Opinioni religiose di Samuel JohnsonLe opinioni religiose di Samuel Johnson sono formulate sia nei suoi scritti moralistici che nei sermoni. Scritti moralisticiJohnson si considerò un moralista durante l'arco di tempo dal 1748 al 1760. Sebbene le opere scritte da Johnson in questo periodo fossero di vario genere: poesia, saggi ed un romanzo breve, tutte queste opere sono collegate da un comune intento e sono in relazione fra di loro. Queste opere non possono essere scollegate senza che vengano trascurate le principali idee e argomentazioni di Johnson.[1] Gli scritti Johnsoniani di morale non contengono, come David Greene rileva, "uno schema predeterminato e prescrittivo di 'buon comportamento'", anche se Johnson mette in evidenza alcuni tipi di comportamento.[2] Per essere morale, secondo il punto di vista di Johnson, un individuo deve sempre essere consapevole di sé ed essere auto-critico.[2] Johnson era anche religioso e professava l'Anglicanesimo. Tuttavia, egli non consentì mai che la propria fede fosse per lui un pregiudizio nei confronti degli altri e portò rispetto verso quelli di altre confessioni purché dimostrassero rispetto verso gli insegnamenti di Gesù Cristo. Anche quando parlò di John Milton, del quale non apprezzava le idee politiche, Johnson non criticò mai le sue credenze religiose. Johnson difese Thomas Browne dicendo, nella sua Life of Browne:[3]
L'unica volta che egli attaccò le altre religioni o i seguaci di altre religioni fu quando si accorse che tradivano gli insegnamenti di Cristo.[4] Questo non vuol dire che Johnson fosse passivo nelle sue credenze religiose; al contrario, era un evangelico del XVIII secolo, che, secondo la sua definizione nel Dizionario, significa "Ben disposto verso il Vangelo; in accordo con la legge Cristiana contenuta nei santi Vangeli".[5] The Vanity of Human WishesLa Vanità degli Umani Desideri può essere considerata quasi un prologo al curriculum operarum di Johnson quale moralista.[1] The RamblerIl vagabondo, un periodico pubblicato da Johnson dal 1750 al 1752, in cui erano oggetto di discussione argomenti di morale, politica e religione. The IdlerIl pigro, è un'opera che raccoglie un centinaio di saggi che Johnson pubblicò fra il 1758 e il 1760 sul settimanale Universal Chronicle. The History of RasselasLa storia di Rasselas è un romanzo breve che può essere considerato come un epilogo delle considerazioni d'ordine etico da parte di Johnson.[1] SermoniI sermoni di Johnson, secondo David Greene, rappresentano "benché trascurati, un'importante e gratificante parte dei suoi scritti».[6] Sono concisi e ben ordinati nell'esposizione, perché Johnson non approvava la retorica strappa lacrime tipica dei predicatori del XVII secolo.[7] La religione e l'etica cristiana sono alla base di questi sermoni che trattano con particolare enfasi il matrimonio, il pentimento, l'indurimento del cuore, la carità, l'orgoglio, la saggezza e la compassione. A volte Johnson ha trattato temi teologici, come la natura di Dio oppure temi politici, come il ruolo della morale nell'amministrazione della cosa pubblica.[8] ConsiderazioniJohnson era un razionalista e riteneva che il pensiero razionale fosse di vitale importanza per la morale. Sulla povertàNella sua recensione dell'opera A Free Enquiry into the Nature and Origin of Evil di Soame Jenyns e dell'argomento da questi sostenuto che non si dovrebbero istruire quelli "nati in povertà" in modo che essi possano godere dell'"oppio dell'ignoranza", Johnson scrisse, "Lasciare che una irreversibile povertà si accumuli di generazione in generazione sol perché l'antenato era povero, è cosa di per sé crudele se non ingiusta".[9] Sulla folliaAll'affermazione di Jenyns secondo la quale la follia era da considerare un modo in cui Dio faceva sì che i poveri si accontentassero della loro condizione, Johnson rispose:
Sull'istruzioneJohnson risponde all'argomento decisivo di Jenyns, secondo cui il fine giustifica i mezzi quando si treatta di mantenere nell'ignoranza i poveri, dicendo:
Sulla schiavitùBenché Johnson ritenesse che "Ogni cambiamento è di per sé un male, che dovrebbe essere evitato salvo che in presenza di un evidente vantaggio",[11] tuttavia non poté accettare questa convinzione quando trattò il tema della schiavitù. A Oxford, secondo Boswell, Johnson fece un brindisi dicendo, "Alla prossima insurrezione dei Negri delle Indie Occidentali".[12] NoteBibliografia
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