DendrobatesDendrobates Wagler, 1830 è un genere di piccoli anfibi anuri della famiglia Dendrobatidae, comunemente noti come rane dal dardo velenoso, diffuso in America Centrale e Sud America.[1] EtimologiaIl nome deriva dal greco antico δένδρον?, dendron ("albero") e βάτης, batēs ("camminante") in riferimento alle abitudini arboricole di queste rane. Vengono invece chiamate comunemente rane freccia, rane freccia avvelenata o rane dal dardo velenoso poiché gli indios Chocho sudamericani estraggono il veleno da esse prodotte per usarlo nella caccia, che si svolge usando cerbottane e dardi velenosi. DescrizioneI loro colori risultano essere brillanti e sgargianti (ad esempio D. azureus appare di colore blu metallizzato), e questo perché in natura gli organismi velenosi si sono evoluti sviluppando una colorazione che più è vivace, più sta ad indicare il grado di letalità del veleno dell'animale stesso (aposematismo). TassonomiaUn tempo si pensava comprendesse una quarantina di specie, ma in realtà le specie valide sono soltanto cinque[1]:
Altre specie che prima si pensava appartenessero al genere Dendrobates appartengono invece ad altri generi, come la Ranitomeya fantastica. AllevamentoL'allevamento di queste rane non è semplice. Vivendo nelle foreste pluviali del Sud e del Centro America, hanno bisogno di un tasso di umidità costante all'80% con punte del 90%. Le temperature vanno mantenute a una media di 23-24 gradi con minime notturne di 19-20. La dieta in cattività è composta quasi esclusivamente da Drosophila spp.[2] VelenoLe rane dal dardo velenoso sono pericolose a causa del loro potente veleno. Questo veleno contiene batracotossine, che possono causare paralisi e persino la morte se ingerite o se entrano in contatto con ferite aperte. Le tribù indigene utilizzano questo veleno per avvelenare le punte delle loro frecce e dardi, rendendole armi molto efficaci. È importante notare che queste rane non sono pericolose se non vengono toccate o disturbate. La loro colorazione vivace serve come avvertimento ai predatori della loro tossicità. Note
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