Stefano Paolicchi
Stefano Paolicchi (Massa, 2 maggio 1963 – Mogadiscio, 2 luglio 1993) è stato un militare italiano, Sergente Maggiore nel 9º Reggimento d'Assalto Paracadutisti "Col Moschin", insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria. BiografiaPaolicchi, militare di carriera per dieci anni, aveva partecipato a varie missioni di pace all'estero (fra cui Iraq e Libano)[1] prima di partire alla volta della Somalia per l'operazione UNOSOM II (o Missione Ibis II) coordinata dalle Nazioni Unite[2]. Incursore paracadutista, con il grado di sergente maggiore, il 2 luglio 1993 cadde in combattimento a Mogadiscio durante la battaglia del pastificio colpito alla milza, in uno dei pochi punti non protetti dal giubbotto antiproiettile. Pur ferito, continuò il combattimento mirato a liberare dall'accerchiamento alcuni militari italiani, caduti in un'imboscata tesa da centinaia di miliziani somali, che reagirono imprevedibilmente e violentemente a un rastrellamento di armi. Persa conoscenza, venne trasportato all'ospedale di Mogadiscio dove spirò. Fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria, e ai funerali di Stato[3] dei 3 militari uccisi (gli altri due caduti furono il sottotenente Andrea Millevoi e il caporale Pasquale Baccaro), tenutisi nella basilica di Santa Maria degli Angeli, oltre ai familiari e a migliaia di persone presenziò anche il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro[4]. Onorificenze«Incursore paracadutista, inquadrato nel contingente italiano inviato in Somalia nell'ambito dell'operazione umanitaria voluta dalle Nazioni Unite, partecipava con il proprio distaccamento operativo al rastrellamento di un quartiere di Mogadiscio. Nel corso dei successivi combattimenti, proditoriamente provocati da miliziani somali, non esitava ad affrontare d'iniziativa e con lucida determinazione una postazione di mitragliatrice che sparava su una colonna di mezzi italiani. Incurante della propria incolumità si portava a distanza di assalto con grande coraggio e spiccata perizia operativa, neutralizzava una coppia di tiratori che gli sbarrava la strada, e durante l'ultimo sbalzo, veniva colpito da una raffica al petto. Nonostante la ferita, con un ultimo estremo sforzo riusciva a lanciare una granata sulla postazione della mitragliatrice costringendola al silenzio. Pur conscio della gravità delle sue condizioni, continuava ad incitare i suoi uomini, perdendo conoscenza nel vano tentativo di rialzarsi per proseguire nell'azione. Soccorso e sgombrato, decedeva all'ospedale di Mogadiscio. Fulgido esempio di elevate virtù, indomito valore, generosità e ardimento sublimate dal supremo sacrificio.»
— Mogadiscio, 2 luglio 1993.[5][6] Note
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