Risurrezione di Lazzaro

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Resurrezione di Lazzaro, Giotto
Resurrezione di Lazzaro, Caravaggio

La risurrezione di Lazzaro è un miracolo di Gesù raccontato soltanto dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 11:1-44), dove Gesù riporta alla vita terrena Lazzaro di Betania, dopo quattro giorni dalla sua morte[1][2].

Nel Vangelo di Giovanni, più interpretativo e meno storico dei tre sinottici, la resurrezione di Lazzaro è l'ultimo miracolo che precede la Passione e Resurrezione di Gesù Cristo.

Sintesi

Lazzaro è il fratello di Marta e Maria. La famiglia vive a Betania a circa due miglia da Gerusalemme nel clinale sud-est del Monte degli Ulivi. Quando Gesù arriva al sepolcro, Lazzaro è morto da quattro giorni. Alle parole «Lazzaro, vieni fuori», Lazzaro riprende a vivere.

Racconto evangelico

L'evangelista riferisce che, mentre Gesù si trovava fuori dalla Giudea, gli fu recapitato un messaggio di Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, le quali lo informavano che egli si era ammalato. Gesù, tuttavia, non volle partire subito per Betania, dove Lazzaro abitava, e si trattenne ancora per due giorni là dove si trovava. Trascorsi i due giorni, preannunciò ai suoi discepoli che Lazzaro era morto e che egli lo avrebbe risvegliato, e si mise in viaggio.

Giunse così a Betania quando Lazzaro era ormai morto da quattro giorni. Il Vangelo fa questa precisazione presumibilmente perché gli ebrei ritenevano che la decomposizione iniziasse il terzo giorno dopo la morte: questo particolare serviva dunque per fugare ogni dubbio su un'eventuale morte apparente.

Resurrezione di Lazzaro, Duccio

Gesù incontrò per prima Marta, che gli andò incontro fuori dal villaggio: in un breve dialogo con lei, annunciò che Lazzaro sarebbe risorto e aggiunse:

« Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. »   ( Giovanni 11,25-26, su laparola.net.)

Marta andò quindi a chiamare Maria, che si gettò ai piedi di Gesù e pianse: anche Gesù si commosse e pianse a sua volta.

Poi si recò al sepolcro e ordinò di togliere la pietra che chiudeva l'ingresso della tomba. Tolta la pietra, ringraziò Dio ad alta voce perché tutti i presenti lo sentissero, quindi gridò:

« Lazzaro, vieni fuori! »   ( Giovanni 11,43, su laparola.net.)

Lazzaro uscì dal sepolcro, ancora avvolto nelle bende funebri, e Gesù ordinò di liberarlo dai legacci e lasciarlo andare.

Il racconto evangelico prosegue con due episodi strettamente legati a questo: nel primo i sommi sacerdoti e i farisei, informati dell'accaduto, riunirono il Sinedrio e deliberarono di uccidere Gesù seguendo il consiglio di Caifa, che pronunciò la celebre frase:

« meglio che muoia un solo uomo per il popolo »   ( Giovanni 11,50, su laparola.net.)

Nel secondo episodio (Giovanni 12,1-11[3]), pochi giorni dopo, Gesù si trovava a cena con Lazzaro, ed accorsero molte persone per vederli. I sommi sacerdoti allora, vedendo che molti credevano in Gesù a causa di Lazzaro, decisero di uccidere anche lui.

Resurrezioni dai morti operate dagli apostoli

Con parole simili, imperative e nel nome di Gesù Cristo (qui invocato in terza persona), gli Atti degli Apostoli, narrano la resurrezione dai morti operata da Pietro a Tabità (Atti 9,31-42), e da Paolo a Èutico (At 20,9), ma era trascorso qualche minuto[senza fonte], non quattro giorni dalla morte.

Caratteristiche

Il miracolo è al culmine dei segni di cui parla il Vangelo di Giovanni: da una parte molti indecisi credono in Gesù, dall'altra i sommi sacerdoti ed i farisei decidono di farlo morire.

Sono i segni che in parole ed opere provano che Gesù Cristo è il figlio di Dio, e Dio stesso.

Il miracolo viene dal Vangelo presentato come uno dei maggiori miracoli compiuti da Gesù e viene direttamente collegato con la Resurrezione di Gesù: infatti è l'ultimo dei segni che Gesù compie prima della Sua passione ed il segno successivo sarà la sua resurrezione.

La resurrezione di Lazzaro è secondo per importanza solo al miracolo della discesa agli Inferi, primo per numero di beneficiati (tutte le anime degli Inferi), e per durata del beneficio (la vita eterna, rispetto a una ripresa della vita terrena).

I teologi Moloney e Harrington vedono nella resurrezione di Lazzaro il miracolo che attiva la catena di eventi che porta alla crocifissione di Gesù.[4] Marta lo riconosce Figlio di Dio e forse (ma non emerge con certezza), oltre al miracolo, la folla viene a sapere quelle stesse parole a lei confermate, per cui Cristo sarà condannato a morte dal sinedrio.

Sintesi e sinossi

I quattro fatti di risurrezione narrati nei Vangeli presentano ordine e simmetrie di senso e significato. In sintesi, i casi di resurrezione possono essere così confrontati:

  • Gesù per Lazzaro (Giovanni 11), come Pietro per Tabita (Atti 9, 36-42),
  • Gesù per la figlia di Giairo (Luca 8, Matteo 9, Marco 5), come Paolo per Eutico (Atti 20, 9).

e con questi modi:

  • sia Gesù che gli apostoli: a causa di, e dopo poche parole imperative, ovvero per imposizione silente delle mani,
  • Gesù Cristo non opera in nome e in virtù di terzi, gli Apostoli operano guarigioni e la resurrezione nel nome di Gesù.

Quanto ai quattro destinatari, la resurrezione è il ritorno allo stesso corpo che aveva prima di morire, e che deve morire una seconda e ultima volta.

Storicità

Soltanto il Vangelo di Giovanni parla della resurrezione di Lazzaro, che è l'ultimo miracolo compiuto da Gesù prima della sua Passione e Morte. Tuttavia, anche gli altri tre vangeli sinottici riferiscono la resurrezione della figlia di Giairo, mentre il solo vangelo di Luca riporta anche la risurrezione di Daniele, figlio della vedova di Nain.

Tra i miracoli di risurrezione dei morti riportati nei vangeli canonici, la risurrezione di Lazzaro è ritenuto quello più eclatante. Dal punto di vista storico non è possibile stabilire se il miracolo sia realmente accaduto. Nonostante l’assenza del racconto nei vangeli sinottici, molti studiosi (tra cui il cardinale esegeta Gianfranco Ravasi) ritengono tuttavia che l’episodio non sia un'invenzione di Giovanni, ma che l'evangelista abbia attinto ad una tradizione preesistente, rielaborandola secondo le sue prospettive teologiche.[5]

Il teologo gesuita Brendon Byrne ritiene che l’episodio originario sia stato ingigantito dalla primitiva comunità cristiana, trasformando una guarigione straordinaria o la rianimazione di un uomo apparente morto nella risurrezione di un uomo posto nel sepolcro da quattro giorni.[6]

Punto di vista teologico

Come i tre Vangeli sinottici tra loro, con lo stesso metodo esegetico Giovanni può essere opportunamente confrontato con gli Atti degli Apostoli, Pietro e Paolo, perché sono suoi contemporanei, e come lui capi e riferimenti primi della Chiesa Cristiana primitiva, oltre a Maria.

Resurrezione di Lazzaro, S. del Piombo

In Atti, Pietro e Paolo compiono varie guarigioni miracolose con poche parole imperative nel nome di Gesù Cristo, come Gesù con Lazzaro; o con l'imposizione delle mani, come fece Gesù con la figlia di Giairo. Fino a giungere al massimo miracolo possibile, con la resurrezione di Eutico e di Tabità.

Ed anche Gesù ritorna nello stesso corpo rivelato nella Trasfigurazione sul Tabor ai tre apostoli diletti, e al Tommaso dubbioso che gli tocca la ferita ancora viva sul costato, recata dalla lancia che lo trafisse nella morte di croce.

La resurrezione di tutti loro è stata il ritorno dell'anima nello stesso corpo e nello stesso modo, che erano propri nella vita terrena e prima di morire. In tutti questi casi di resurrezione, l'essere umano oltre al suo corpo, riprende possesso del suo bagaglio di ricordi, umanità, capacità e conoscenze, ricordando il come e il quando della fine della sua vita terrena. Non furono né metempsicositrasmigrazione dell'anima.

Resurrezione terrena e resurrezione finale della carne

Marta conosce che questa resurrezione è opera ancora diversa dalla resurrezione finale della carne:

«Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me vivrà anche qualora morisse, e ogni uomo che vive e che crede in me, non morirà per sempre. Credi questo?”. 27 Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene a dimorare [essere, vivere, abitare] nel mondo [κόσμον]”.»

Lazzaro, la figlia di Giairo, il figlio della vedova di Nain, Eutico e Tabita ritornano nel loro corpo mortale, che riprende la sua vita da dove l'aveva interrotta, e che dovrà morire una seconda e ultima volta, in attesa della resurrezione finale. Il corpo della resurrezione finale è sempre il corpo terreno (stesso aspetto, ricordi, sentimenti, lingue parlate, temperamento), ma di più reso partecipe del Corpo mistico di Gesù Cristo, tale da essere immortale, perfetto e onnisciente.

Solo Gesù Cristo possiede (da sempre) già questo corpo finale: dopo la resurrezione dalla morte di croce, e prima come rivela sul Tabor. E lo possiedono anche i pochi del genere umano già assunti in Paradiso in anima e corpo: anima nello stesso corpo terreno, ma corpo reso ora partecipe di quello divino di Gesù.

Nulla, invece, è detto nei Vangeli né per Lazzaro, né per Gesù, né per gli altri casi di resurrezione, in merito a se e a che cosa sia successo all'anima nel tempo compreso tra la separazione dal corpo (la morte) e il ritorno dentro il corpo terreno (la resurrezione), se in altre parole abbia vissuto l'esperienza dell'al di là, Paradiso o Inferno, e ne conservi il ricordo.

Il Prologo del Vangelo secondo Giovanni

Giovanni è il primo autore ad avere compreso il Mistero del Verbo, che è Dio come la Unità delle Tre Persone, e anche ogni singola delle Tre divine Persone della Sacrosantissima Trinità: Verbo=Dio, Verbo Padre, Verbo Gesù Cristo, Verbo Spirito Santo.

Tutto il Vangelo di Giovanni usa due parole greche ben distinte, per differenziare attentamente il Verbo che è la sostanza di Dio, da qualsiasi altra parola delle creature, angeli o umani, che sono a Sua immagine e somiglianza, ma non sono Lui. Dio è imitato, ma resta unico.

Col Verbo e due parole imperative, Dio crea l'universo nel fiat lux, con il modo imperativo resuscita Lazzaro (Lazzaro, Vieni fuori), e ugualmente operano gli apostoli: Pietro dice «Tabità alzati». Gli stessi miracoli sono però operati anche per silente imposizione delle mani.

Gesù Cristo non solo è il Verbo, ma anche è il Verbo fattoSi carne. E il Corpo di Cristo, e degli apostoli quando operano nel Suo nome, riceve (dallo Spirito Santo) la stessa importanza e lo stesso potere creante della parola umana, per operarne gli stessi miracoli, fino all'estremo della resurrezione mediante silente imposizione delle mani: Paolo con Eutico, come Gesù con la figlia di Giairo.

Con le parole Lazzaro, vieni fuori, senza invocare né il nome né il soccorso di altri, Gesù Cristo afferma e prova di essere Dio stesso, avendo nel proprio nome tutta l'autorità necessaria e sufficiente a vincere sulla morte, senza necessità alcuna di persone terze.

La resurrezione di Gesù Cristo

La morte di Gesù Cristo non è un paradosso perché Gesù come Dio è Uno e Trino, come uomo rimane nella tomba per: tre giorni tra la Morte e Resurrezione, in cui Gesù Cristo è vivente quanto allo Spirito Divino come il Padre Dio e lo Spirito Santo Dio che restano perennemente viventi. (A tal proposito vedasi cf 1 Pietro 3,18-20: 18 Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte quanto alla carne, ma reso vivente quanto allo spirito. 19 E in esso andò anche a predicare agli spiriti trattenuti in carcere, 20 che una volta furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava...),

La morte di Cristo uomo, ha fine del tutto quando il Padre, mediante lo Spirito Santo (che da Padre e/o Figlio Procede), resuscita Gesù Cristo, anche corporalmente dalla morte. Lo Spirito Santo opera la resurrezione così come l'Incarnazione di Gesù Cristo nel grembo di Maria Vergine.
Quanto alla sostanza che è l'Unità delle Tre Persone in Dio, si può dire che, dopo tre giorni dalla morte Dio resuscita "sé stesso". (Giovanni 10,18 Nessuno me la toglie (la vita), ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo...).

Sul Corpo di Dio non hanno effetto causale né parola umana né imposizione silente delle mani. La parola di Gabriele introduce l'Annunciazione, così come un angelo annuncia il Santo Sepolcro vuoto alle tre donne, senza nulla causare.

L’interpretazione di Steiner

Rudolf Steiner interpreta la resurrezione di Lazzaro secondo una visione più esoterica e pertanto diversa rispetto a come normalmente lo si interpreta. Egli afferma che la morte di Lazzaro non fosse reale in quanto parte di un antico rito di iniziazione con cui l’iniziato entrava in contatto con i mondi spirituali. A riprova di questa interpretazione egli porta ad esempio la frase: «Questo uomo compie molti segni» (11, 47) riferendosi al Cristo e non molti miracoli.[7]

«Ma fintanto che il corpo eterico si trova entro quello fisico, non è possibile che vi s'imprima veramente ciò che si è formato per mezzo degli esercizi di meditazione. A questo fine, in passato, occorreva che il corpo eterico venisse tratto fuori dalla connessione col corpo fisico. Quando pertanto, in quei tre giorni e mezzo del sonno simile alla morte, il corpo eterico veniva tratto fuori dal corpo fisico, s'imprimeva in esso tutto quanto era stato preparato nel corpo astrale, e l'uomo sperimentava il mondo spirituale. Quando poi veniva richiamato dal sacerdote iniziatore entro il corpo fisico, egli era un testimone di ciò che avviene nei mondi spirituali, per testimonianza propria.»

Un'altra frase che avvalora questa sua tesi è: «Questa malattia non è a morte» (11, 4) essendo parte del rito.[8] Lazzaro quindi era uno degli iniziati prediletti che egli stesso risveglia dal sonno indotto.

Nell'arte

Resurrezione di Lazzaro (Codex Purpureus Rossanensis, Evangelario miniato del VI secolo)
Resurrezione di Lazzaro (libro delle ore di Maria di Borgogna, 1477)

Il miracolo della Resurrezione di Lazzaro ha ispirato pittori:

Ha ispirato scultori:

Ha ispirato compositori:

Ha ispirato miniatori:

Note

  1. ^ John 11:1-46, su Biblegateway, NIV.
  2. ^ John Clowes, The Miracles of Jesus Christ, Manchester, UK, 1817, p. 274.
  3. ^ Gv 12,1-11, su La Parola - La Sacra Bibbia in italiano in Internet.
  4. ^ Francis J. Moloney, Daniel J. Harrington, 1998 The Gospel of John Liturgical Press ISBN 0-8146-5806-7 p. 325
  5. ^ Gianfranco Ravasi, Questioni di fede, Mondadori, 2010, p. 232-234
  6. ^ Lazzaro: miracolo o parabola?
  7. ^ Rudolf Steiner, Il Vangelo di Giovanni, Editrice Antroposofica, 2014, p. 60, ISBN 978-88-7787-427-6.
  8. ^ Rudolf Steiner, Il Vangelo di Giovanni, Editrice Antroposofica, 2014, p. 63, ISBN 978-88-7787-427-6.

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