SawadSawad (in arabo ﺳﻮﺍﺩ?, Sawād) è il nome dato nel diwan al-kharāj - voluto dal secondo Califfo "ortodosso" ʿOmar ibn al-Khaṭṭāb - alle terre alluvionali formate dai fiumi Tigri ed Eufrate, poco prima del loro congiungimento nello Shatt al-'Arab e dal suo sfociare nel Golfo Persico. Il termine si rifà alla radice araba "s-w-d" (che indica il colore "nero"), considerando il contrasto del colore di quel terreno irriguo col verde delle coltivazioni e il bianco-avana del Deserto arabico circostante.[1] Il Sawād non fu ripartito tra i guerrieri che se n'erano impadroniti nel corso delle prime conquiste che coinvolsero la Siria-Palestina, l'Egitto e, appunto, la Mesopotamia, ma fu dichiarato dal Califfo bene demaniale, suscitando non pochi malumori tra i combattenti, vista l'estrema fertilità del suo terreno. In età omayyade ne usufruirono in particolare il fratello del Califfo Abd al-Malik ibn Marwan, Maslama ibn Abd al-Malik, e il wali dell'Iraq, al-Hajjaj ibn Yusuf, che v'impiegarono grandi capitali per condurre a buon fine un'impegnativa opera di canalizzazione, che moltiplicò i già buoni raccolti del Sawād. In esso la manodopera servile fu abbondantemente impiegata, non solo per i più diretti compiti agricoli, ma per raschiare regolarmente lo strato superficiale del terreno, imbevuto dall'acqua canalizzata dei due fiumi e dalle marcite. L'accumulo di fosfati, se non rimosso, rendeva infatti sterile il terreno nel volgere di pochissimi anni e un enorme numero di schiavi, provenienti dalle coste orientali africane, visse per lunghi periodo in condizioni igieniche assai precarie. NoteBibliografia
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