Homo rudolfensis
Homo rudolfensis Alexeev, 1986 è un ominide estinto, vissuto circa due milioni di anni fa in Africa, in concomitanza con Homo habilis. Non ebbe una lunga esistenza e fu nettamente soppiantato dal suo rivale evolutivo. RitrovamentiI resti fossili furono ritrovati da Bernard Ngeneo del team di Richard Leakey e Meave Leakey nel 1972 a Koobi Fora sulle rive orientali del Lago Turkana in Kenya[1]. Il nome scientifico Homo rudolfensis fu proposto nel 1986 da Valeri Pavlovich Alekseyev[2] per il campione di riferimento Skull 1470 (KNM-ER 1470)[3] stimato avere un'età di 1,9 milioni di anni. CaratteristicheNel marzo 2007 un team diretto da T. Bromage, antropologo dell'Università di New York, ha ricostruito il cranio KNM-ER 1470. La nuova ricostruzione dava un aspetto da scimmia antropomorfa[4] e ne fu dedotta una capacità cranica di 526 cm³, diminuita rispetto alle precedenti stime di 752 cm³.[5] Nel 2008 tuttavia la capacità cranica fu riportata a 700 cm³[6] in base a principi biologici, non precedentemente considerati, che permettono di correlare tra loro gli occhi, le orecchie e la bocca dei mammiferi.[5] InterpretazioneMentre Homo habilis riusciva a fabbricare strumenti con una certa facilità ed era più propenso al miglioramento delle proprie caratteristiche, Homo rudolfensis non riuscì veramente ad adattarsi all'ambiente e sparì dalla scena in poche centinaia di migliaia di anni. I resti che permangono a disposizione degli studiosi sono davvero pochi, e ciò quindi non ci permette di capire chiaramente quale aspetto avesse e come si comportasse in società. Era comunque molto simile all'habilis per aspetto e comportamenti, al punto che fu considerato rientrare nella variabilità di questo e a questo unificato come specie; ma si ritiene che fu proprio H. habilis la causa principale della sua estinzione. La sua classificazione è emblematica dei problemi della paleoantropologia: classificato alla scoperta come specie a sé, è stato poi fatto rientrare nella variabilità di H. habilis, quindi riconsiderato specie a sé. Il dibattito non si ferma tuttavia qui: poiché secondo alcuni studiosi H. rudolfensis e H. habilis potrebbero rientrare nella variabilità del genere Australophitecus, e d'altra parte il cranio del primo presenta molte affinità con il precedente Kenyanthropus platyops, l'attribuzione di H. rudolfensis sarebbe ancora da definire tra ben 3 generi: Australophitecus, Homo e Kenyanthropus.[7] Note
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