Assai scarse le informazioni biografiche. Se sul luogo di nascita sussistono pochi dubbi,[1] sulla data sono state avanzate mere ipotesi (1612 circa per il Croce, tra il 1603 e il 1607 secondo altri), nessuna delle quali decisiva.[2] Certo è che nell'anno di pubblicazione delle sue Ode, il 1633, il Fontanella doveva essere ancora assai giovane; scrive infatti nella seconda dedicatoria delle Ode: "Non manca chi mi rimproveri ch'in età giovanile mi sia troppo accelerato questi anni a dietro a publicar le mie Ode". è invece la sua iscrizione a varie accademie napoletane, come l'Accademia degli Infuriati, l'Accademia degli Erranti (in quest'ultima con il nome di "lo Smarrito"),[3] e soprattutto all'Accademia degli Oziosi,[4] istituzione che ebbe tra i suoi membri alcuni fra i maggiori intellettuali della prima metà del Seicento. L'intensa frequentazione di gentiluomini, letterati e artisti napoletani, ben attestata dalle dediche contenute nella sezione encomiastica del suo canzoniere Nove cieli, induce a ritenere che il Fontanella godesse di un certo prestigio sociale o, quanto meno, di una certa notorietà "negli ambienti napoletani più influenti".[5]
Morì tra il 9 marzo 1643, data dell'ultima dedica da lui firmata, e il 20 aprile 1644, data in cui l'amico Giambattista Risico di Simone firma una dedica su istanza dall'autore morente.[6]
Opere
La poesia di Girolamo Fontanella si muove all'insegna di un secentismo esente da eccessi, dove gli spunti melici sembrano prevalere sulle arditezze del concettismo.[7]
Il poeta pubblicò, i suoi due primi componimenti (un'ode in versi e un breve encomio in prosa) nel 1628.[8] Nel 1632 diede alle stampe l'odeL'incendio rinovato del Vesuvio, dedicata a un'eruzione del vulcano partenopeo e dettata da un vivo interesse per i fenomeni naturali.[9] Le opere della sua maturità poetica sono però le tre raccolte Ode (Bologna, 1633)[10], Nove cieli (Napoli, 1640)[11] e le Elegie (Napoli, 1645).[12].
Le Ode, diviso in due libri, contiene circa cento lunghi componimenti celebrativi di vario metro e materia disparata, fra i quali spiccano, per la consistenza del personaggio, le due odi in elogio di Artemisia Gentileschi (cui in seguito dedicherà anche quattro sonetti).[13]
I Nove cieli è, come suggerisce il titolo, diviso in nove sezioni, ciascuna dedicata a una delle sfere celesti (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, Stelle, Empireo) e ai temi ad essi riconducibili (così, per es., quello della Luna è dedicato agli elementi ed eventi naturali, quello di Mercurio alle ambascerie e all'oratoria, quello di Venere all'amore, ecc.). In coda al "Cielo del Sole" figura una serie di sonetti non fontanelliani, intitolata "Sonetti di diversi dall'autore".
Le Elegie furono pubblicate postume, con alcuni argomenti a firma dell'amico e accademico errante Giambattista Risico di Simone ("il Disunito"[14]).
Un testo esemplificativo
Sorge ne l'India mostrüosa pietra che di rara virtù prodigi apporta, e tante grazie di natura impetra ch'al dubbioso nocchier fa l'alma accorta.
Quando l'aria è più torbida e più tetra, li fa per mezzo a le procelle scorta; e quando stella non appar ne l'etra, sbigottita la gente in mar conforta.
Non possiede e non regge alma spirante, e tal spira virtù stupende e rare che 'l metallo di Marte abbraccia amante.
Or chi dubbia non sa l'arte d'amare e a capirla non è - donne - bastante, d'una rigida pietra oggi l'impare.
(Girolamo Fontanella, Alla calamita)
Note
^Senza fondamento, come ha dimostrato Benedetto Croce, le affermazioni di Francesco Saverio Quadrio sull'origine emiliana (Reggio Emilia) del poeta (cfr. Croce, Per la biografia di un poeta barocco: Girolamo Fontanella, "La critica", vol. 36, 1938, pp. 378-383, riproposto in Croce, Aneddoti di varia letteratura, Bari 19532). Se non di nascita, ad ogni modo, Fontanella fu certamente partenopeo di formazione e si lasciò sempre qualificare come napoletano.
^Cfr. Benedetto Croce, Per la biografia..., p. 380; e, tra gli studiosi di diversa opinione, Vincenzo Palmisciano, Un ritrovamento per Domenico Basile e due per Girolamo Fontanella, in "Studi secenteschi", vol. LVI (2015), p. 418.
^Pierandrea De Lorenzo, I "Nove Cieli" di Girolamo Fontanella, in Il nuovo canzoniere. Esperimenti lirici secenteschi, a cura di Cristina Montagnani, Roma, Bulzoni, 2008, p. 128.
^Così secondo una lettura critica ormai consolidata: cfr., tra gli altri, Francesco Flora, Storia della letteratura italiana, vol. III, Il secondo Cinquecento e il Seicento, Milano 1947, p. 309; Claudio Varese, Teatro, prosa e poesia, in Storia della letteratura italiana, vol. V, Il Seicento, Milano 1967, p. 802; e Marziano Guglielminetti, Manierismo e Barocco, Torino 1990, pp. 374-377.
^Nella seconda edizione del Teatro delle glorie della signora Adriana Basile, Napoli 1628 (senza indicazione dello stampatore), dove i suoi versi figurano accanto a quelli di celebrati maestri quali il Marino, il Basile, lo Stigliani, il Manso e altri ancora.
^L'incendio rinovato del Vesuvio, oda del signor Girolamo Fontanella, Napoli, per Ottavio Beltrano, 1632.
^Ode del signor Girolamo Fontanella, al molto reverendo padre D. Giacomo Certani, canonico regolare latino, Bologna, Nicolò Tebaldini, 1633. Una seconda edizione, notevolmente accresciuta, fu data alle stampe nel 1638 a Napoli, per i tipi di Roberto Mollo con il titolo di Ode del signor Girolamo Fontanella, consecrate all'immortalità dell'illustrissima et ecellentissima signora D. Anna Carafa, principessa di Stigliano e vicereina nel Regno di Napoli. Un'edizione moderna è Girolamo Fontanella, Ode, a cura di Rosario Contarino, San Mauro Torinese, Res, 1994 (ISBN 88-85323-16-2. Fonte: Catalogo del Servizio bibliotecario nazionale).
^Nove cieli, poesie del signor Girolamo Fontanella, dedicate all'altezza serenissima di Ferdinando II, Gran Duca di Toscana, Napoli, Roberto Mollo, 1640.
^Elegie del signor Girolamo Fontanella, dedicate all'illustrissimo et eccellentissimo signore D. Diomede Carrafa Pacecco, duca di Madaloni, Napoli, Roberto Mollo, 1645.
^Tra i sonetti, contenuti in Nove cieli, ve n'è uno in cui il Fontanella chiede apertamente alla pittrice di esserne ritratto ("prendi il pennel, c'hai da l'alato Dio, / e di me pingi ogni composta parte"). Non più che una suggestiva ipotesi l'idea, accarezzata da qualche critico, che tra il poeta e Artemisia vi fosse un rapporto di "ambigua amicizia" (cfr. De Lorenzo, I "Nove cieli"..., p. 128). La Gentileschi soggiornò stabilmente a Napoli fra il 1630 e il 1638, e dal 1640 fino alla morte.
Pierandrea De Lorenzo, I "Nove Cieli" di Girolamo Fontanella, in Il nuovo canzoniere. Esperimenti lirici secenteschi, a cura di Cristina Montagnani, Roma, Bulzoni, 2008, pp.127-185.