Maestro di BeffiIl Maestro di Beffi o Maestro del trittico di Beffi (XIV secolo – XV secolo) è stato un pittore, miniatore e scultore italiano, attivo in Abruzzo tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo. Il nome deriva dalla sua opera principale, il tardo-gotico trittico di Beffi, conservato presso il Museo nazionale d'Abruzzo all'Aquila.[A 1] Biografia![]() Le notizie biografiche sul Maestro di Beffi sono scarne e oggetto di studio. Secondo la storiografia classica, l'artista non fu originario dell'Abruzzo,[1] dove tuttavia operò principalmente, sintetizzando così, in una terra di frontiera, la pittura napoletana e l'arte senese di fine Trecento.[2] Cesare Brandi ne ipotizza un'origine senese e lo definisce «pittore rusticano», influenzato dall'attività di altri due artisti considerati a lui collegati come Taddeo di Bartolo e Martino di Bartolomeo.[2] Ferdinando Bologna ne evidenzia il gusto insieme fiorentino e valenzano, simile a quello di Gherardo Starnina.[1] Più recentemente, grazie agli studi di Cristiana Pasqualetti, è stata ipotizzata una formazione emiliano-adriatica ed una sovrapposizione con la figura misteriosa del «magister Leonardus de Teramo pictor» (Leonardo da Teramo), pittore d'origine sabina, formatosi nel teramano e poi stabilitosi a Sulmona dal 1385 (ne divenne civis dal 1394);[3][4] l'ipotesi dimostrerebbe un passaggio dell'artista a Guardiagrele — testimoniata dalle affinità formali tra l'attività di miniatore del Maestro di Beffi[A 2] e quella di orafo di Nicola da Guardiagrele, che viene indicato come suo allievo a Sulmona[4] — ed infine un trasferimento all'Aquila dove sono le sue opere maggiori e dove, stante gli scritti di Anton Ludovico Antinori, è documentata l'iscrizione «Leonardus de Teramo habitator Sulmone» su un altare dipinto per la chiesa di Sant'Antonio fuori le mura.[3][4] Il Maestro di Beffi ebbe probabilmente bottega a Sulmona dove si formarono, tra gli altri, il Maestro della Cappella Caldora e Giovanni da Sulmona.[3][4] I primi lavori sono datati al 1390-1395 mentre la sua maturazione artistica è relativa all'inizio del XIV secolo.[3] La prima opera a lui collegata è l'Albero delle sette parole realizzato per la chiesa di Santa Maria Paganica all'Aquila.[3] Poco successiva è la decorazione del Missale plenum (detto anche Codice Orsini o, più frequentemente, Messale Orsini) per la chiesa di San Francesco a Guardiagrele.[3] Tra le sue opere principali vi è il ciclo di affreschi per la chiesa di San Silvestro all'Aquila, di cui oggi rimangono alcuni pregevoli resti nell'abside maggiore della chiesa.[5] È il più antico e il più importante dei cicli pittorici del gotico abruzzese ed è datato tra il 1390 ed il 1420, venendo considerato concluso intorno al 1412.[2] All'opera collaborò anche il già citato Giovanni da Sulmona.[6] D'incerta datazione — collocato, dalla Pasqualetti, cronologicamente dopo il ciclo di San Silvestro, tra il 1410 e il 1416 — è invece il suo capolavoro, il Trittico di Beffi realizzato per la collegiata di Santa Maria del Ponte, vicino Beffi.[3] Si tratta di un'opera di grande raffinatezza ed altissima qualità,[4] impreziosita dal massiccio uso di oro zecchino e pigmenti naturali.[3] Il trittico è suddiviso in tre scene: la Madonna con Bambino in trono e due angeli reggicortina al centro, la Natività con l'Annunciazione e l'Adorazione dei pastori a sinistra e la Dormitio Virginis con l'Incoronazione a destra.[3] Fino al 1915 il trittico era posto sopra l'altare maggiore della chiesa, da cui fu spostato in seguito al terremoto della Marsica; si trova oggi al Museo nazionale d'Abruzzo all'Aquila. A questa fase artistica fanno parte anche la cuspide triangolare del Dio Padre e due sculture lignee raffiguranti Sant'Andrea Apostolo e Sant'Antonio Abate, quest'ultime esposte al Museo civico di Sulmona.[3] L'ultima opera a lui attribuita è il pregevole dittico di Sant'Onofrio e Santa Maria Maddalena per la Badia Morronese, forse facente parte di un trittico dedicato a San Pietro Celestino di cui è scomparsa la parte centrale.[3] Opere
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