Gli Inni (in greco antico: Ὕμνοι?) sono un'opera del poeta greco di età ellenistica Callimaco di Cirene.
Contenuto
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Inno
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Versi
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Metro
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Dialetto
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Contenuto
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Traduzione[1]
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1
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A Zeus
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96
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Esametro
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Ionico
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Il poeta intende cantare la nascita di Zeus, dicendosi in dubbio su quale tradizione scegliere, se sia nato in Arcadia o a Creta. Alla fine propende per la prima opzione, affermando che solo in seguito la madre Rea lo trasferì sull'isola, ove fu allevato prima di spodestare il padre Crono e divenire re degli dèi sull'Olimpo. Ciò offre l'occasione al poeta di cantare il suo sovrano, prima di concludere.
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2
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Ad Apollo
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113
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L'inno si apre con l'epifania del dio, quindi con l'elencazione dei suoi poteri e attributi. Apollo si diletta in varie arti ed è protettore di molte città: il poeta si concentra in particolare sulla sua Cirene, fondata da coloni dori guidati da Batto, provenienti da Thera e prima ancora da Sparta. Nella conclusione Phthonos - l'Invidia personificata - sussurra all'orecchio di Apollo, ma è scacciato dal dio.
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3
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Ad Artemide
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268
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L'inno si apre con Artemide bambina assisa sulle ginocchia del padre Zeus, al quale chiede vari doni, cui Zeus assente. Segue la descrizione delle imprese della piccola dea, che si reca a raccogliere quanto concessole dal padre - il corteo di ninfe come compagne, l'arco e le frecce presso l'officina dei Ciclopi a Lipari, i cani da caccia presso Pan in Arcadia - per poi ascendere all'Olimpo. Infine il poeta elenca luoghi sacri ad Artemide, alcune sue compagne cacciatrici e altri miti a lei connessi.
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4
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A Delo
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326
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Il poeta si rivolge direttamente a Delo, l'isola ove Apollo e Artemide furono generati da Latona. L'inno si concentra soprattutto sulle peripezie di quest'ultima, cui nessuna città o isola offre ricetto per volere di Era coadiuvata da Ares (che sorveglia il continente) e Iris (che sorveglia le isole). Alla fine è l'isola errante di Asteria a concedere asilo a Latona, che può partorirvi: l'isola allora diventa fissa nel mare e prende il nome di Delo.
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5
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Per i lavacri di Pallade
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142
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Distico elegiaco
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Dorico
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L'inno pretende di essere legato a una specifica celebrazione religiosa, ossia i lavacri della statua di Pallade Atena che si tenevano ad Argo nel fiume Inaco. Il poeta esorta gli astanti a non levare lo sguardo, rievocando quanto accaduto al giovane Tiresia, che perse la vista, benché figlio di Cariclo compagna di Atena, per aver involontariamente visto la dea al bagno, venendo tuttavia compensato con il dono della preveggenza.
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6
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A Demetra
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138
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Esametro
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Anche l'ultimo inno pretende di essere legato a una celebrazione religiosa, stavolta per Demetra. Il componimento però si distingue sia dall'inno appena precedente (in quanto il contesto cultuale è lasciato nel vago), sia dall'inno a Demetra omerico: il poeta infatti preferisce narrare non l'origine dei misteri eleusini, ma il mito di Erisittone, principe di Tessaglia punito per la sua empietà - aveva infatti dato ordine di abbattere un bosco sacro a Demetra, senza farsi dissuadere neanche dalla dea travestita da sacerdotessa - con una fame inestinguibile.
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Analisi
L'inno è una delle più antiche forme di letteratura religiosa: tipicamente si articola in un'invocazione alla divinità, un'elencazione dei suoi attributi e una preghiera finale. Gli inni sono ben attestati nella letteratura greca arcaica: sia con i cosiddetti Inni omerici (tradizionalmente attribuiti a Omero fin dall'antichità e il cui nucleo originale pare in effetti molto antico) sia con varie composizioni dei lirici greci (come il celebre Inno ad Afrodite di Saffo). Callimaco poteva quindi basarsi una forma tradizionale, da lui però innovata secondo i dettami alla base della sua poetica.
In genere, gli inni ad Apollo, Pallade e Demetra sono detti "mimetici", in quanto il poeta vi imita un vero rito religioso, mentre questo non è il caso degli altri tre, a Zeus, Artemide e Delo. La maggior parte dei critici odierni ritiene che gli inni di Callimaco fossero comunque tutti creazioni letterarie da leggere come testi poetici, ma alcuni studiosi ne hanno collegato singoli elementi a vere pratiche cultuali.
Storia della tradizione
Il testo degli Inni è stato tramandato da una trentina di manoscritti. Oltre all'opera di Callimaco, essi tramandano anche gli Inni omerici, gli Inni orfici, gli Inni di Proclo e le Argonautiche orfiche. Non si sa con certezza quando sia stata assemblata questa silloge, anche se gli studiosi si dividono tra due opzioni: il V secolo, in cui visse e operò Proclo, e il XIII secolo, in cui si sarebbe formato l'archetipo comune a tutti i manoscritti.
Note
Bibliografia
- Traduzioni italiane
- Callimaco, Inni - Chioma di Berenice, con testo a fronte, trad. Valeria Gigante Lanzara, Collana I grandi libri n. 308, Garzanti, Milano, 1984, pp. LXXIX-134.
- Callimaco, Opere. Inni - Epigrammi - Ecale. Testo a fronte, 2 voll., trad., introduzione e note di G. B. D'Alessio, Collana Classici greci e latini, BUR, Milano, 1996-2007, ISBN 978-88-17-17071-0, pp. 789.
Voci correlate
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