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Questo intervento di Pio IX assunse una notevole importanza, dal momento che il Pontefice dichiarava la neutralità dello Stato pontificio poiché il Papa non poteva dichiarare guerra ad uno Stato cattolico quale l'Austria. AntefattiIl 16 giugno 1846 Pio IX era stato eletto Papa, succedendo a Gregorio XVI. Il 16 luglio successivo, prese il suo primo provvedimento concedendo l'amnistia per i reati politici.[2] Questa azione gli conferì un'immediata popolarità. Dato anche il fatto che la popolazione riconosceva come liberali i prelati anche solo aperti a queste tematiche, Pio IX ottenne la fama di «papa liberale».[3] Nei primi anni di pontificato Pio IX governò lo Stato Pontificio con una progressiva apertura alle richieste liberali della popolazione. Fu l'epoca delle grandi riforme dello Stato Pontificio: la promulgazione dello Statuto e la successiva apertura delle due Camere (maggio 1848), la libertà agli ebrei, la libertà di circolazione dei giornali (15 marzo 1847), unita a una moderazione della censura preventiva[4] Tali provvedimenti del Papa sembrarono coerenti con l'ideologia neoguelfa, formulata teoricamente da Vincenzo Gioberti, nella sua opera Del primato morale e civile degli italiani del 1843. Il neoguelfismo aveva come programma la realizzazione dell'unità italiana sulla base di una confederazione di stati, ciascuno governato dal proprio principe, sotto la presidenza del papa[5]. Erano presenti, inoltre, propositi di riforma della Chiesa in senso liberale e democratico, federalismo e la valorizzazione delle autonomie. Alla fine del mese di marzo 1848, in occasione delle Cinque giornate di Milano, giunsero al pontefice forti pressioni per seguire l'esempio del Granduca di Toscana e del Re di Napoli, che avevano inviato proprie truppe al fronte. Pio IX permise soltanto la costituzione di un esercito di volontari, con la sola missione di proteggere i confini dello Stato con il Regno Lombardo-Veneto (Impero austriaco). Furono formati due corpi: uno, di soldati regolari, comandato dal generale Giovanni Durando (1804-1869) fratello del generale Giacomo Durando, l'altro di volontari, comandato dal generale Andrea Ferrari. Lo Stato Pontificio si trovò di fatto impegnato in una guerra contro l'Austria, potenza cattolica, per l'indipendenza italiana. In Austria l'atteggiamento del papa aveva fatto nascere molte critiche ed anche una minaccia di scisma. Il 17 aprile fu convocata una commissione di cardinali per discutere della situazione. La commissione persuase il Papa a ritirare il proprio appoggio alla coalizione.[6] Contenuti del discorsoIl Papa entra subito in argomento deplorando il fatto che le sue recenti decisioni siano state interpretate come una dissociazione dal pensiero dei suoi predecessori o, peggio ancora, dalla dottrina della Chiesa. Rifiuta inoltre l'interpretazione diffusasi nei "Paesi Germanici dell'Impero Austriaco" che "il Sommo Pontefice, per mezzo di esploratori mandati colà e per mezzo di altre arti, abbia eccitato i Popoli d’Italia a promuovere nuovi mutamenti nelle pubbliche cose".[7] Onde peraltro evitare che i suoi atti vengano mal compresi e inducano i fedeli austriaci ad abbandonare la Chiesa, Pio IX ritiene di doverne spiegare chiaramente ed apertamente la ragione. Il Papa prosegue quindi difendendo la bontà dei provvedimenti adottati: «Non v’è chi ignori che alcune di queste cose furono fatte da Gregorio XVI Nostro Predecessore, e che altre erano state promesse negli Editti del 1831 pubblicati per ordine suo. Però questi benefici del Nostro Predecessore non sembrava che rispondessero pienamente ai voti dei Principi, né che bastassero per ottenere la pubblica utilità e la tranquillità in tutto lo Stato temporale della Santa Sede. Pertanto Noi, appena che per imperscrutabile giudizio di Dio succedemmo in luogo di Lui, non eccitati né dall’esortazione né dai consigli di alcuno, ma mossi dalla Nostra carità singolare verso il popolo suddito della Santa Chiesa, concedemmo un più largo perdono a coloro che avevano mancato alla fedeltà dovuta al Pontificio Governo; e poi Ci studiammo di dare alcune istituzioni che avevamo giudicato giovevoli alla prosperità del medesimo Popolo. Tutto quello che nel principio del Nostro Pontificato Noi facemmo è del tutto conforme alle cose che avevano desiderato i Principi d’Europa. Dopo che con l’aiuto di Dio i Nostri consigli furono realizzati, sia i Nostri, sia i Popoli circonvicini mostrarono di andarne così lieti, e Ci diedero tali testimonianze di pubblica esultanza e di riverenze che dovemmo sforzarci onde anche in questa Nostra alma Città i popolari clamori, gli applausi, e le riunioni che con troppo impeto si manifestavano, fossero richiamati alla regola del dovere.[7]» Il pontefice sostiene quindi che l'invio delle truppe era stato determinato dalla volontà di difendere lo stato pontificio, non di recare offesa all'Impero austriaco o ai popoli germanici in generale. Di conseguenza, ribadisce la missione ecumenica della Chiesa rivolta con uguale attenzione a tutti i popoli: «Noi però ai Nostri Militi mandati ai confini dello Stato non volemmo che fosse ordinato altro che di difendere l’integrità e la sicurezza dei domini Pontifici. Ma siccome ora alcuni desidererebbero che Noi unitamente agli altri Popoli e Principi d’Italia entrassimo in guerra contro i Germanici, abbiamo ritenuto Nostro dovere dichiarare chiaramente e palesemente in questo solenne Nostro Convegno che ciò è del tutto contrario alle Nostre intenzioni, in quanto Noi, benché indegni, facciamo in terra le veci di Colui che è Autore della pace e amatore della carità, e per dovere del Nostro Supremo Apostolato Noi con eguale paterno affetto amiamo ed abbracciamo tutti i popoli e tutte le nazioni.[7]» Pio IX prosegue respingendo con forza anche l'ideologia neoguelfa: «Qui poi, al cospetto di tutte le genti, non possiamo non rigettare i subdoli consigli, manifestati anche per mezzo dei giornali e dei libelli, di coloro che vorrebbero il Romano Pontefice Presidente di una certa nuova Repubblica da farsi, tutti insieme, dai popoli d’Italia. Anzi, in questa occasione, per la Nostra carità verso i popoli d’Italia li esortiamo caldamente e li ammoniamo a guardarsi da questi consigli astuti e perniciosi per la stessa Italia, e di stare fedeli ai loro Principi, dei quali hanno già sperimentata la benevolenza, e di non lasciarsi staccare dal debito ossequio verso di loro. Infatti operando altrimenti non solo mancherebbero al proprio dovere, ma incorrerebbero anche nel pericolo che l’Italia di giorno in giorno finisse divisa da discordie ed intestine fazioni. In quanto a Noi, però, di nuovo dichiariamo che il Romano Pontefice dirige ogni suo pensiero, ogni cura, ogni studio perché si accresca ogni giorno il regno di Cristo, che è la Chiesa; ma non perché si dilatino i confini del Civile Principato che Iddio volle dato a questa Santa Sede per la sua dignità e per difendere il libero esercizio del Supremo Apostolato. Errano dunque grandemente coloro i quali ritengono che il Nostro animo possa essere lusingato dall’ambizione di più largo temporale dominio, al punto che Noi Ci gettiamo in mezzo ai tumulti delle armi.[7]» Dopo aver deplorato "il funestissimo uso invalso in questi giorni di pubblicare ogni genere di stampe, con le quali o si fa orrida guerra alla religione e all’onestà dei costumi, o si promuovono le civili sommosse e s’infiammano discordie, o si prendono di mira i beni della Chiesa, si combattono i più sacri diritti di Essa, o gli uomini più onesti si lacerano con le calunnie",[7] il Papa conclude porgendo "continue e fervide preghiere" a Dio.[7] ConseguenzeIl Papa dispose il ritiro delle truppe regolari comandate dal generale Giovanni Durando. Successivamente, il 15 settembre 1848, tentò di cercare un compromesso con le forze rivoluzionarie interne allo Stato Pontificio nominando Presidente del Consiglio Pellegrino Rossi, già ministro dell'interno e convinto fautore di un'unione doganale tra gli Stati italiani. Tuttavia, la mattina del 15 novembre 1848, giorno di riapertura del Parlamento, Rossi fu accoltellato sulle scale del Palazzo della Cancelleria.[8]. A seguito dell'assassinio del Rossi i rivoluzionari, guidati da Ciceruacchio, pretesero di dettare condizioni per la formazione del nuovo governo. Pio IX, non volendo scendere a patti con essi, ma avendo capito che un'azione repressiva avrebbe potuto innescare una guerra civile, decise di lasciare Roma. Il 24 novembre 1848 il pontefice partì nottetempo, vestito da semplice sacerdote, con destinazione Gaeta, nel territorio del Regno delle Due Sicilie. L'assassinio di Pellegrino Rossi e la "fuga" del Papa fu l'inizio della serie di eventi che portarono alla proclamazione della Repubblica Romana. Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
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