La costruzione di insediamenti israeliani è considerata illegale dalla comunità internazionale.[1] La politica dei diversi governi israeliani nei confronti di questi insediamenti ha oscillato dalla promozione attiva allo sgombero con la forza. La loro perdurante esistenza e status giuridico, fin dagli anni 1970, è uno dei problemi più dibattuti e, di fatto, ostacolo a un concreto superamento del conflitto israelo-palestinese dagli anni 1940 del XX secolo.
Storia
La definizione abbraccia talora comunità nel territorio conquistato nel 1967 da Israele, che da quel momento in poi è passato sotto l'autorità del codice civile israeliano, della sua amministrazione e della sua giurisdizione. Ciò riguarda:
Le alture del Golan, in cui il governo militare è stato revocato nel 1981 e che sono soggette all'autorità del codice civile israeliano, alla sua amministrazione e alla sua giurisdizione in forza della legge sulle alture del Golan (Golan Heights Law).
Ulteriori diciotto insediamenti erano presenti nella penisola del Sinai, ventuno nella Striscia di Gaza e quattro nella cosiddetta Samaria settentrionale (regione della Cisgiordania). Quelli del Sinai furono poi fatti evacuare dalle autorità di governo israeliane nel 1982, quelli della Striscia nel 2005.
Terminologia
In ebraico, il termine impiegato per indicare gli insediamenti creati al di là della cosiddetta "Linea Verde" da Israele è hitnakhluyot (ebraico: התנחלויות; singolare התנחלות/hitnakhlut, hitnakhalut). Questo termine evoca i comandi biblici e le promesse di "ereditare" la Terra promessa tramite insediamenti umani, e fu introdotto allorché il partito del Likud giunse al potere, sostituendo il più neutro termine hityashvut fino ad allora impiegato. Allo stesso modo, le espressioni "Territori occupati palestinesi" e "West Bank" (Cisgiordania), in cui sorsero i primi insediamenti, furono proibite nelle notizie di tipo giornalistico.[4]Hitnakhluyot è molto usato dai media e in pubblico, sebbene molti pensino che esso abbia acquisito negli anni più recenti un'accezione semantica negativa. I coloni degli insediamenti sono chiamati mitnakhalim (ebraico: מתנחלים; singolare - מתנחל/mitnakhel). Questi ultimi, e chi simpatizza per loro, come pure la maggior parte dei riferimenti ufficiali israeliani, usano il termine yishuvim (יישובים; singolare - יישוב/yishuv) per gli insediamenti e mityashvim (מתיישבים; singolare - מתיישב/mityashev) per indicare i coloni. Tali termini si riferiscono anche agli insediamenti sorti all'interno dei confini israeliani precedenti al 1967. Inoltre, il termine "colono" è spesso associato all'originario movimento sionista religioso e altre popolazioni insediatesi in comunità sul territorio israeliano, quali gli Haredi, residenti di Betar Illit e Modi'in Illit, non associano se stessi a tale termine.[5]
In arabo, gli insediamenti sono chiamati mustawṭanāt (arabo: مستوطنات), e i coloni sono chiamati mustawṭinīn (مستوطنين). Mustaʿmarāt (مستعمرات) è un altro termine usato fra i palestinesi,[6] traducibile alla lettera con colonie; dal punto di vista palestinese, molti coloni sono stranieri, estranei alla Palestina.
In più, l'art. 8.2,b,VIII dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale (Israele non ha ratificato lo Statuto) definisce «il trasferimento, diretto o indiretto, da parte di una potenza occupante, di una parte della propria popolazione civile, sul territorio da essa occupato» come un crimine di guerra.
^Ian Lustick, 'The Riddle of Nationalism: The Dialectic of Religion and Nationalism in the Middle East', Logos Vol. 1, No-3, Summer 2002 pp. 18-44, a pp. 38-9.