De fide catholica contra haereticos
De fide catholica contra haereticos è un'opera di Alano di Lilla. Scritto in seguito alla missione di Montpellier e dedicato a Guglielmo VIII signore di Montpellier, è l’opera che rese Alano popolare[1]. Contenuto e strutturaChiamata anche Quadripertita magistri Alani editio contra haereticos, Valdenses, Iudeos et paganos, l’opera è divisa in 4 libri. Alano combatte, nel I libro, Albigesi e Catari, nel II i Valdesi, nel III gli Ebrei e nel IV i Musulmani, secondo una struttura bipartita per cui prima vengono affrontate le eresie interne alla Cristianità (Albigesi, Catari, Valdesi) per poi giungere a quelle esterne (Ebrei e Musulmani). Eresia degli AlbigesiPer Alano, come già per Platone e Boezio, Dio è il solo principio di tutto, anche del demonio. Ecco che per prima è confutata l’eresia degli Albigesi. Essi sostengono che vi sono due principi delle cose, il principio della luce, che è Dio, e il principio delle tenebre, che è Lucifero. Da Dio vengono le cose spirituali, anime e angeli, da Lucifero vengono le cose temporali. Da veri e degni discendenti degli gnostici, questi eretici pretendono di giustificare i loro principi contemporaneamente con l’autorità della Scrittura e con la ragione. Alano risponde, con Aristotele, che il movimento presuppone un motore immobile, dunque Dio, e che la causa efficiente resta immutata anche producendo effetti soggetti a mutamento e corruzione. Alano li confuta spiegando che il mondo temporale è buono perché è per bontà che Dio fece il mondo ed è per saggezza ch’egli l’ha fatto sottoposto alle vicissitudini del tempo, al fine di ricondurci al suo autore; infatti ogni cambiamento suggerisce che esiste qualcosa di immutabile e ogni cosa mobile suggerisce che esista un riposo supremo[2]. Questo ragionamento viene applicato all’anima e al corpo. Anche il corpo è buono, perché è opera di Dio: poco importa che la carne sia viziata e debole (tema affrontato nell’Anticlaudianus e nel De planctu). È falso dunque sostenere che la propagazione della carne sia una propagazione del male e condannare da questo punto di vista il matrimonio, come facevano questi eretici, per cui esso è visto come un’istituzione lontano dalla legge naturale che vuole che tutto sia comune, e inoltre come giustificazione dei rapporti sessuali. Questi ultimi, invece, per Alano non sono sempre peccato, e il matrimonio mira proprio a far sì che essi non lo siano; inoltre, il matrimonio non deroga alla legge naturale, ma la risolleva, perché scusa dal peccato di incontinenza quelli che non possono conservare la castità[3]. Alla negazione albigese dell'immortalità dell'anima, in cui si problematizzava ponendo il tema della presunta mortalità dell’anima degli animali, risponde distinguendo due anime nell’uomo: una razionale, incorporea e immortale, e l’altra fisica o naturale, capace di sensibilità e di immaginazione, per il cui tramite l’anima si unisce al corpo e che con esso perisce. Dal momento che ciò che è incorporeo è incorruttibile, l’anima umana è per Alano immortale[3]. ModelliLe fonti sono la Sacra Scrittura e i Padri come Agostino, Girolamo, Ilario[4]. Si cita il Liber de causis nella traduzione dall’arabo di Gherardo da Cremona redatta tra 1167 e 1187. Note
BibliografiaEdizioni
Studi
Voci correlateCollegamenti esterni
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