Palazzo Carli Benedetti
Palazzo Carli Benedetti, in precedenza noto come Palazzo Carli (da non confondere con l'omonimo palazzo di piazza Vincenzo Rivera),[1][2] è un palazzo storico dell'Aquila, attribuito a Silvestro dell'Aquila.[3] Nel 1902 è stato inserito nell'elenco dei monumenti nazionali italiani.[4] StoriaL'edificazione del palazzo — probabilmente fondato su preesistenze due-trecentesche, come testimoniato dalle discontinuità strutturali e formali del piano seminterrato con quello superiore — si fa risalire alla seconda metà del XV secolo,[1] per volere di Giacomo Carli.[3] I documenti storici riportano la data del 1494 come quella di ultimazione dei lavori.[5] Per la raffinatezza dei dettagli, l'edificio viene attribuito all'architetto e scultore Silvestro dell'Aquila, il cui rapporto con la famiglia Carli è testimoniato da due documenti datati al 1502 e 1508.[1] Nel 1642 una porzione del palazzo fu acquistato dalle celestine dell'adiacente monastero di Santa Maria dei Raccomandati, edificato nel XIV secolo, mentre i Carli si trasferirono in un nuovo palazzo su via Roma;[1] nel 1702 fu ceduta anche la restante porzione.[1] L'anno seguente, l'edificio subì gravi danni dal terremoto dell'Aquila del 1703, e successivamente venne restaurato e consolidato per volere dell'abate Ludovico Quatrari che vi collocherà il suo stemma.[1] Nel 1750 il palazzo fu suddiviso in quattro appartamenti.[1] Dal XIX secolo passò nelle mani della famiglia Benedetti che vi appose il suo nome.[3] Alla metà del XX secolo l'edificio fu quindi restaurato dalla Soprintendenza e, dal 1969 al 1989, vi ebbe sede l'Accademia di belle arti dell'Aquila.[6] Il palazzo ha subito nuovi e gravi dal terremoto dell'Aquila del 2009, venendo successivamente restaurato e riaperto al pubblico nel 2016.[3] DescrizionePalazzo Carli Benedetti è situato nel cuore del quarto di Santa Maria, alle spalle della chiesa di Santa Maria Paganica, tra via Accursio e via Giuseppe Mazzini. L'angolo tra le due facciate è caratterizzato da un massiccio cantonale in pietra.[2] Costituisce un unico aggregato con l'adiacente monastero di Santa Maria dei Raccomandati, risalente al 1373.[1] L'unione tra le due strutture, completatasi nel 1702, ha portato alla chiusura di una via interna sulla direttrice est-ovest, probabile prosecuzione di via Collepietro fino a corso Vittorio Emanuele.[1] L'edificio, di stampo rinascimentale ed attribuito a Silvestro dell'Aquila, è costituito da una struttura pressoché scatolare ma di indubbia complessità, dovuta al susseguirsi di varie fasi costruttive nel corso dei secoli.[1] Si sviluppa su tre livelli, di cui uno parzialmente interrato a causa del notevole dislivello tra la facciata orientale e quella occidentale.[1] Le bucature sono di due ordini: uno di finestre quadrotte con cornice ed uno di finestre rinascimentali su cornice marcapiano.[2] L'ingresso principale è collocato su via Accursio, frontale alla casa natale di Buccio di Ranallo e alla parte absidale di Santa Maria Paganica; da qui si accede ad un androne con doppia volta a crociera che immette nella corte.[1] La corte rappresenta l'elemento più caratteristico dell'edificio.[2] Di forma quadrata, con pozzo al centro, è circondata per tre lati da un raffinato porticato quattrocentesco con archi a tutto sesto e loggia sovrastante, chiusa in seguito al terremoto dell'Aquila del 1703;[1] il quarto lato, privo di portico, presenta un elegante portale con lo stemma della famiglia Carli, che costituisce l'accesso allo scalone principale.[1] Un portale secondario, sulla sinistra, reca invece lo stemma di Ludovico Quatrari, l'abate della basilica di Santa Maria di Collemaggio che restaurò il palazzo dopo il sisma del 1703.[1] All'interno, numerosi elementi di pregio tra cui un solaio ligneo con dipinti databili al XV secolo.[1] Note
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