Tommaso Lequio di Assaba
Tommaso Lequio di Assaba (Cuneo, 21 ottobre 1893 – Roma, 17 dicembre 1965) è stato un militare e cavaliere italiano, plurivincitore di medaglie ai Giochi olimpici. BiografiaNacque a Cuneo il 21 ottobre 1893, figlio del generale Clemente Lequio,[2] a cui fu concesso di aggiungere il cognome onorifico Assaba in ricordo[N 1] dell'impresa libica, e della signora Luisa Gevenzani. Arruolatosi nel Regio Esercito fu assegnato all’Arma di Cavalleria, e prese parte alla prima guerra mondiale dove si distinse in forza al 6º Reparto arditi tanto da venire decorato con una Medaglia di bronzo al valor militare. Celebre cavallerizzo, sempre in sella al leggendario cavallo "Trebecco", vinse la Medaglia d’oro nel salto a ostacoli,[2] alle Olimpiadi di Anversa del 1920, e la Medaglia d’argento nel salto a ostacoli e quella di bronzo nel concorso a squadre, in quelle di Parigi 1924. Nel 1926, 1928 e 1934 vinse a Piazza di Siena la Coppa delle Nazioni.[2] Durante la guerra d'Etiopia (1935-1936) si distinse, con il grado di maggiore, in forza al 1º Gruppo squadroni indigeni eritrei, e per le sue imprese fu decorato con una Medaglia d’argento e una di bronzo al valor militare. Divenuto comandante della Scuola militare di Tor di Quinto, nel 1942, in vista dell’inizio della campagna di Tunisia,[3] assunse il comando del Raggruppamento Esplorante Corazzato (R.E.Co.) "Cavalleggeri di Lodi"[4] alla cui testa partì per l’Africa settentrionale,[5] prendendo parte alla campagna di Tunisia. Catturato dagli inglesi in Tunisia nel maggio 1943, fu decorato con una seconda Medaglia d’argento al valor militare. Rientrato in servizio attivo nel dopoguerra, l’11 aprile 1947 fu insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine militare d'Italia, e fu poi primo comandante della ricostituita Divisione corazzata "Ariete". Dal 1960 e fino alla data dalla sua morte fu presidente dell'Federazione sport equestri, e ancora nel 1964 curò la preparazione della squadra azzurra per le Olimpiadi di Tokyo. Sposato con l’aristocratica siciliana Maria Felice Santostefano della Cerda (sorella di Fulco di Verdura), da cui ebbe una figlia, Luisa,[N 2] si spense a Roma il 17 dicembre 1965. Carriera olimpicaOltre alle due Olimpiadi in cui vinse medaglie, partecipò anche a quelle di Amsterdam 1928.
Palmarès
Onorificenze«Organizzatore di un Reggimento Esplorante Corazzato, infondeva nei dipendenti squadroni meccanizzati il suo spirito di ardito cavaliere. In sette mesi di continuato ed ardimentoso impegno in terra d’Africa, dava magnifiche prove di Comandante esperto e animatore di audaci imprese. Animati dal suo esempio, gli squadroni ai suoi ordini resero preziosi servigi nelle situazioni particolarmente gravi e nella impari lotta, non esitarono ad attaccare con i loro piccoli mezzi quelli assai più potenti avversari, dando valorosa dimostrazione dell’eroismo dei combattenti italiani, pur nell’avversa fortuna di una dura guerra.[6]»
«Comandante di Reggimento di Cavalleria Corazzata, in più mesi di operazioni aspre e serrate, sempre presente tra i propri squadroni più impegnati dava prova di alte virtù di Capo, di Comandante, di combattente. Già distintosi per perizia, decisione ed ardimento nell’occupazione del sud tunisino ed in operazioni sul fronte ovest, confermava anche nell’ultima fase della guerra in Tunisia, la sua salda e determinata volontà di vittoria. Incaricato di proteggere il tergo dello schieramento dell’Armata su tutti i lati, opponeva accanita resistenza contro forze numeriche soverchianti, ripiegando soltanto quando correva rischio di essere tagliato fuori, e ritardando con il suo deciso ed energico comportamento le Unità motorizzate nemiche più minacciose. Fronte Tunisino, novembre 1942-maggio 1943.[6]»
«Comandante di gruppo squadroni indigeni, durante un intenso ciclo operativo, confermava le sue brillanti doti di soldato valoroso e comandante esperto. Con audacia e perizia affrontava e batteva, in più combattimenti, rilevanti forze avversarie, fiaccandone la baldanza, infliggendo loro dure perdite, efficacemente contribuendo alla repressione della ribellione dello Scioà. Costante esempio ai suoi dipendenti di sprezzo del pericolo, di audacia cosciente, di serena valutazione della situazione. Scioà, luglio-ottobre 1936.»
«Di propria iniziativa assumeva il comando di un gruppo di arditi ed eseguiva pericolose ricognizioni per poter procedere alla occupazione di un villaggio. Nella marcia di avvicinamento precedeva poi col detto reparto la compagnia, assicurandone l’avanzata, e noncurante del bombardamento nemico, risolutamente giungeva tra i primi ad occupare la lovcalità Susegana (Treviso), 29 ottobre 1918.»
«Comandante di gruppo squadroni indigeni, durante importanti azioni belliche, assolveva con perizia e slancio i compiti affidatigli. Si distingueva particolarmente per calma e ardimento personale in un combattimento notturno. Esempio di virtù militari e animatrici. Amba Aradam, 11-16 febbraio, Tembien, 27 febbraio-5 marzo 1936.»
NoteAnnotazioniFonti
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
|
Portal di Ensiklopedia Dunia