Il grano russello o grano rossello o ruscio o russieddru (a Delia)[1]: è una delle 32 cultivar[2] di frumento duro (Triticum durum var. hordeiforme)[3][4] fa parte del gruppo dei tetraploidi in quanto possiede 28 cromosomi), tipico dell'entroterra siciliano coltivato soprattutto nelle zone di Agrigento, Caltanissetta, Palermo, Ragusa e Trapani.
La spiga del russello è tendente al rosso, da cui il nome, e ha un fusto alto; le sue farine, con poca acqua, permettono la produzione di pani a pasta dura, capaci di durare molti giorni.
Secondo il genetista Francesco D'Amato questo grano potrebbe derivare da un grano russo il Taganrog;[5] questa ipotesi però sembra non essere supportata da prove certe. Esso pare diffuso nei Balcani, nella Russia sud-occidentale, nell'Anatolia e successivamente negli USA[6] nel Nord Dakota.[7]
Oggi è coltivato in Sicilia soprattutto in provincia di Ragusa per essere prevalentemente destinato alla produzione di farine per la produzione del pane locale.[8] Nell’area iblea (provincia orientale di Ragusa, Siracusa e Catania), il “Russello” veniva spesso confuso con la varietà autoctona “Ruscìa”; della quale si conosce una variante fenotipica conosciuta come Manto di Maria.[9] È noto, infatti, che ci sono due diversi tipi di "Russello" sparsi in tutta la Sicilia, che differiscono per importanti tratti associati all'adattamento e alla qualità del glutine.[9]
È una varietà a media precocità di semina e a maturazione tardiva,[10] molto diffusa in Sicilia prima della seconda guerra mondiale.[11] Esso non richiede grandi quantità di azoto rispetto a cultivar più moderne e produttive.[12]
Paradossalmente la coltivazione di questa varietà tipica siciliana non permette l'accesso ai contributi della comunità europea.[13]
Triticum durum var. hordeiforme presenta foglie verde scuro, glabre, a margini scabri. Paglia gialla scura, rigida e tenace. La sua spiga è fusiforme sul profilo e oblunga sulla faccia, le reste di media lunghezza e di colore rosso giallastro. Cariosside ambra, lunga, più o meno gibbosa; embrione grande, pennello esteso e corto.[15]Triticum durum var. hordeiforme è mediamente produttivo; fioritura e maturazione a ciclo medio. È resistente alla stretta e mediamente resistente all'allettamento, al mal del piede, al carbone e alle ruggini.[15]
La caratteristica colorazione del seme è codificata geneticamente dal geneRg1 sul cromosoma 1B.[16]
La spiga, fusiforme semi densa, è molto fragile; la meccanizzazione comporta dispersione di semi sul terreno.
L'altezza della spiga è circa un metro e mezzo o più[17] cosa che non favorisce le infestanti, ma la rende facile all'allettamento, con la granella più grande del doppio rispetto ad un grano moderno. La cariosside è lunga, più o meno gibbosa con una struttura vitrea.
Secondo ricerche il Russello coltivato tra i due distretti di Palermo e Agrigento ha caratteristiche distinte rispetto a quello coltivato nell'area iblea, dove è anche indicato come Ruscìa con la variante fenotipicaManto di Maria.[9]
Inoltre, sembra che «come riferito da Taranto che gli individui appartenenti alle popolazioni R1-3-5 si raggruppavano con “Ruscìa”, mentre gli individui presi dalle popolazioni R2-4 erano più simili all'antica varietà Taganrog, da cui Russello potrebbe aver avuto origine».[9]
Questa cultivar non è molto produttiva con una resa di 20 q per ettaro, circa il 50% meno delle cultivar più moderne, ma è resistente alla ruggine del grano, al mal del piede (Ophiobolus graminis) ed al carbone (Ustilago tritici); richiede poco concime azotato e non favorisce lo sviluppo delle erbe infestanti[12] a causa della semina tardiva e della sua notevole altezza, che provocano una radiazione solare più bassa sul suolo.
La raccolta meccanizzata presenta problemi per l'altezza del fusto e la grandezza dei semi, inoltre la produzione della paglia supera del 50% quella del seme.[10]
È il grano più antico dell'isola insieme al Timilia o tummulia, ed esso; ha una cariosside color ambra vitrea, molto lunga. La pianta presenta forti radici adatte anche a suoli poco profondi,[11] ed ha una produzione ridotta.
Farine
Le sue farine possiedono un alto indice di glutine pari a 86,4%[18], con un buon indice W alveografico (intorno ai 150 J x 10−4) con un rapporto tenacità ed estensibilità a favore del primo. Queste farine consentono la produzione di pane mediamente poroso (alveoli) e con un elevato indice di rosso (colorazione della crosta), tipico del pane a pasta dura.
Le sue farine possiedono un valore di forza medio ed hanno una bassa igroscopicità con valori compresi intorno al 58 %.
Le proteine contenute nelle sue farine sono pari al 12-14 % e il glutine è pari a 10,5 %.
I pani prodotti con questa farina sono leggermente profumati di erbe.
^biodati_vol_ii. (PDF), su sito.entecra.it, p. 507. URL consultato il 1º maggio 2015 (archiviato dall'url originale il 18 maggio 2015).
^ Salvatore Antonio Colecchia, Donatella Bianca Maria Ficco, Ivano Pecorella, Pasquale De Vita, www.cerealresearchcentre.it (PDF), su cerealresearchcentre.it, Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura, Centro di Ricerca per la Cerealicoltura (Cra-Cer) di Foggia, p. 56. URL consultato il 17 settembre 2019 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
International Association for Cereal Science and Technology, Roland E. Poms: ICC Multilingual Dictionary of Cereal Science and Technology. 7 Language Edition Chiriotti, 2006, ISBN 88-85022-85-5
Ugo De Cillis: I frumenti siciliani Catania : G. Maimone, cop. 2004., ISBN 9788877512291
Giulia Gallo et al.; Stazione consorziale sperimentale di granicoltura per la Sicilia. I frumenti siciliani: patrimonio da mantenere e valorizzare Catania : G. Maimone, [2004], ISBN 9788877512307
Abbate V., Boggini G., Coppolino F., Lombardo G. M., 1997, Analisi della variabilità tra ed entro popolazioni di frumento duro Russello raccolte nell'area Iblea. In: Atti del 3º Convegno Nazionale Biodiversità, Reggio Calabria 1997: 335-341.