Giuseppe Mendozza
Giuseppe Mendozza (Caracas, 9 luglio 1916 – Campagna italiana di Russia, 26 gennaio 1943) è stato un militare italiano insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale. BiografiaNacque a Caracas, Venezuela, il 9 luglio 1916, figlio di Giuseppe e Delia Leonelli.[2] Trascorso l'infanzia in Venezuela, successivamente si trasferì in Italia dove frequentò a Genova il Liceo "Vittorino da Feltre" e poi si laureò in medicina e chirurgia presso l'Università degli Studi di Genova nel 1940.[3] Andò brevemente all'estero ritornare subito in Italia, al fine di frequentare a Firenze la Scuola di applicazione di Sanità Militare e nominato sottotenente medico di complemento venne arruolato nel Regio Esercito, arma di fanteria, e destinato al battaglione alpini "Pieve di Teco" del 1º Reggimento alpini allora presente in zona di guerra nei Balcani.[3] Trattenuto in servizio attivo nel luglio 1942, nell'agosto successivo partiva per l'Unione Sovietica con il suo reggimento, in forza all'ARMIR.[3] Catturato nel corso della seconda battaglia difensiva del Don, si spense nel campo di concentramento di Krinovaya, mentre prestava soccorso ai suoi comilitoni durante una delle continue epidemie, il 26 gennaio 1943.[3] Fu successivamente insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[4] Onorificenze«Ufficiale medico, già residente all’estero, con vivo senso d’amore per la Patria rientrava in Italia spontaneamente per compiere il servizio militare rinunciando all’esenzione cui aveva diritto. Durante dieci giorni di ripiegamento dalle linee del Don, nonostante le estenuanti marce e l’assillo delle distanze, svolgeva la sua opera con elevato sentimento umanitario benché soggetto a intensa reazione nemica. Nel corso di violenta azione, dopo aver soccorso numerosi feriti, rimasta una compagnia priva di ufficiali si lanciava all’assalto alla testa degli alpini superstiti. Catturato e condotto in un campo di .;concentramento, con elevato spirito di abnegazione, si teneva vicino agli alpini colpiti da tremende epidemie. Contagiatosi, nonostante la gravità del male, serbava la sua abituale serenità e rivolgeva i suoi sentimenti alla Patria che non doveva più rivedere. Fulgido esempio di amor Patrio, di valore e di abnegazione. Fronte russo, 17-26 gennaio 1943[5]»
— Decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1949.[6] Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
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