Digitale purpurea
Digitale purpurea è una poesia di Giovanni Pascoli contenuta nei Primi poemetti. Racconta l'incontro tra due donne compagne di studi in convento che riferiscono la loro esperienza di vita. Il titolo della poesia deriva dal nome della pianta Digitalis purpurea. Fu pubblicata la prima volta nella seconda edizione dell'opera su Il Marzocco nel 1898. (Anno III, n. 7, 20 marzo 1898) TestoSiedono. L'una guarda l'altra. L'una l'altra… I due occhi semplici e modesti più?» «Non più, cara.» «Io sì: ci ritornai; quei piccoli anni così dolci al cuore…» i ginepri tra cui zirlano i tordi? «morte: sì, cara». «Ed era vero? Tanto Ché si diceva: il fiore ha come un miele Oh! quel convento in mezzo alla montagna e l'una e l'altra guardano lontano. II Vedono. Sorge nell'azzurro intenso Vedono; e si profuma il lor pensiero E negli orecchi ronzano, alle bocche Oh! quale vi sorrise oggi, alle grate, oggi: ed oggi, più alto, Ave, ripete, Piangono, un poco, nel tramonto d'oro, Bianco e ciarliero. Ad or ad or, col suono In disparte da loro agili e sane, l'alito ignoto spande di sua vita. III «Maria!» «Rachele!» Un poco più le mani Memorie (l'una sa dell'altra al muto «Maria!» «Rachele!» Questa piange, «Addio!» mormora, «sì: sentii quel fiore. Sola ciocche. Nel cuore, il languido fermento Maria, ricordo quella grave sera. cauta, su per i molli terrapieni Vieni! E fu molta la dolcezza! molta! con un suo lungo brivido…) si muore!» TrattazioneLa storia prende spunto da un ricordo di Maria, sorella di Pascoli, che racconta di quando era in convento e le suore le avevano vietato di avvicinarsi a un fiore perché particolare. Da questo racconto Pascoli inventa una storia di una donna "Maria" bionda, personificazione della sorella, e di una seconda donna "Rachele", bruna di capelli. Queste si rincontrano dopo molti anni, uscite dal convento, e parlando dei ricordi in comune Rachele confessa a Maria di essersi avvicinata al fiore e di averlo odorato. Con questa immagine finale si conclude il componimento. Il fiore è interpretato come il più decadente della letteratura italiana. L'incipit è in medias res e sono presenti analessi. Altri progetti
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