Parco archeologico della Neapolis
Il Prometeo incatenato
Questa statua ad opera dello scultore rosolinese Biagio Tommaso Poidimani[2], raffigura l'eroe mortale Prometeo, colui che rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini e che per questo fu punito severamente da Zeus. Questa statua di bronzo, alta 3 metri, si trova vicino all'ingresso del parco archeologico; posto all'esterno del sito dove vi è l'Albero secolare di Siracusa. Avendo la città aretusea un'importante tradizione con la mitologia greca, la statua della Neapolis si amalgama con il passato siracusano. Il Parco archeologico della Neapolis è un'area naturale colma di reperti archeologici appartenenti a più epoche della storia siracusana. Per la quantità e la rilevanza dei suoi monumenti è considerata una delle zone archeologiche più importanti della Sicilia[3], nonché tra le più vaste del Mediterraneo[4]. Storia del ParcoIl parco, situato nella circoscrizione della Neapolis di Siracusa è corrispondente ad una piccola parte dell'antico quartiere di Siracusa in età greca (siceliota) e romana, Neapolis (dal greco "Νεά πολις" "Città Nuova"), racchiude la maggior parte dei monumenti siracusani sopravvissuti. È stato realizzato dalla Soprintendenza della Sicilia Orientale (Soprintendente Luigi Bernabò Brea) con i fondi economici della Cassa per il mezzogiorno tra il 1952 e il 1955. I grandi monumenti affioranti erano stati già oggetto di scavi da parte di D. Lo Faso duca di Serradifalco (editi nel 1840) e successivamente di due noti archeologi Paolo Orsi e Luigi Bernabò Brea. Il parco venne "disegnato" da V. Cabianca che lo inserì nel Piano regolatore di Siracusa e fu realizzato con l'intenzione di racchiudere in un unico sito protetto tutti i monumenti che si trovavano in quella zona, evitando così che essi potessero un giorno trovarsi in pericolo a causa della espansione urbanistica, che peraltro si è spinta sino ai bordi dell'area con infinite costruzioni edilizie. Dagli anni cinquanta agli anni ottanta la città di Siracusa andò incontro ad un notevole sviluppo della popolazione (da 66.000 a 117.000 abitanti) e, con un incremento demografico così accelerato, nel giro di soli tre decenni anche il tessuto urbano mutò progressivamente e molte zone che un tempo erano solo campagna divennero densamente edificate. Numerose nuove abitazioni vennero costruite su necropoli, terme, templi, strade antiche. Molti monumenti dell'antica città furono dunque sommersi dalla nuova edilizia. Ciò non avvenne invece per i monumenti all'interno del Parco della Neapolis che, essendo recintati e dunque inibita qualsiasi tipo di costruzione all'interno del suo perimetro, vennero così salvaguardati dall'espansione della città. Tale parco, oltre ai resti archeologici, ha protetto i numerosi alberi e dunque la delicata flora della zona che insieme alle architetture compongono l'area verde urbana più vasta di Siracusa. Aspetto naturalisticoIl clima nella zona del parco può definirsi piuttosto complesso, la folta vegetazione infatti lo rende umido soprattutto nei punti più profondi, mentre varia per divenire caldo e arido nei luoghi soleggiati più elevati, come ad esempio nella zona del Teatro greco che si trova vicino al punto più elevato del rilievo montuoso che contraddistingue il parco. I fattori che influenzano questo tipo di clima sono i venti salini provenienti dal mare (il parco si trova a poca distanza dal mare) e la scarsa piovosità della zona. La vegetazione del parco è molto variegata. Negli ultimi tempi i forestali che si occupano della sistemazione del parco hanno censito oltre 250 specie di piante.[5] Tra gli alberi più diffusi si hanno le essenze sempreverdi come gli ulivi, i cipressi mediterranei, i pini mediterranei[6], la palma da datteri[6], i ficus e diverse altre specie botaniche. Sono diffusi anche gli alberi di agrumi (aranci e limoni soprattutto). Diffuso è anche l'albero del carrubbo che si adatta ai climi più caldi del Mediterraneo. Presente è anche il melograno, altro frutto caratteristico del parco, tanto che un tempo la zona dove si trova l'Anfiteatro romano era detta "la fossa dei granati" cioè la fossa dei melograni, nome datole proprio per l'abbondanza degli alberi di questo frutto che vi crescevano intorno e considerati fin dall'antichità come il simbolo della fertilità[6]: «Oltre il teatro poi volle il Bonanni che ci fosse un Anfiteatro, e ne additava le reliquie nel luogo detto la Fossa dei granati, ovvero il Colosseo.» L'origano è una pianta aromatica molto caratteristica del parco, qui infatti sul rilievo montuoso del colle Temenite cresce una specie rara di origano detta Origanum onites: «L'Origanum onites si rinviene particolarmente nei colli Iblei più prossimi a Siracusa ove fu raccolto dal Boccone, nonché nei contorni di quella città; ma quando è nel vigore della vegetazione, le foglie non sono così picciole come vengono dal Boccone stesso rappresentate, e come si descrivono dal Wildenow, emulando allora in grandezza quella dell'Origanum smyrneum.» Il nome dell'origano deriva dalla lingua greca: da "oros" monte e da "ganos" splendore, bellezza, pertanto lo splendore del monte, poiché questa pianta è particolarmente significativa e il suo fiore copre, decorandolo, il suolo in cui cresce. Si narra che fu Alessandro Magno ad importarlo in Europa di ritorno dalle sue avventure in Oriente, ma dato che la rara specie di origano che cresce solo a Siracusa (Colle Temenite, Tonnara di Santa Panagia, Balza di Akradina[8]) e in alcune zone di Catania, è stata definita di seme autoctono[9], ciò lascia pensare che l'origano qui abbia avuto una propria diffusione naturale non dipendente dall'importazione di epoca alessandrina. L'onites è identificata nel Mediterraneo orientale. Grazie alle pareti calcaree vi crescono anche i capperi (Capparis spinosa), altra pianta aromatica che predilige le zone rampicanti costiere e rocciose come il terreno del parco siracusano. Ulteriore pianta aromatica presente è il timo. La macchia mediterranea costituisce la flora del parco. Vi si trovano gli arbusti di mirto[6], pianta profumata di origine antica, l'acanthus mellis (le foglie d'acanto)[6], sono note perché vennero riprodotte come modello architettonico greco-antico nel famoso Ordine corinzio. Nel parco si ha la crescita di piante caratteristiche come il antirrhinum siculum miller; il barboncino mediterraneo; le polygonaceae; l'edera rampicante, il rovo che produce dei frutti a drupa. Molte di queste piante producono dei fiori di particolare bellezza. La composizione floreale del parco è data dall'hibiscus (specie tiontun) con dei grandi fiori campanulati di svariati colori, dalla malva sylvestris, fiore presente nei luoghi incolti, dalla campanula (specie rupestris), grandi fiori a forma di campanella e di colore blu che crescono lungo le pareti rocciose e i muri, dalla bouganvillea (specie spectabilis), fiore brasiliano importato nell'Ottocento, dal fiore dell'arbusto Tamarix gallica, notevole pianta che produce fiori rosa o bianchi, diffusa nel Bacino del Mediterraneo.[6] Anche la nymphaea, il fiore che cresce nell'acqua, fa parte della vegetazione del parco poiché cresce sul terrazzo del colle Temenite dove vi è la grotta che trae radice dal suo nome.[10][11] La morfologia del parcoIl parco è posto sul modesto rilievo montuoso detto colle Temenite. Questo rilievo, così come il monte Epipoli, fa parte dei rilievi montuosi, non molto elevati, che attraversano il territorio urbano di Siracusa. Il colle divide in due le caratteristiche territoriali del parco. A sud di esso si trovano i primi monumenti della Neapolis, mentre dirigendosi verso nord si trovano le profonde latomie, scavate nella roccia di questo colle. Sopra la sua cima, detta terrazzo, si trovano ancora altre vestigia. Questo colle è menzionato da Tucidide, che nel descrivere la guerra che Atene mosse a Siracusa, narra di dove si accamparono i soldati ateniesi: «Or le indicazioni di Tucidide concorrono tutte a mostrare l'identità della rupe con quella che sovrasta il paesaggio che oggi addimandasi la portella del Fusco. E perché possa venire più chiaro quanto si è per noi asserito, riferiremo ciò che scrive il medesimo storico al proposito di Gilippo, che salito per l'Eurialo alle Epipoli, si avvicinò alle fortificazioni nemiche dietro le quali tenevasi Nicia; del che avvedutosi Gilippo, si condusse sopra un colle detto Temenite, ove si accampò. Risulta dunque dall'anzidetto, che la rupe, la quale formava parte essenziale della cinta innalzata da Nicia a fronte delle mura del sobborgo, esser doveva situata fra questo ed il colle.» Il parco si trova nei pressi del fiume Anapo, ma anche al suo interno vi doveva affluire dell'acqua poiché gli storici raccontano di fonti, soprattutto nell'Ottocento, una delle quali portava lo stesso nome del colle: «Il tratto meridionale poi fra le mura di Neapoli e la sinistra sponda dell'Anapo chiamasi il Prato Siracusano, ed ivi sgorgavano verso l'Epipoli la fonte Temenite, oggi fonte dei Canali, e verso Neapoli il saluberrimo fonte Milicchio, oggi Pismotta: I campi alla destra dell'Anapo erano innaffiati dalla fonte Archimedia, presentemente detta Cefalino, dal fonte Cianna, oggi detta la Pisma, che prende corso di fiume, e si congiunge poi all'Anapo.» Questa descrizione si riferisce al territorio che circonda il parco. Sul terrazzo del colle Temenite sgorga dell'acqua proveniente dall'acquedotto detto del Ninfeo, dato che le sue acque sgorgano all'interno dell'omonima grotta. Anche l'acquedotto Galermi venne a confluire all'interno del parco, poiché fu precedentemente collegato, tramite un ponte oggi non più esistente, alla piccola cascata che sgorga dalla grotta del Ninfeo che pare abbia un collegamento anche con l'acqua proveniente dall'acquedotto Galermi. Il percorso dei monumenti
I monumenti sono elencati seguendo un percorso cronologico:
La Piscina romana
Sarcofagi di pietra romani e case ellenistiche
Sul colle Temenite
Latomie siracusane«Con questo greco nome si appellarono ivi le tagliate di pietra, cioè i luoghi delle sue colline, onde le pietre necessarie alle fabbriche si trassero, e che servirono poi di prigioni. Vasta e magnifica opera (scriveva così Cicerone, dopo d'averle visitate), di più re e tiranni, per meravigliosa altezza, ed a forza d'innumerevoli braccia cavata nel sasso, di cui nulla può farsi né immaginar di più chiuso, di più riposto, di più custodito.» Latomia del Paradiso «Fra queste latomie è più d'ogni altra considerevole quella che addimandasi del Paradiso, e per la sua ampiezza estraordinaria, e perché va ad essa congiunto il famoso Orecchio di Dionisio. Giace questa latomia poco al di sotto del teatro ed è quasi interamente priva di volta, se non che un vasto pilastro che vi sorge nel mezzo dà a divedere che anch'ella sia stata coperta né vetusti tempi.» (FR)
«L'ensemble de cette latomie, dans l'état où elle est, est un lieu sublime et enchanté: mais si on vient à se souvenir des maux affreux qu'ont coûtés ces excavations à ceux qui les ont travaillées, les tourments abominables dont elles ont été l'instrument et auxquels elles ont servi de théâtre, le charme cesse alors...» (IT)
«L'insieme di questa Latomia, nello stato in cui è, lo rende un luogo sublime e magico: ma se si tratta di ricordare il dolore terribile che fiancheggia questi scavi a coloro che hanno lavorato, i tormenti abominevoli come strumento usato come teatro, allora l'incantesimo cessa...» La latomia del Paradiso è la più grande della Neapolis e quella posta più ad occidente, vicino l'Ara di Ierone II.[20][21] Il suo percorso è solo parzialmente visitabile, poiché alcuni punti sono chiusi e non percorribili. In alcuni suoi tratti raggiunge la considerevole profondità di 45 metri[20]. Da essa si estraevano i blocchi di pietra più grandi[21]. Al suo interno si aprono delle grandi cavità chiamate Orecchio di Dionisio, Grotta dei Cordari e Grotta del Salnitro.[22]
Latomia dell'Intagliatella
Latomia di Santa Venera
La Necropoli GrotticelleLasciando la latomia di Santa Venera si giunge alla parte finale del parco che comprende la Necropoli Grotticelle, anch'essa visibile dall'esterno del parco poiché si trova nei pressi di una densa zona urbana. Alcuni scavi effettuati nei pressi di questa necropoli hanno riportato alla luce un tratto di strada e delle strutture murarie d'epoca pre-greca o greca, inoltre sono stati trovati i resti di quello che potrebbe essere stato un edificio sacro edificato su una precedente costruzione di epoca più arcaica. All'interno della necropoli esistono numerose tombe sia d'epoca sicula che greca e romana. Le tombe a fossa del periodo siculo e greco non sono molto visibili mentre spiccano le tombe a camera d'epoca imperiale romana. La presunta Tomba di ArchimedeTra queste tombe a camera vi è la presunta "Tomba di Archimede"[26]. Si tratta della più vistosa e presenta in rilievo delle semicolonne doriche e sopra, sempre scolpito sulla roccia, un frontone a timpano. Con il tempo questa tomba è stata appellata come la Tomba di Archimede, dato che l'odierna popolazione siracusana ha ritenuto la tomba più maestosa potesse solo essere quella del più illustre siracusano di tutti i tempi. Ma si sono sbagliati, perché questa tomba è stata datata al periodo romano imperiale, dunque molti secoli dopo il tempo di Archimede, ed inoltre al suo interno sono state rinvenute delle urne cinerarie, ed è risaputo che i sicelioti siracusani non avevano l'usanza delle ceneri ma quella della sepoltura. I romani invece usavano le ceneri e il colombario romano della Neapolis lo dimostra. Data la sua grandezza e la sua posizione, si è pensato che essa fosse dedicata a illustri personalità siracusane-romane di quel periodo. Il luogo dove si trova la vera Tomba di Archimede è tutt'oggi sconosciuto. Le ipotesi variano dalla Via dei Sepolcri, ad Acradina, presso il fiume Ciane, ma quale sia il vero luogo non è stato attualmente scoperto. Cicerone fu l'unico ad avere lasciato testimonianza scritta sul luogo esatto del sepolcro di Archimede, poiché fu egli a ritrovarlo durante la sua permanenza in Sicilia. Trovò la tomba dell'illustre matematico abbandonata e dimenticata dai siracusani che centocinquant'anni dopo l'Assedio romano, che portò all'uccisione di Archimede e alla presa della polis, sembravano aver perso la memoria di ciò che era accaduto nella loro patria e insistevano nel dire a Cicerone che Archimede non poteva trovarsi a Siracusa, altrimenti loro lo avrebbero certamente saputo. Ma Cicerone li smentì cercando con determinazione la tomba di Archimede, fino a quando la trovò. Disse Cicerone: «Una città greca, dic'egli (Cicerone), che era stata la madre delle scienze non avrebbe conosciuto il tesoro che possedeva, se un Arpinate non lo avesse scoperto!» «Essendo questore, trovai il suo sepolcro, di cui i Siracusani negavano l'esistenza, tutto circondato e rivestito di rovi e cespugli. Ricordavo di alcuni senari, che si dicevano scritti sulla sua tomba: dicevano che sulla sommità del sepolcro era posta una sfera con un cilindro. Un giorno scrutavo ogni angolo con lo sguardo (fuori della porta sacra a Ciane c'è un gran numero di sepolcri) e scorsi una piccola colonna che non sporgeva molto dai cespugli, su cui vi era l'immagine di una sfera e di un cilindro. Dissi subito ai Siracusani (si trovavano con me i più eminenti) che pensavo si trattasse di ciò che cercavo. Si mandò molta gente con falci e il luogo ripulito e sgombrato. Quando fu liberato l'accesso, ci avvicinammo al lato frontale del piedistallo: si vedeva un epigramma i cui versi erano corrosi verso la parte finale.» Una sfera ed un cilindro, i simboli posti dal generale romano Marco Claudio Marcello per onorare la tomba del famoso matematico inventore. Cicerone parla del Ciane e di molti sepolcri, dunque il luogo della vera tomba di Archimede sembrerebbe trovarsi o alla Neapolis oppure all'Acradina, entrambe vicine al lato sud delle porte aretusee alle quali fa riferimento l'oratore romano. CriticitàDa anni il parco archeologico soffre di carenze organizzativo-gestionali che hanno un impatto negativo sui visitatori, nonché diviene oggetto di articoli critici sui quotidiani nazionali.[29] Il problema maggiore è legato alla scarsa autonomia del parco (sul modello di Agrigento), la cui autorizzazione spetterebbe alla Regione Sicilia, e di questo si dibatte vanamente da anni. Ciò determina importanti introiti che non tornano all'Ente rendendo impossibile anche la manutenzione ordinaria, come il taglio delle erbacce o il ripristino di insegne rotte. Inoltre continui problemi in merito all'organico causano spesso il rischio chiusura nei giorni festivi, e per la stessa ragione il percorso che conduce alla tomba di Archimede è chiuso salvo aprire grazie ad un accordo con il Comune solo nel periodo estivo. Note
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