Giulio Camber Barni«Forse il solo poeta veramente popolaresco dell'altra guerra. La visse col popolo soldato, la sentì e la espresse con l'invenzione, la rozzezza, il cuore e la tragicità del popolo.» Giulio Camber Barni (Trieste, 23 dicembre 1891 – Albania, 24 novembre 1941) è stato un poeta, avvocato e militare italiano. È noto soprattutto per le proprie poesie di guerra, pubblicate nelle due raccolte La buffa (1935) e Anima di frontiera (1966).[1] È padre di Irene Camber, campionessa olimpionica di scherma, e nonno del sottosegretario della Marina Mercantile Giulio Camber. BiografiaGiulio Camber nasce a Trieste il 23 dicembre 1891.[1][2] Alle elementari è compagno di scuola di Giani Stuparich[3] e, dopo aver frequentato il ginnasio a Trieste, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza e filosofia presso l'Università di Vienna.[1][2] Allo scoppio della prima guerra mondiale è coscritto nell'esercito austro-ungarico, da cui però diserta.[1][2] Fugge in Italia, assume il cognome Barni e si arruola volontario nel 2º Reggimento fanteria dell'esercito italiano a Udine.[1][2] Durante la guerra raggiunge il grado di capitano e riceve la croce di guerra, una medaglia d'argento (a Oslavia, 3 novembre 1915) e una medaglia di bronzo (a Soupir, 4 ottobre 1918) al valor militare.[1][2] «M'aveva appoggiato una forte mano sulla spalla e mi fissava coi suoi piccoli occhi accesi nella larga faccia, che mi guardava col suo sorriso benevolo e ironico insieme. Scrutavo il suo volto di sopra un braccio, su cui lucevano le listine argentate di molte ferite: una fisionomia vissuta, piena di movimenti contraddittori, un nuvolo carico di lampi, un'espressione multiforme di dolcezza, di sarcasmo, di terra e di cielo; e sotto quell'espressione già coglievo i tratti d'un fanciullo lontano, lontano e vivo dentro la mia stessa lontana fanciullezza. «Camber!» esclamai. «Sì, Camber, — disse e si drizzò, — Giulio Barni (era il suo nome di guerra), capitano dei mitraglieri, di professione avvocato». La figura tarchiata, la divisa trasandata, un piglio da soldataccio. E quella presentazione non era per nulla teatrale, ma come riportata al tono favoloso del mondo in cui eravamo stati fanciulli insieme, e soltanto un poco sostenuta d'ironia.» Dopo la guerra si reca a Napoli, dove si laurea in giurisprudenza presso l'Università Federico II[1]; tornato a Trieste, esercita la professione di avvocato.[1] Contribuisce all'Associazione nazionale combattenti e alla Compagnia volontari giuliani e dalmati.[1] Fra il 1920 e il 1921 pubblica in 12 puntate sul periodico L'emancipazione le proprie poesie di guerra, sotto il titolo La buffa.[1][2] Le liriche sono pubblicate in un unico volume dal poeta Virgilio Giotti nel 1935; la raccolta è però sequestrata dal prefetto di Trieste Carlo Tiengo per motivi politici.[1][2] Nel 1938 Barni è richiamato alle armi per un corso di aggiornamento, in seguito al quale è promosso maggiore.[1] All'inizio della seconda guerra mondiale è inviato come giudice militare a Bologna, ma non se la sente di giudicare i soldati.[1] Chiede perciò di essere inviato al fronte e combatte in Albania con le divisioni "Pinerolo" e "Ferrara".[1] È poi nominato comandante del 6º Battaglione Guardia alla frontiera di Coriza.[1] Muore il 24 novembre 1941, in seguito a una caduta da cavallo.[1][2] Nel 1950 Mondadori ripubblica La buffa con una lunga prefazione di Umberto Saba[2] e nel 1966 è pubblicata una raccolta di poesie composte da Barni fra il 1912 e il 1915, sotto il titolo Anima di frontiera.[1] Opere
Note
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