Nobiltà pontificiaLa nobiltà pontificia (o nobiltà papale) è l'aristocrazia della Santa Sede. Alcuni titoli pontifici, oltre a singole onorificenze, sono stati concessi nel corso dei secoli dallo Stato Pontificio con a capo il papa in quanto sovrano dello Stato della Chiesa. Tra questi figuravano patrizi, principi, duchi, marchesi, conti, visconti e baroni che spesso erano al servizio della corte pontificia o dello stato. La nobiltà pontificia venne riformata con la lettera apostolica Pontificalis Domus del 1968 che riorganizzò l'intera corte pontificia, e i titoli continuarono ad essere ritenuti validi in quanto la Città del Vaticano è uno stato sovrano. La pari dignità ai titoli concessi dal Regno d'Italia venne garantita dai Patti Lateranensi del 1929, ma quand'anche la monarchia cadde in Italia, la Città del Vaticano continuò a ritenere validi i propri, che vennero riconosciuti come parte del predicato nella giurisdizione repubblicana italiana. Dalla nobiltà pontificia si distinguono le famiglie baronali romane, che appartengono all'aristocrazia della città di Roma ma non sono di nomina pontificia. StoriaLo Stato della Chiesa costituiva la giurisdizione temporale del potere dei papi e pertanto disponeva di una propria aristocrazia, spesso alleata e imparentata con la nobiltà di altri stati italiani. Durante questo periodo, in tutta Italia, varie famiglie influenti raggiungevano attraverso loro membri il soglio pontificio, motivo per cui poi venivano nobilitate dallo stesso papa in carica. Questa aristocrazia era solita utilizzare l'istituto del matrimonio per fortificare la propria posizione rispetto al soglio pontificio, con altre famiglie papali (che avevano avuto almeno un pontefice tra le proprie file), oppure cercare alleanze potenti all'esterno che potessero garantire loro di mantenere il loro potere e la loro influenza presso la sede di Pietro. Come accadeva in altre società aristocratiche, con la propria influenza presso il papa e col denaro, queste famiglie erano in grado di acquistare borghi, città o gruppi di terre per poi ottenere l'elevazione nobiliare da parte del pontefice, in particolare tra XVI e XVII secolo. Ricorda a tal proposito lo storico e studioso tedesco Leopold von Ranke: «Durante il pontificato di Innocenzo X, vi erano ed esistevano da parecchio tempo due grandi fazioni, o associazioni di famiglie. Da una parte vi erano gli Orsini, i Cesarini, i Borghese, gli Aldobrandini, i Ludovisi, i Giustiniani ed i Pamphili; a loro opposti stavano i Colonna ed i Barberini.» I papi erano soliti elevare alcuni membri delle principali famiglie della nobiltà pontificia alla posizione di cardinale, in particolare se si trattava di figli ultrogeniti (secondogeniti o terzogeniti), che quindi non avevano in prospettiva l'ereditare i titoli paterni. I papi stessi elevarono a tale posizione membri delle loro stesse famiglie di provenienza, in particolare i propri nipoti andando a creare quello che divenne il vero e proprio istituto del cardinal nipote. Le famiglie più ricche dell'aristocrazia pontificia potevano acquistare degli uffici di curia, nella speranza di poter ottenere degli episcopati o dei cardinalati e quindi acquisire sempre maggior influenza o autorità, sia sul papa, sia su altri membri della nobiltà papale.[1] Molte famiglie, in particolare tra Cinquecento e Seicento, beneficiarono di questa politica come ad esempio i Barberini ed i Pamphili, in particolare per l'essere imparentati coi pontefici. Famiglie che in precedenza traevano la loro ricchezza dal lavoro o dalle avventure mercantili, si ritrovarono in un paio di generazioni elevate tra i ranghi della nobiltà romana quando un parente veniva eletto al soglio pontificio.[1] Parallelamente queste stesse famiglie iniziarono a costruire sontuosi palazzi, in particolare a Roma, ove tenere proprie piccole "corti", oltre a patrocinare la costruzione o la protezione di chiese e cappelle, pratica che divenne diffusissima e che rappresentava il miglior modo per ostentare non solo la propria ricchezza, ma anche la propria fedeltà al papato. L'occupazione napoleonica di Roma portò all'abolizione temporanea dei titoli nobiliari, ma quando papa Pio VII riebbe dal Congresso di Vienna la piena sovranità dei propri stati, decise come prima cosa con motu proprio del 6 luglio 1816 ("Quando per ammirabile disposizione") di abolire la feudalità negli stati pontifici, tramutando tutti i titoli concessi dal papato ed ancora in essere come onorifici e quindi slegati dal possesso diretto della terra. Un passo importante che pose fine alla secolare dualità tra la nobiltà pontificia e le famiglie baronali romane, fu il chirografo voluto da Pio IX il 2 maggio 1853. Con tale documento il patriziato civico della città di Roma venne equiparato alla nobiltà creata dal Papa e venne redatto nel 1854 un elenco completo delle famiglie principesche romane così da includerle nel Libro d'oro della nobiltà capitolina istituita dalla costituzione Urbem Romam di Benedetto XIV del 1746. Sia i nobili civici che l'aristocrazia pontificia ottennero quindi il titolo di "patrizio romano". Dopo l'annessione dello Stato Pontificio al regno d'Italia e la presa di Roma nel 1870, il papa rimase "prigioniero in Vaticano", sostenuto dalla "nobiltà nera", ovvero da quelle famiglie che rimasero fedeli al papato anziché alla monarchia italiana, rifiutandosi di collaborare col nuovo stato. I Patti Lateranensi posero fine alla disputa tra la nobiltà papale e la nobiltà italiana, ponendole a pari merito sino al 1946 quando la costituzione repubblicana italiana non riconoscendo i titoli nobiliari, tolse loro rilevanza giuridica in Italia. Papa Paolo VI nell'ambito della riforma della curia romana, stabilì nel 1968 che la nobiltà pontificia non sarebbe più stata un corpo costituente della corte papale e pertanto la pratica di conferire titoli nobiliari andò scomparendo. Papa Giovanni Paolo II concesse titoli nobiliari a compatrioti polacchi all'inizio del suo pontificato, ma senza che questi venissero pubblicati sugli Acta Apostolicae Sedis. I papi continuarono a concedere onorificenze regolarmente, anche se esse non conferiscono più nobilitazione come in passato.[2] Concessione di titoli all'esteroLa particolare natura dello Stato della Chiesa, potenza temporale e spirituale nel contempo, consentì ai diversi pontefici di concedere titoli onorifici anche all'estero, presso quelle potenze cattoliche che riconoscevano poi l'uso dei titoli concessi dal pontefice anche sul loro territorio. Una minima parte venne concessa anche a famiglie cattoliche residenti in stati protestanti o musulmani, oppure a personalità convertitesi al cattolicesimo. I titoli potevano essere concessi per particolari servizi militari resi alla Santa Sede, per il sostegno dato a opere di beneficenza o scuole cattoliche, per la difesa di particolari idee religiose, per la difesa della dottrina sociale della Chiesa, per la lotta politica a favore della difesa dei diritti della Chiesa, per la difesa di particolari congregazioni religiose oppure per generici servizi di natura eccezionale concessi a favore della Santa Sede o del pontefice stesso.
Alcune personalità titolateQuello di conte era uno dei titoli più diffusi tra la nobiltà pontificia. Il titolo comitale, concesso a livello personale o ereditario, era già in uso presso la nobiltà pontificia nel medioevo e continuò ad essere regolarmente concesso sino al 1870. Il titolo era utilizzato come segno di alta distinzione e riservato come tale unicamente ai cattolici anche se non italiani come ad esempio il tenore irlandese John McCormack, il finanziere americano George MacDonald, il filantropo americano Katherine E. Price, e Rose Kennedy (madre del presidente John F. Kennedy). L'americano Francis Augustus MacNutt venne elevato al titolo di marchese, mentre l'argentina Mercedes Castellanos de Anchorena fu marchesa, mentre negli anni '20 Genevieve e Nicholas Frederic Brady di New York ottennero il titolo di duchi. I conti del Sacro Palazzo del LateranoIl titolo di "conte del Sacro Palazzo del Laterano" è un onore che viene garantito ex officio e ad vitam a quanti sono stati creati Ciambellani Papali (oggi Gentiluomini di Sua Santità e ai Parafrenieri Pontifici) e sono pertanto membri della corte pontificia. Il titolo venne concesso in automatico anche a tutti i membri del capitolo spagnolo dell'Ordine del Santo Sepolcro con una tradizione che risaliva al periodo della Reconquista, dove l'ordine ebbe un ruolo importante.[3] Famiglie principesche romaneLe famiglie principesche romane erano della nobiltà pontificia le casate più influenti ed erano costituito da un numero circoscritto di famiglie romane che ebbero per caratteristica quella di detenere come ereditario un titolo principesco sovrano dai sovrani pontefici e sono inquadrabili nella disciplina dettata da apposite "massime" della consulta araldica del Regno d'Italia:
I capi delle famiglie principesche e ducali romane, individuate dalla Congregazione araldica capitolina il 17 gennaio 1854 e iscritte fra i nobili e patrizi romani in ottemperanza alla volontà sovrana espressa nel chirografo del 2 maggio 1853, sono i seguenti:
A queste famiglie la consulta araldica del Regno aggiunse poi gli Sforza Cesarini (successivamente Cesarini), i Giustiniani Bandini e i Lancellotti (già Massimo). Fra le sopra elencate famiglie la Congregazione Araldica Capitolina individuò quelle che ebbero nel loro seno uno o più pontefici e che quindi "in qualche modo parteciparono della sovranità", iscrivendole fra i "coscritti": Aldobrandini, Della Rovere, Borghese, Altieri, Barberini, Boncompagni Ludovisi, Caetani, Chigi, Colonna di Paliano, Colonna di Sciarra, Corsini, Doria Pamphili, Ludovisi Boncompagni, Odescalchi, Orsini, Ottoboni, Rospigliosi. A queste ultime famiglie spetta nello stemma l'ornamentazione della "basilica", cioè il gonfalone della Camera apostolica accollato alle chiavi pontificie. In conformità alle consuetudini vigenti negli Stati della Chiesa, sono comprese a pieno titolo, negli elenchi sopra riportati, sia le famiglie "originarie" che le famiglie "surrogate", con surrogazione "piena" o "mista" (per esempio i Doria Pamphili, essendo papale la Pamphili) indifferentemente. Per quanto concerne la corona, secondo Fabrizio Barbolani di Montauto[4] i principi romani usano sormontare il tocco rosso con due archi contornati da perle sostenenti un piccolo globo cimato da una crocetta il tutto d'oro, con il cerchio d'oro gemmato, mentre per Carlo Mistruzzi di Frisinga[5] i principi romani adottarono "il cerchio con il risvolto di ermellino come quello dei principi del Sacro Romano Impero, dato che il papa è depositario della dignità del S.R.I.". Per antica tradizione, sono assimilati ai principi romani, nel rango e nel trattamento, i marchesi romani detti "di baldacchino", che secondo Carlo Cardelli[6], sono le famiglie Theodoli, Patrizi Naro Montoro, Costaguti ora Afan de Rivera Costaguti, Serlupi Crescenzi, Sacchetti e i conti Soderini oltre ai capi delle famiglie che diedero un Pontefice. Secondo monsignor Karel Kasteel[7] generalmente i principi creati dalle due principali fonti d'onore non sono dello stesso rango: i principi romani ovunque avevano la precedenza sui principi del Sacro Romano Impero. Perciò la nomina principesca imperiale, concessa ad alcuni principi romani, non aumentava la loro dignità e in alcuni casi il titolo non è stato usato. Le famiglie ducali e quelle dei marchesi di baldacchino erano considerate quasi appartenenti alla stessa categoria e tutti i componenti godevano del trattamento di don e donna. I capi delle famiglie che diedero un Pontefice e le loro legittime consorti godono del trattamento di "eccellenza" e il titolo di Principe, dato anche ai capi delle famiglie principesche romane. Indipendentemente dai loro titoli, i capi delle famiglie papali sono stati tradizionalmente considerati - prosegue Kasteel, come "pari" dalle "famiglie sovrane", essendo questa cortesia dovuta al fatto che il sovrano pontefice è riconosciuto come pater principum et regum dai monarchi cristiani e come rappresentante della prima e più antica monarchia cristiana. CaratteristicheLa maggior parte dei titoli nobiliari papali sono a vita; cioè si estingue alla morte del beneficiario. Esistono però anche titoli ereditari, che hanno una successione conforme alla legge pontificia e la Santa Sede si riserva il diritto di valutare gli eredi.[8] Patriziato romano
Ducati pontifici[11]
Marchesati pontifici[12]
Viscontee pontificiBaronie pontifici
Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
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