili (La Vittoria che incide uno scudo) nei fori imperiali. Dopo secoli di oblio, l'opera fu rinvenuta la sera del 20 luglio 1826, in parte smontata e accuratamente nascosta nell'intercapedine occidentale del Capitolium tra il tempio e il Cidneo, assieme a moltissimi altri pezzi bronzei tra cui la famosa serie di ritratti, probabilmente per far sì che durante le invasioni delle genti barbariche (Goti e Unni) non venisse fusa al fine di ricavarne delle armi[3]. Questo spiega l'eccezionale stato di conservazione.
Con l'avvento della prima guerra mondiale la Vittoria, così come numerose altre opere del patrimonio artistico e culturale, fu trasferita a Roma su ordine del governo affinché, a titolo cautelativo, fossero preservate lontano dalle linee del fronte. Terminato il conflitto, il senatore Pompeo Gherardo Molmenti fu designato sottosegretario per le antichità e le belle arti con l'incarico di vegliare e assicurare che i capolavori richiamati a Roma tornassero nelle rispettive sedi d'origine; Molmenti in persona si fece carico del trasporto e del rientro della Vittoria a Brescia, avvenuto con una celebrazione solenne nel mese di aprile del 1920[4][5].
La statua fu concessa in prestito ed esposta, da novembre 1948 a marzo 1949, al museo Kunsthaus di Zurigo in occasione dell'esposizione-evento intitolata Kunstschätze der Lombardei. 500 vor Christus, 1800 nach Christus[6][7][8].
Prima ipotesi
Secondo i primi studi, venne formulata un'ipotesi su come la statua fosse giunta a Brescia. Secondo tale ipotesi, la statua sarebbe stata trasportata a Roma per volontà di Augusto dopo la morte di Cleopatra nel 29 a.C. e quindi da lui donata direttamente a Brixia in segno di benevolenza politica, forse in occasione del conferimento alla città del titolo di Colonia Augusta. L'opera, infine, sarebbe stata trasformata in Nike dopo la seconda battaglia di Bedriaco che aveva segnato l'affermazione di Marco Antonio Primo, luogotenente di Vespasiano, su Vitellio. Era stato proprio Vespasiano, dopo la battaglia che gli aveva consentito la salita al trono, a volere il monumentale rifacimento del foro e del tempio capitolino della città, e si era supposto che la rielaborazione della statua da Afrodite a Vittoria era da collocare in questa occasione. L'atteggiamento della dea sarebbe mutato quindi dalla vanità dello specchiarsi all'atto di scrivere con uno stilo un'iscrizione dedicatoria sullo scudo di Ares, andato poi perduto, mentre sulla schiena le sarebbero state montante le due grandi ali piumate[9].
Studi successivi
Il consenso sulla precedente ipotesi, rimasta a lungo quella predominante, s'affievolì in seguito ad ulteriori indagini eseguite mediante spettrofotometria XRF. Gli esami rivelarono infatti la mancanza di significative difformità tra le ali ed il corpo della statua, omogeneità che verosimilmente indicava che l'opera era nata da un unico processo costruttivo[10]. La scultura fu oggetto d'analisi e studio, a cura di Edilberto Formigli e Andrea Salcuni, nell'ambito di un progetto di ricerca dell'Istituto di scienze archeologiche dell'Università Goethe di Francoforte[11]. Nel luglio del 2018[12] l'opera fu affidata agli esperti dell'Opificio delle pietre dure, coadiuvati da specialisti incaricati dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza"; la statua fu sottoposta ad un restauro e fu oggetto di uno studio interdisciplinare congiunto che coinvolse archeologi, consulenti scientifici, ingegneri e restauratori[13][14][15].
Dopo il restauro, presso il Capitolium è stata realizzata una struttura – progettata dall'architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg[16] che ne ha altresì ridisegnato l'allestimento – atta ad accogliere il monumento, dotata anche di un nuovo basamento antisismico[17][18][19].
Valladolid: replica in gesso concessa nel 1888 al Museo de reproducciones artísticas[44] di Madrid, laddove era collocata sino alla fine del 2011[45][46], allorquando il museo fu assorbito dal Museo nazionale di scultura di Valladolid
In occasione del "Primo Circuito Aereo Internazionale"[59][60][61][62], ovverosia la prima manifestazione aviatoria italiana, svoltasi dall'8 al 20 settembre 1909 tra Montichiari e Ghedi, la Vittoria alata di Brescia fu impiegata quale simbolo cittadino nelle produzioni informative e divulgative relative all'evento[63][64][65]. Un esempio analogo fu l'impiego dell'immagine della statua nelle illustrazioni di promozione turistica della città di Brescia[66] ad opera dell'ente nazionale industrie turistiche (ENIT).
Giosuè Carducci la cantò nell'ode alcaicaAlla Vittoria, scritta nel maggio del 1877, inserita nelle Odi barbare, e suggerita da una duplice gita che il poeta fece a Brescia, la prima nell'estate 1871 assieme a Carolina Cristofori, la seconda nell'ottobre 1876.
Gabriele D'Annunzio fu ossequiosamente affascinato dalla Vittoria e la celebrò diffusamente nel corso della sua esistenza: la si trova nel sonetto dedicato a Brescia, raccolto in Elettra, secondo libro delle Laudi, e gli fu d'ispirazione, tanto da rappresentarla, per il romanzo Forse che sì forse che no[68][69][70].
La rivista Topolino le ha dedicato una storia a fumetti all'interno dell'albo numero 3391[71][72].
Numismatica
Un particolare del volto della statua è raffigurato sul rovescio della prima moneta della collezione numismatica della Repubblica italiana 2023, emessa il 20 febbraio 2023 e dedicata alle città di Bergamo e Brescia in quanto capitali italiane della cultura per il 2023[73][74][75].
^ Maria Paola Pasini, Accademia Olimpica, Salvate la «Vittoria»! Arte in guerra: il caso bresciano (1915-1920), in Emilio Franzina e Mariano Nardello (a cura di), A due passi dal fronte. Città di retrovia e cultura urbana nel prisma della Grande Guerra, Convegno internazionale "A due passi dal fronte. Città di retrovia e culture urbane nel prisma della grande guerra fra esperienza bellica e propaganda", Odeo del Teatro Olimpico, Vicenza, 19-20 maggio 2015, Mantova, Tre Lune Edizioni, 2018, pp. 621-644, ISBN978-88-89832-79-0.
^ Maria Paola Pasini, Capolavori in guerra. Il salvataggio dell'arte bresciana durante i conflitti del Novecento, Brescia, Morcelliana, 2016, ISBN9788837230548.
^ Francesca Morandini e Piera Tabaglio, Società friulana di archeologia e Dipartimento di studi umanistici e del patrimonio culturale dell'Università degli Studi di Udine, L'archivio fotografico dei Musei Civici di Brescia e la valorizzazione del patrimonio archeologico (PDF), in Incontro di studio "Archeologia e documentazione fotografica d'archivio. Dal dagherrotipo all'avvento della fotografia digitale", Aquileia, 28-29 aprile 2016, Quaderni friulani di archeologia, anno XXVI, n. 1, Udine-Trieste, Società friulana di archeologia – Editreg, dicembre 2016, pp. 103-112, ISSN 1122-7133 (WC · ACNP).
^ab Maria Paola Pasini, La Vittoria viaggiatrice. Le trasferte a Roma, Zurigo e nella Bassa, in Corriere della Sera, Brescia, 6 settembre 2014, p. 13.
^ab Maria Paola Pasini, La vittoria della Vittoria alata, in Brescia 1945, San Zeno Naviglio, Grafo Edizioni, 2015, ISBN9788873859356, SBNPMI0032334.
^ Alberto Ottaviano, Statua simbolo di Brescia: la Vittoria alata parlava latino e non greco antico (PDF) (abstract), in "Notiziario", n. 4, Brescia, C.E.R. ANCE Brescia, aprile 2012, pp. 238-241. URL consultato il 20 dicembre 2017.
^ Raffaella Bruti, Il monumento di Bolsena e i suoi caduti (PDF), in Raffaella Bruti (a cura di), Dal solco alla trincea. La Grande Guerra nel territorio del lago di Bolsena attraverso i suoi protagonisti, vol. 1, Acquapendente, Sistema Bibliotecario "Lago di Bolsena", 2017, pp. 10-37, ISBN978-88-95034-21-8. URL consultato il 29 aprile 2019 (archiviato dall'url originale il 2 dicembre 2021).
^ Maria Paola Pasini, E Brescia ne offrì una copia al presidente Usa, in Corriere della Sera, Brescia, 6 settembre 2014, p. 13.
«2 Deux copies en plâtre de cette statue de la Victoire ont été offertes par la ville de Brescia à l'empereur des Français et au prince Napoléon. Celle du prince a été placée dans un cadre digne d'elle ; elle décore l'atrium de la belle villa antique de l'avenue Montaigne.»
^Federico Zeri, I francobolli italiani. Grafica e ideologia dalle origini al 1948, Genova, Il Melangolo, 1993, p. 27, ISBN978-88-7018-213-2.
«[...] Fu la vittoria ad essere celebrata, nel 1921, nel terzo anniversario di Vittorio Veneto, con una serie di quattro valori, tutti di eccellente incisione (dovuta ad A. Repettati), e basati sull'immagine della statua in bronzo della Vittoria conservata in Brescia [...]»
^Rivista marittima, Roma, Ministero della marina, 1952, p. 214.
«[...] francobolli commemorativi e ciò avvenne nel 1921-22, direi in modo esuberante dopo la lunga astinenza: furono emessi i quattro valori a ricordo della vittoria di Vittorio Veneto, i tre commemorativi del 6º Centenario della morte di Dante Alighieri, e i tre del Cinquantenario della morte di Giuseppe Mazzini. [...]»
«[...] Nei primi anni successivi alla fine della guerra [...] troviamo la prima serie che celebra nel 1921 la Vittoria di Vittorio Veneto con quattro valori da centesimi 5, 10, 15, e 25. [...]»
^La serie consta di quattro specie: 5 centesimi in color verde, 10 centesimi in color rosso, 15 centesimi in color bigio e 20 centesimi in colore azzurro.
^Per le emissioni coloniali il decreto previde sovrastampe in inchiostro nero riportanti, rispettivamente, i testi: Eritrea, Libia, Somalia italiana. Nel caso specifico della Somalia italiana, fu indicato inoltre il valore convertito nella moneta locale (rupia somala), rispettivamente, da: 3, 6, 9 e 15 besa.
^Bollettino del Ministero delle Poste e dei Telegrafi (PDF), parte seconda, n. 22, 1º agosto 1922, pp. 772-773. URL consultato il 20 dicembre 2020. Ospitato su issp.po.it – Istituto di studi storici postali "Aldo Cecchi" onlus.
^Il primo circuito aereo italiano a Brescia – Una gara di aviazione, in La Tribuna illustrata, Anno XVII, n. 38, Roma, 19 settembre 1909, SBNRMR0014133.
^(DE) Franz Kafka, Die Aeroplane in Brescia, in Bohemia, edizione mattutina, n. 269, Praga, Andreas Haase, 29 settembre 1909.
^ Alessandro Arseni, Il circuito Aereo di Brescia (PDF) (abstract), in The Postal Gazette, Anno IV, vol. 21, n. 2, Melano, marzo 2009, pp. 20-21. URL consultato il 27 aprile 2019.
^(FR) Antoine-Claude Pasquin Valéry, Voyages historiques et littéraire en Italie ou l'Indicateur italien. Pendant les années 1826, 1827 et 1828, tome I, livre V, Paris, Imprimerie de Crapelet – chez Le Normant, libraire, 1831, pp. 239-240, SBNUFI0350950.
«Dans la grande salle du Gymnase l'on voyait exposées seize figures découvertes il y avait peu de jours, et parmi lesquelles était une superbe statue de la Victoire, la plus grande et la plus belle de toutes les statues de bronze; statue qui, l'année suivante, était devenue la Renommée [...] Enterrée depuis plus de dix-sept siècles, cette statue semblait plus animée et plus vivante que le factionnaire autrichien qui la gardait»
^ Marina Candiani, D'Annunzio nel Settantesimo della morte (PDF), in Ateneo di Brescia (a cura di), Incontro di Studio nel settantesimo anniversario della morte di Gabriele d'Annunzio, Brescia, 30 maggio 2008, Commentari dell'Ateneo di Brescia, per l'anno 2008, Brescia, Fratelli Geroldi, 2013, pp. 129-138, ISSN 0375-6181 (WC · ACNP).
^ Raffaella Castagnola, Dalle carceri del Museo all'aria aperta. D'Annunzio e l'immaginario simbolico della "Vittoria" di Brescia, in Marcello Ciccuto e Alexandra Zingone (a cura di), I segni incrociati. Letteratura italiana del '900 e Arte figurativa, Viareggio, Mauro Baroni Editore, 1998, pp. 55-74, OCLC807208753, SBNPIS0000397.
^ Roberto Gagnor, Topolino e l'avventura della Minni Alata, in Topolino, La storia dell'arte di Topolino, illustrazioni di Valerio Held, n. 3391, Modena, Panini, 2020, ISSN 1120-611X (WC · ACNP).
Andrea Salcuni e Edilberto Formigli (a cura di), Grandi bronzi romani dall'Italia settentrionale. Brescia, Cividate Camuno e Verona, Bonn, Dr. Rudolf Habelt Verlag, 2011, ISBN978-3-7749-3762-8, SBNPUV1360263.
Gian Paolo Treccani, "Liberare i segni di Roma". Archeologia e centro storico nel caso di Brescia, 1823-1941, in Gian Paolo Treccani (a cura di), Aree archeologiche e centri storici. Costituzione dei Parchi archeologici e processi di trasformazione urbana, Milano, FrancoAngeli, 2010, pp. 63-91, ISBN978-88-568-2255-7.