A Firenze sono esistite nel corso dei secoli centinaia di confraternite, dette "compagnie" o "società" se riservate prevalentemente ai laici, "congreghe" o "congregazioni" se riservate ai religiosi.
Storia
Varie forme di associazione cristiana tra laici esistettero fin dalle origini del Cristianesimo, ma fu soprattutto tra Due e Trecento che, su impulso degli ordini mendicanti, esse ebbero una notevole diffusione e inquadramento, quali associazioni volontarie, gerarchicamente definite e riconosciute dalle autorità religiose[1]. Se i Domenicani promossero associazioni soprattutto con scopi di spirituali e caritativi (quali la preghiera comune, la celebrazione delle feste, l'organizzazione di pellegrinaggi e la raccolta di elemosine per i poveri), i Francescani sostennero la fondazione di confraternite soprattutto penitenziali, legate alle predicazioni di sant'Antonio da Padova (1233), di Ranieri Fasani (1260), e alle precessioni dei Bianche che dalla fine del Trecento percorsero l'Italia flagellandosi e suscitando stupore e ammirazioni nel popolo[2].
Anche a Firenze questo schema trovò un ampio seguito, come testimoniano tra l'altro il gran numero di "Crocifissi dei Bianchi" sparsi nelle chiese fiorentine. Esistettero in città numerosi sodalizi con lo scopo di aumentare il culto pubblico, coordinando un gruppo di fedeli in alcune pratiche devozionali; inoltre spesso essi offrivano mutuo soccorso ai confratelli in caso di malattia, problemi economici o vecchiaia, attraverso e la gestione di ospedali, casse comuni, ospizi e ricoveri, talvolta aperti anche ad alcune categorie esterne, come i pellegrini o i malati della zona[3][1]. Alcune di esse, dette "di carità", inoltre si occupavano di assistere e prestare aiuto ad alcuni bisognosi "esterni", come i poveri, gli infermi, i pellegrini, i carcerati, i condannati a morte da confortare, i morti da seppellire[1][2]. Dagli anni sessanta del Duecento si diffusero inoltre le Compagnie dei Laudesi, che praticavano la preghiera col canto delle Laudi, soprattutto rivolte a Maria[2].
Allo scopo di assistere i confratelli bisognosi si dedicavano soprattutto le compagnie "professionali", cioè che raccoglievano coloro che esercitavano una determinata professione, o "nazionali", legate cioè a un gruppo di forestieri residenti in città: come un sottoinsieme ristretto delle "arti", capitava che in queste compagnie si discutesse spesso anche di aspetti professionali e di politica, tanto che fosse rigidamente proibito l'accesso alle riunioni a figure esterne[3]. Spesso questi aspetti politici degenerarono, tanto che il pretesto di riunirsi, in alcuni casi, era ormai diventato quello di congiurare contro le consorterie avverse e, come ricorda Scipione Ammirato, già nel 1419 si dovettero prendere provvedimenti per sopprimere quelle confraternite "deviate", ormai diventate un pericolo per la Repubblica. Pare che la stessa cacciata del Duca d'Atene fosse stata organizzata nelle riunioni segrete di alcune confraternite[3].
Nel XIV già le confraternite erano alcune decine. Nuovo impulso fu dato da Antonino Pierozzi, che fondò i Buonomini di San Martino (forse il gruppo laicale più significativo del Quattrocento fiorentino), revisionò scrupolosamente i capitoli e gli statuti delle confraternite esistenti, e diede impulso alla nascita delle "buche", cioè quelle confraternite in cui gli iscritti si riunivano la notte, il sabato e alla vigilia delle feste, pregando nei loro oratori, riposando a turno in dormitori comuni, svegliandosi poi tutti per il "mattutino" prima di tornare alle pratiche devote[2]. Lo stesso Lorenzo de' Medici fece parte della Buca di San Paolo, a testimoniare l'importanza e il prestigio di queste forme di devozione[2].
Dopo il Concilio di Trento il fenomeno delle confraternite raggiunse il suo apice, essendo molto sentita l'esigenza dell'elevazione spirituale attraverso il culto di Dio e dei Santi[1].
Il colpo più duro al mondo delle compagnie fiorentine fu dato da Pietro Leopoldo che, dopo aver studiato bene la situazione con un censimento di queste associazioni nel 1783 (arrivando a contarne circa 250, con un totale di ben 35.000 iscritti, su una popolazione di meno di 100.000 unità), con un motu proprio del 21 marzo del 1785[4] tutte le soppresse tranne nove[5], quelle caratterizzate dalla prevalente attività assistenziale e caritatevole. E sebbene molte vennero ripristinate dal consiglio di Reggenza in seguito alle proteste del 1790, la loro funzione si era ormai andata ad esaurirsi, tanto che nel corso dei decenni successivi andarono quasi tutte scomparendo in maniera "naturale", restando vive solo sulla carta, tanto che per molte di esse, inattive da tempo immemore, non è possibile trovare una data esatta di scioglimento[1].
Sopravvivono alcune confraternita dalla lunghissima storia, come quella dei Vanchetoni, quella di Sant'Antonio Abate o quella della Misericordia. Quest'ultima appare oggi sicuramente come la più fiorente e radicata, tanto da aver dato ormai origine a numerose confraternite della Misericordia in molte altre città e centri minori, oltre che in alcuni quartieri fiorentini.
Vita religiosa
Le confraternite si riunivano in giorni stabiliti ("tornate"), spesso un paio di domeniche al mese, più per una serie di feste comandate, tra cui spiccava quella del santo patrono della confraternita stessa. Si dividevano in diurne e notturne (queste ultime si riunivano di notte alla vigilia delle feste), e alcune di esse prevedevano l'uso della disciplina[1].
Come sede potevano riunirsi nei sotterranei o nei chiostri delle chiese, in cappelle e presso altari appositamente destinati ad esse, o talvolta disponevano di un proprio oratorio, magari annesso a un piccolo ospedale o ad altri ambienti[1].
Possedimenti e mecenatismo
Le confraternite spesso abbellivano le proprie sedi con opere d'arte: commissionavano pale d'altare (magari a pittori che ne facevano parte), possedevano oggetti liturgici preziosi, venerate reliquie e antichissimi crocifissi che spesso portavano in precessione. Le confraternite più ricche facevano indossare ai confratelli vesti con le insegne del sodalizio ricamate sopra e sfilavano nelle processioni in lunghe file omogenee molto suggestive[1].
Oggi il mondo delle confraternite fiorentine appare solo in parte studiato, anche per la sua vastità ed estensione temporale in più di 500 anni: i loro stemmi si possono trovare sugli altari o sulle opere d'arte nelle chiese, ma vi sono relativamente poche pubblicazioni che ne trattino. Inoltre possedettero spesso case messe a fruttare a rendita, sui quali esistono ancora oggi dei pietrini che ne ricordano l'antico possesso.
Elenco
Un elenco completo delle confraternite fiorentine esistite nei secoli non è mai stato compilato, quindi è da intendersi come parziale, frutto delle notizie tratte dalle diverse fonti indicate. Si dà qui conto solo delle confraternite che si riunivano nel centro storico, sono escluse quelle del contado.
Compagnia del Salvatore Pellegrino, Compagnia della Misericordia del Salvatore, Compagnia dei Disciplinati della Cappella dei Santi Simone e Taddeo Compagnia di San Niccolò dei Caponi
^*Luciano Artusi e Antonio Patruno, Gli antichi ospedali di Firenze, Firenze, Semper, 2000, p. 109.
Bibliografia
Giuseppe Conti, Firenze dopo i Medici, Bemporad, Firenze 1921 (ristampato da Giunti Marzocco nel 1984).
AA.VV., La Chiesa e la città a Firenze nel XV secolo, Silvana Editore, Firenze 1992.
Luciano Artusi e Antonio Palumbo, De Gratias. Storia, tradizioni, culti e personaggi delle mantiche confraternite fiorentine, Newton Compon Editori, Roma 1994.