L'odierna diocesi nasce nel 1986 dall'unione di due antiche sedi vescovili, Assisi e Nocera Umbra, che nel 1915 aveva assunto il nome di Nocera Umbra-Gualdo Tadino.
Diocesi di Assisi
La diocesi fu eretta nel III secolo. La prima predicazione cristiana ad Assisi, secondo la tradizione, si attribuisce a san Crispolto, vescovo di Bettona (l'antica Vettona), che soffrì il martirio sotto l'imperatore Massimiano. La tradizione attribuisce alla sede assisiate come primi vescovi tre santi martiri: Rufino, santo patrono della diocesi, Vittorino e Sabino. Incerta è l'attribuzione ad Assisi dei vescovi Basilio e Deodato.
Avenzio, primo vescovo storicamente accertato a metà circa del VI secolo, intercedette con Totila a nome degli Assisiati, evitando alla città il saccheggio da parte dell'esercitoostrogoto in marcia contro Roma. Inoltre nel 547 fu legato degli Ostrogoti presso l'imperatoreGiustiniano I. Probabilmente all'epoca di questo vescovo Assisi assorbì il territorio della diocesi di Bettona.[2]
Molti dei vescovi dei secoli successivi sono noti grazie alla loro presenza ai concili celebrati dai pontefici. Il primo di questi è Aquilino, che prese parte al concilio lateranense del 649 indetto da papa Martino I per condannare l'eresiamonotelita.
Nel VII e nell'VIII secolo Assisi cadde sotto il dominio dei duchi longobardi, e nel 773 fu rasa al suolo da Carlo Magno; che successivamente la ricostruì, epurandola dagli ariani e dai sostenitori dei longobardi. In quegli anni fu costruita la rocca di Assisi, aumentando il potere militare e l'importanza della città.
Nel 963, in una pergamena del vescovo Eremedio, è attestato per la prima volta l'esistenza dell'episcopio presso la chiesa di Santa Maria Maggiore, primitiva cattedrale della diocesi.[3] Il vescovo Ugo (1029-1052) trasferì la cattedrale nella chiesa di San Rufino, da lui stesso fatta costruire al posto del piccolo oratorio dove si veneravano i resti del santo. Nel 1140 fu dato avvio alla sua ricostruzione che si concluse nel secolo successivo, con la consacrazione dell'altare maggiore nel 1228 e dell'intera chiesa nel 1253. Il vescovo Ugo ebbe anche un ruolo importante nella politica religiosa del tempo, quando divenne il capo della delegazione dei vescovi inviati alla dieta di Worms dove venne eletto papa Leone IX.[4]
Agli inizi del XIII secolo Assisi vide il sorgere dell'ordine religioso fondato da san Francesco e del ramo femminile, le monache clarisse, raccolte attorno a santa Chiara. A partire dalla metà del secolo la diocesi fu retta da vescovi provenienti dall'ordine francescano.
In base al privilegio concesso da papa Innocenzo III al vescovo Guido I nel 1198, ritenuto tuttavia un falso,[5] all'epoca «il territorio diocesano comprendeva gli attuali territori comunali di Assisi, Bastia Umbra, Cannara, Bettona, Valfabbrica e un piccolo lembo dei comuni di Gualdo Cattaneo e di Bevagna».[3] Secondo alcune ricostruzioni topografiche, la diocesi assisiate, tra la fine del XIII secolo e il XIV secolo, era tra le più piccole dell'Umbria, estendendosi su un territorio di circa 312 km², comprendendo un totale di 95 chiese, di cui 41 nei centri urbani e 54 nei centri rurali.[6]
A partire dalla seconda metà del XVI secolo i vescovi si impegnarono per l'attuazione dei decreti di riforma del concilio di Trento; tra questi si distinsero in modo particolare Filippo Geri (1564-1575), che dette avvio ai lavori di costruzione della basilica di Santa Maria degli Angeli, Marcello Crescenzi (1591-1630), che pose mano alla ricostruzione del palazzo vescovile ed istituì il seminario diocesano, che si sviluppò con il successore Tegrimo Tegrimi (1630-1641). Nel Settecento il vescovo Ottavio Ringhieri (1736-1755) avviò una serie di riforme e di provvedimenti per limitare l'avanzata delle idee illuministiche nella diocesi.
Durante l'occupazione francese, il vescovo Francesco Maria Giampè (1796-1827) si rifiutò di prestare giuramento a Napoleone e per questo motivo venne esiliato in Corsica, come buona parte del suo clero.
Agli inizi del Novecento la diocesi fu retta da due vescovi, Luigi De Persiis (1896-1904) e Ambrogio Luddi (1905-1927), convinti oppositori del modernismo teologico. A farne le spese il biografo francescano Paul Sabatier, fondatore ad Assisi nel 1902 della «Società internazionale di studi francescani».[3]
Nel IV secolo o nel V secolo fu eretta la diocesi di Tadinum. Secondo la tradizione l'evangelizzazione del territorio è attribuita al vescovo san Feliciano di Foligno. Di questa antica sede sono noti due vescovi: san Facondino, che si vuole identificare[9] con l'omonimo vescovo che, secondo la testimonianza di Atanasio di Alessandria, avrebbe aderito, pur non partecipandovi, alle decisioni del concilio di Sardica (343/344); e Gaudenzio, che partecipò al concilio romano indetto da papa Simmaco nel 499. Da una lettera di Gregorio Magno, si evince che nel 599 la diocesi fosse vacante e che il pontefice vi inviò come visitatore il vescovo Gaudioso di Gubbio perché eleggesse come vescovo una persona idonea. La diocesi scomparve a causa della distruzione operata prima dai Goti, poi dai Longobardi e infine dagli Saraceni.
La storiografia ha prodotto due ipotesi sull'origine della diocesi di Nocera e sul suo legame con quella di Tadinum.[10] Alcuni storici sostengono che la diocesi di Nocera esistesse già in epoca romana e, benché sia difficile distinguere i vescovi della sede umbra da quelli dell'omonima diocesi di Nocera in Campania, vi attribuiscono sicuramente il vescovo Aprile attestato al concilio romano del 6 novembre 502[11][12]; in seguito anche la diocesi di Nocera in Umbria scomparve e fu ristabilita nell'alto medioevo dai pontefici, che vi unirono le antiche sedi di Tadino, di Plestia, di Sentinum (Sassoferrato) e di Usentis (di incerta identificazione). Altri autori invece, basandosi sulla Vita di san Rinaldo, vescovo nocerino dell'inizio del XIII secolo, ritengono che la diocesi di Nocera sia sorta solo nell'alto medioevo, forse tra VIII e IX secolo[10], per il trasferimento della sede vescovile di Tadino a Nocera, a cui furono unite altre antiche diocesi umbre da tempo scomparse.[13]
Non ci sono dubbi sul fatto che la diocesi di Nocera esistesse nell'XI secolo, per la presenza dei primi vescovi che si possono attribuire con certezza alla diocesi umbra, Romano, Dodone e Ludovico nella prima metà del secolo. Nella prima metà del XIII secolo la sede nocerina fu occupata dal santo vescovo Rinaldo, il cui culto si diffuse ben presto nella diocesi di cui fu proclamato santo patrono.
Dopo la distruzione di Nocera nel 1248 per mano dell'imperatore Federico II, il vescovo, fuggendo con i suoi sacerdoti, fissò la sede episcopale della diocesi per oltre 40 anni nella canonica di San Facondino presso Gualdo Tadino.
Secondo alcune ricostruzioni topografiche, la diocesi di Nocera, tra la fine del XIII secolo e il XIV secolo, in rapporto alle altre diocesi umbre, era di media grandezza, estendendosi su un territorio di circa 767 km², comprendendo un totale di 179 chiese, di cui 35 nei centri urbani e 144 nei centri rurali.[6]
Nel XIV secolo è noto il primo sinodo diocesano, celebrato nel 1349 dal beato Alessandro Vincioli. Nel 1448 il vescovo Giovanni Marcolini dette avvio alla ricostruzione dell'antica cattedrale di Santa Maria Assunta caduta in rovina, i cui lavori furono ultimati nella prima metà del Cinquecento.
Nel 1569 il vescovo Girolamo Mannelli istituì il seminario diocesano; lo stesso vescovo, nel 1564, aveva emanato norme per l'applicazione dei decreti di riforma del concilio di Trento.[14]
Durante l'occupazione francese, il vescovo Francesco Luigi Piervissani (1800-1848) si rifiutò di prestare giuramento a Napoleone e per questo motivo venne esiliato a Trévoux. Al suo rientro in diocesi si impegnò attivamente per la ricostruzione della diocesi con una intensa attività pastorale.
Nel 1818 la diocesi perse una parte del suo territorio a vantaggio della diocesi di Cagli; questi stessi territori l'anno successivo divennero parte della nuova diocesi di Pergola.
Il 2 gennaio 1915 la diocesi di Nocera Umbra assunse il nome di diocesi di Nocera Umbra e Gualdo Tadino, in ricordo dell'antica diocesi di Tadinum e per l'accresciuta importanza assunta dalla città di Gualdo all'interno della diocesi a partire dall'Ottocento. La chiesa di San Benedetto, che già papa Pio IX aveva elevato al rango di collegiata, divenne ora cattedrale«honoris tantum causa», ossia come puro titolo onorifico.[15] Nel 1980 fu elevata da papa Giovanni Paolo II a basilica minore.
Il 5 giugno 1937 la parrocchia di Annifo, nel comune di Foligno, fu scorporata dalla diocesi di Nocera Umbra e Gualdo Tadino e annessa a quella folignate.[16]
Durante la guerra, la diocesi visse momenti di difficoltà e di scontri fra le diverse fazioni politiche. Il 9 giugno e il 14 luglio 1944 i sacerdoti Nicola Polidori e Gildo Vian furono fucilati dai partigiani, mentre il 19 giugno dello stesso anno un altro prete diocesano, David Berrettini, venne giustiziato dai nazisti dopo aver ottenuto la liberazione di 18 persone.[17] Il vescovo Domenico Ettorre (1940-1943) venne accusato dai fascisti di svolgere attività politica e di tenere contatti con partigiani democristiani; la sua ultima lettera pastorale venne sequestrata per ordine del governo filonazista.[18]
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, fu stabilita la piena unione delle diocesi di Assisi e di Nocera Umbra-Gualdo Tadino e la nuova circoscrizione ecclesiastica assunse il nome attuale.
Incerta è l'attribuzione dei vescovi del primo millennio, perché nelle fonti storiche coeve non è mai indicato se la sede dei vescovi sia quella umbra o quella omonima in Campania; spesso perciò tra gli autori i vescovi sono citati in entrambe le cronotassi.[39]
^abA. Bartoli Langeli, L'organizzazione territoriale della Chiesa nell'Umbria, in Orientamenti di una regione attraverso i secoli: scambi, rapporti, influssi storici nella struttura dell'Umbria. Atti del X convegno di studi umbri (Gubbio, 1976), Perugia, 1978, pp. 420 e 438.
^Susan Zuccotti, Il Vaticano e l'Olocausto in Italia, Milano, Mondadori, 2001.
^Gazzetta ufficiale, Serie generale, Anno 127, nº 271, decreto del 7 novembre 1986, art. 1, pp. 8-9.
^abcI vescovi Basilio (412), Deodato (540) e Ildefonso 600) sono riportati da cataloghi assisiati, ma ignoti a Ughelli; sia Di Costanzo che Gams li segnalano per dovere di cronaca, ma dubitano della loro reale esistenza; anche Lanzoni ne disconosce l'autenticità, soprattutto Ildefonso, il cui nome spagnolo è molto dubbio nell'Italia centrale del VII secolo.
^abcdI vescovi Pascasio (800), Bencreato (850), Pietro (950) e Ildebrando (1144), ignoti a Ughelli, sarebbero riportati da cataloghi assisiati; Di Costanzo è scettico sulla loro reale esistenza, pur menzionandoli nella sua cronotassi, perché i documenti che li citerebbero non esistono negli archivi o non si trovano più. Gli stessi dubbi li pone Schwartz per il vescovo Pietro nel 950.
^Secondo gli editori delle Monumenta Germaniae Historica, è controversa la cronotassi dei vescovi di Assisi per la seconda metà del X secolo. Infatti, gli atti del concilio di Ravenna di aprile 967 riportano due vescovi di Assisi, Ingizo e Leone (Die Konzilien Deutschlands und Reichsitaliens 916-1001, seconda parte 962–1001, a cura di Ernst-Dieter Hehl, Hannover 2007, p. 276, 12-13). Nel concilio ravennate dell'ottobre 968 (p. 303, 19), gli atti riportano un Ingizo di Urbino, che altre fonti (Annales Magdeburgenses) indicano come vescovo di Città di Castello; nessuna di queste due sedi è rappresentata al concilio del 967. Se ne conclude che il vescovo Ingizo del 967 potrebbe appartenere a Città di Castello o a Urbino, e Leone potrebbe essere il vero vescovo di Assisi, in sede ancora nel 985.
^abcSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salichen kaisern…, pp. 227–229.
^Questo vescovo è menzionato nel necrologio avellinese alla data del 28 marzo, giorno del suo decesso. Il necrologio tuttavia non riporta l'anno. Di Costanzo (pp. 244-245) lo pone tra Agino e Rainerio, per il semplice fatto che tra il 1072 e il 1107 non sono noti altri vescovi di Assisi.
^Nicolangelo D'Acunto, Morico d'Assisi, Dizionario biografico degli italiani, vol. 76, 2012. Di questo vescovo, documentato come priore del capitolo della cattedrale dal 1226 al 1239, non esiste documentazione, o meglio, i documenti dell'epoca parlano del vescovo di Assisi, non indicandone mai il nome.
^Pietri, nel suo studio prosopografico, esclude che sia mai esistita la diocesi umbra, mentre l'erudita Ludovico Jacobilli assegna tutti i vescovi di Nocera alla sede umbra.
^Il cosiddetto Fragmentum Laurentianum riferisce che l'antipapa Lorenzo fu nominato ad gubernandam ecclesiam Nucerinam, Campaniae civitatem, escludendo così espressamente che questo prelato sia mai stato sulla sede umbra. Castellucci, La cattedrale di Nocera Umbra, pp. 14-15.
^Negli atti dei concili altomedievali editi dalle Monumenta Germaniae Historica, Luitardo è menzionato come vescovo di Nocera, senza ulteriori specificazioni; le stesse indicazioni sono riportate per i concili dell'844 e dell'853, mentre per quello dell'861 l'editore Wilfried Hartmann riporta esplicitemente Nocera in Umbria come sede di appartenenza del vescovo Ragiperto (o Rumperto).
^abJacobilli, Di Nocera nell'Umbria e sua diocesi…, p. 69, nnº 11-12.
^abcdSchwartz, Die besetzung der bistümer Reichsitaliens unter den sächsischen und salichen kaisern…, pp. 286–287.
^Vescovo di Foligno dal 1155 al 1201, tenne anche la sede di Nocera dal 1161 al 1196.
^Jacobilli (p. 78) e Ughelli (vol. I, col. 1066) lo dicono morto nel 1218, mentre secondo Cappelletti e Gams è ancora attestato nel 1222; questa diversa cronologia modifica anche quella dei successivi san Rinaldo e Pelagio.
^Gino Sigismondi, Rinaldo, vescovo di Nocera Umbra, in Bibliotheca Sanctorum, XI, Roma 1968, coll. 199-204.
^Secondo Silvano Borsari (v. Berardo, nel Dizionario biografico degli italiani, 8, 1966) non risulta affatto dai documenti contemporanei che Berardo sia stato eletto vescovo e amministratore della Chiesa di Nocera Umbra.
(FR) Charles Pietri, Luce Pietri (ed.), Prosopographie chrétienne du Bas-Empire. 2. Prosopographie de l'Italie chrétienne (313-604), École française de Rome, 2 volumi, Roma, 1999-2000