Il becco giallo
Il becco giallo (sottotitolo: Dinamico di opinione pubblica) è stata una rivista satirica italiana, tra le più note negli anni venti.[1] StoriaIl settimanale venne fondato nel 1924 da Alberto Giannini, con caporedattore Eugenio Guarino.[2] L'editoriale del primo numero si schierava apertamente contro il fascismo:[1] «[...] appoggiamo [...] con tutte le nostre energie l'opposizione la quale, al regime fascista di dittatoriale violenza che ha invertito tutti i valori morali e col terrorismo ha asservito l'Italia ad una banda di predoni, resiste eroicamente sfidando ogni giorno le più brutali aggressioni e lotta per la libertà soppressa, per la millenaria giustizia italiana conculcata, per la riconquista delle guarentigie costituzionali, per ridare prestigio all'Italia nel mondo.» Nel 1926 il regime fascista costrinse Giannini a chiudere la rivista e ad emigrare in Francia.[3] Tra i collaboratori della rivista figuravano Adriano Tilgher, Corrado Alvaro, il generale Roberto Bencivenga, Raffaele Ferruzzi (futuro direttore del settimanale Cantachiaro), Giuseppe Russo (Girus), Egeo Carcavallo (tra i fondatori nel 1933 del giornale umoristico Il Settebello), Roger Chancel, Adolfo Bosellini, Tomaso Smith, Paolo Garretto (Gar), Paolo Giordani, Giuseppe De Falco, Eugenio Giovannetti, Gabriele Galantara, noto anche con lo pseudonimo di "Rata-Langa", Augusto Camerini, Alberto Cavaliere e Tullio Gramantieri, che dopo la chiusura della rivista passarono alla redazione del Marc'Aurelio.[4] Il 1º agosto 1927 apparve a Parigi la nuova serie clandestina della rivista, con condirettore Alberto Cianca, grazie alle sovvenzioni finanziarie raccolte negli ambienti della Concentrazione antifascista tramite l'intervento di Filippo Turati e dell'industriale italo-argentino Torquato Di Tella[5], e successivamente anche col contributo del movimento Giustizia e Libertà[6] Nell'ambito culturale, uno dei bersagli della satira del Becco giallo fu lo scrittore Luigi Pirandello, che per la sua devozione a Mussolini fu ribattezzato P.Randello.[7][8] Le pubblicazioni della rivista clandestina continuarono fino all'agosto del 1931 (77 numeri in tutto), quando il giornale chiuse per contrasti sorti fra Carlo Rosselli, che garantiva i finanziamenti, e Giannini, che dirigeva la rivista. Fu rifondato nel 1943 nella Palermo da poco liberata dagli alleati, riprendendo la numerazione della serie precedente. Chiuse definitivamente due anni dopo.[9] Galleria d'immagini
Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
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