Palazzo Rivera
Palazzo Rivera è un palazzo storico dell'Aquila. StoriaLa storia del palazzo si intreccia con quella della famiglia Rivera, ritenuta originaria dalla stirpe dei Conti dei Marsi e stabilitasi in città fin dalla sua fondazione. A differenza di altri casati locali impegnati nel commercio della lana e dello zafferano, i Rivera acquisirono potere e prestigio — soprattutto a partire dal Cinquecento — grazie all'acquisizione di beni immobili,[1] ossia i palazzi cittadini e i ricchi pascoli circostanti.[2] Il casato si insediò nel locale di Roio già nel XVI secolo e vi dimorò anche in seguito al terremoto dell'Aquila del 1703, almeno fino al 1712, prima della realizzazione del palazzo attuale.[3] Gli storici sono discordi sull'esatta datazione dell'edificio; alcune fonti fanno risalire l'edificio al 1746,[4] quando cioè la famiglia certamente vi abitava, tuttavia è possibile che i lavori continuarono anche nei decenni successivi, sino al 1769-1778.[3] Con ogni probabilità, il preesistente palazzo cinquecentesco non fu demolito bensì inglobato nella nuova struttura, così come già avvenuto nell'adiacente Palazzo Antonelli Dragonetti de Torres.[3] Il progetto viene attribuito a Luigi Filippi,[5] autore anche del palazzo Arcivescovile. In seguito al terremoto dell'Aquila del 2009, il palazzo ha subito importanti danni alle strutture.[5] DescrizioneIl palazzo occupa una porzione d'isolato tra la piazza Santa Maria di Roio, via Roio e via Monteluco, nel cuore del quarto di San Giovanni. Il complesso ed ampio isolato è completato ad est, verso la piazza del Duomo dal più noto Palazzo Antonelli Dragonetti de Torres. Si pone frontalmente alla chiesa di Santa Maria di Roio ed a lato di Palazzo Persichetti. Il palazzo si configura come un ammodernamento della preesistente struttura cinquecentesca, soprattutto mediante la realizzazione della nuova testata che si configura come elemento riunificatore del complesso;[4] quest'ultima, databile alla seconda metà del XVIII secolo, è caratterizzata da un barocco neoclassicista con influenze rococò per quanto riguarda le decorazioni delle finestre. In alzato, presenta tre ordini con attico — similarmente al vicino Palazzo Persichetti e ai concittadini palazzi Ardinghelli, Antinori, Manieri e Rustici — sebbene la vistosa fascia marcapiano evidenzi soprattutto due ordini, di cui l'inferiore di notevole altezza.[3] Al marcapiano si collegano le finestre, in numero di 7 di cui 5 assemblate nella parte centrale, secondo uno schema che ricorda quello di Palazzo Fibbioni.[3] Il portale è inquadrata da due colonne a base quadrangolare e sormontato da un balconcino; la finestra sovrastante reca nel timpano lo stemma di famiglia. Gli angoli sono risolti con coppie di vistose lesene a spigolo aperto poggiate sui cantonali.[4] L'impianto è assai complesso e si presenta articolato intorno a tre corti di varie dimensioni, di formazione rinascimentale,[4] collegate rispettivamente a tre ingressi — uno per ogni prospetto — e distribuito da tre scale.[3] La complessità della struttura, particolarmente disomogenea nell'ala su via Roio, testimonia le diverse fasi costruttive del palazzo, sviluppatesi nell'arco di oltre due secoli.[3] All'interno, il palazzo ospita saloni dipinti e decorati con stucchi.[5] Note
Bibliografia
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