Chiesa della Santissima Annunziata di Portoria
La chiesa della Santissima Annunziata di Portoria, più conosciuta come chiesa di Santa Caterina, è un edificio religioso cattolico italiano, sito del centro cittadino di Genova, nel quartiere di Portoria. Alla chiesa, situata al margine del quartiere di Piccapietra nei pressi della spianata dell'Acquasola, si accede da una piazzetta laterale alla via Bartolomeo Bosco, sul retro del moderno palazzo di Giustizia, che incombe con il suo prospetto in vetro e cemento su quanto resta dell'originario sagrato. Un altro ingresso, collegato ad una scala interna, si trova in via IV Novembre, dal lato dell'Acquasola.[1][2] Sulla piazzetta si affacciano anche l'ingresso del convento dei Cappuccini e quello della cappella superiore, in cui era custodito il corpo di Santa Caterina, prima del suo trasferimento all'interno della chiesa.[2] StoriaLa chiesa dell'Annunziata, la cui storia è strettamente legata a quella dello scomparso ospedale di Pammatone fu costruita con l'annesso convento, a partire dal 1488 dai Minori francescani, che la officiarono fino al 1538, quando a essi subentrarono i Cappuccini,[3] che prestarono assistenza spirituale ai malati nell'adiacente ospedale di Pammatone sino alla sua chiusura negli anni venti del Novecento.[4] I cappuccini si alternarono nel tempo con altre congregazioni (Gesuiti dal 1566 al 1578, Camilliani dal 1607 al 1719 ed ancora dal 1735 al 1777 e per periodi più brevi i "preti riformati di Tortona" e gli Agostiniani) facendovi ritorno definitivamente nel 1838.[4] Sin dalla sua edificazione, la chiesa dell'Annunziata è stata strettamente legata al vicino ospedale, al quale era anche fisicamente collegata da un passaggio interno. Il 16 settembre 1510 vi furono celebrati i funerali di Caterina Fieschi Adorno. Dalla sua canonizzazione, nel 1737, la chiesa, nella quale è conservato il suo corpo incorrotto, è comunemente conosciuta come "chiesa di Santa Caterina". Dal 1927, pur conservando l'intitolazione alla Santissima Annunziata, la chiesa è stata ufficialmente dichiarata "Santuario di Santa Caterina".[4]
Figlia di Giacomo Fieschi, nacque a Genova nel 1447; in seguito ad un accordo tra le due famiglie, un tempo nemiche, sposò nel 1463 Giuliano Adorno. Visse il primo periodo di matrimonio in un ambiente mondano riavvicinandosi poi alla fede nel 1473. Dopo la sua conversione prese dimora nel 1478 in un locale dell'ospedale di Pammatone, dedicandosi all'assistenza dei malati e all'amministrazione della struttura, di cui fu anche rettore dal 1489. Attorno a lei si formò un gruppo di discepoli e collaboratori, tra i quali il marito, a sua volta convertitosi da una vita dissipata. Il suo impegno nella cura dei malati durò finò alla morte, il 15 settembre 1510.[5]
Fu canonizzata nel 1737 da papa Clemente XII; nel 1943 papa Pio XII la proclamò patrona degli ospedali italiani. Nell'immagine: Santa Caterina Fieschi (1447-1510) in un dipinto di Giovanni Agostino Ratti Nel 1538 con l'ampliamento della cinta muraria che passava accanto al complesso fu demolita una parte del chiostro e del convento e tutta l'area absidale della chiesa, con l'altare del Fasolo e la tomba di Giuliano Adorno, marito di Santa Caterina Fieschi.[1] Nel 1556 il governo della Repubblica autorizzò i Protettori dell'ospedale a ricostruire la chiesa rioccupando parte dei terreni già espropriati per motivi strategici, purché il nuovo edificio distasse dalle mura almeno ventisei palmi genovesi (circa sette metri).[1] Varie famiglie genovesi tra il XVI e il XVIII secolo arricchirono la chiesa di opere d'arte, chiamando ad eseguirle i più valenti artisti dell'epoca.[1][3] In occasione delle leggi di soppressione degli ordini religiosi, emanate nel periodo napoleonico (1810) e nuovamente nel 1866, i frati furono autorizzati a restare nella chiesa e nell'ospedale come preti secolari.[4] Restauri furono eseguiti tra il 1885 e il 1894 e nuovamente nel 1926.[3] Parte del convento fu gravemente danneggiato dal bombardamento aereo del 23 ottobre 1942 che distrusse quasi completamente il vicino ospedale, ormai dismesso, mentre venne risparmiata la chiesa.[4] Nel 1960 l'urna con le spoglie di Santa Caterina dalla cappella detta del "Deposito" venne trasferita nella sua attuale collocazione all'interno della chiesa.[4] Il mausoleo della santa, già nella cappella superiore, fu ricostruito dall'architetto Eugenio Fuselli e solennemente inaugurato dal cardinale Giuseppe Siri l'8 maggio 1960.[1] Descrizione artisticaEsternoDal sagrato si accede alla chiesa attraverso un doppio portale in marmo di fattura rinascimentale con lesene con testine di frati e capitelli decorati con foglie d'acanto, opera di Pier Antonio Piuma (1521). Il portale è sormontato da decori barocchi in gesso di Andrea Casaregis (1780) e da un ovale che incornicia il bassorilievo in stucco dell'Annunciazione, di Francesco Maria Schiaffino (1744).[2][3][6] Alla sinistra, sulla porta del convento una lunetta in pietra di Gaspare della Scala (fine del XV secolo) raffigurante le Stimmate di san Francesco riporta la data di fondazione del complesso (8 giugno 1488) e mostra sullo sfondo il profilo della prima chiesa.[1][2] InternoL'interno ha tre navate sorrette da pilastri, costituiti dalle originarie colonne di marmo bianco e nero rivestite in laterizio. Lungo le navate laterali si aprono dieci cappelle, in origine tombe gentilizie delle famiglie che contribuirono alla costruzione ed al mantenimento del complesso. Nella volta un grande medaglione racchiude l'affresco di Giuseppe Passano (realizzato nel 1837, in occasione del centenario della canonizzazione della santa) raffigurante il Trionfo di Santa Caterina, contornato da una serie di affreschi minori con figure di santi.[1][2] Per i numerosi artisti del XVI secolo che lavorarono alla sua decorazione la chiesa è stata definita "il grande cantiere del Cinquecento genovese".[2] Tra questi Giovan Battista Castello, Luca Cambiaso, Lazzaro[7] e Pantaleo Calvi, Andrea e Ottavio Semino. Oltre a questi la chiesa conserva opere di pittori e scultori di artisti dal XVII al XIX secolo.[3] L'organo della ditta Bianchi di Novi Ligure risale al 1892.[1] Presbiterio e absideNel presbiterio, fatto costruire nel 1563 dal nobile Battista Grimaldi, l'altare in marmo è sormontato da un Crocifisso ligneo di Giambattista Bissone (1597-1657),[1][2][6][8] già appartenuto alla casaccia di Santa Maria di Castello. Non fu casuale la scelta di commissionare a Giambattista Bissone, l'ornamento del presbiterio[9]. A Genova, non si era mai intervenuti ad un abside a struttura poligonale, ma Giambattista Bissone aveva già ottenuto committenze che comprendevano il rinnovamento architettonico, la ridefinizione dello spazio interno e la progettazione dell'intelaiatura a stucco per l'interno di palazzi e chiese. L'artista Giovan Battista Castello, detto "il Bergamasco" (1563)[2] , decise di porre al centro del catino dell'abside e nei peducci un ottagono irregolare al cui interno affrescò Cristo Giudice, circondato da angeli che sorreggono i simboli della passione. Il suo sguardo non è severo, ma misericordioso, e le sue braccia sono aperte in segno di accoglienza; si pensi che questa era la chiesa dell'Ospedale e che vi era quindi di comunicare un senso di divina protezione. Tutt'intorno sono presenti Stucchi a cuore contenenti i quattro Evangelisti e due Profeti. Nel 1567 il Bergamasco partì per la Spagna e, lasciando il progetto in sospeso e così subentrò il suo discepolo Luca Cambiaso. A quest'ultimo vennero commissionate le tre tele che avrebbero decorato il presbiterio: nell'abside un dipinto raffigurante l'Annunciazione ed alle pareti laterali due grandi tele sul tema del giudizio universale: Chiamata degli Eletti (parete di sinistra) e Cacciata dei reprobi (parete di destra).[2][6] Al di sotto delle due tele laterali vi sono due grandi pannelli marmorei raffiguranti a sinistra lo stemma dei Francescani, fondatori della chiesa, a destra il simbolo delle cinque piaghe di Gesù. Per ordine della committenza venne realizzata sulla pavimentazione del presbiterio un intarsio raffigurante lo stemma della famiglia Grimaldi, realizzato con intarsi marmorei.[1] L'altare maggiore, interamente in marmo, di leggiadro stile barocco, porta il pregevole crocefisso ligneo seicentesco realizzato da Giambattista Gaggini da Bissone detto il Veneziano.[9] Cappelle lateraliCappelle a destra
Cappelle a sinistra
Convento di Santa CaterinaAl convento annesso alla chiesa, a cui si accede dal sagrato, è formato da un insieme composito di edifici attorno al piccolo chiostro quattrocentesco, non aperto al pubblico, che conserva ancora gli affreschi originali con scene bibliche e di vita conventuale.[1] Cappella superioreAccanto a quello che immette nel chiostro, un altro ingresso, attraverso un ampio scalone, conduce ai piani superiori del convento e alla cappella superiore anche detta cappella del Deposito, in cui era conservata un tempo l'urna di santa Caterina. La cappella, la cui sistemazione nel XVIII secolo si deve a Gaetano Cantoni è affrescata da Santo Tagliafichi (1822) con raffigurazioni della santa (nella volta Santa Caterina in gloria e sulle pareti Visione e miracolo di Santa Caterina).[1] Museo dei Beni Culturali CappucciniIl museo annesso alla chiesa raccoglie numerosi beni artistici provenienti dai conventi dei cappuccini della Liguria. Accanto a opere d'arte di pittori genovesi dei secoli tra Cinquecento e Settecento, sono esposti arredi sacri e oggetti di artigianato e di arte povera cappuccina.[6][10][11] Il museo, nato nel 1970 con la denominazione di Museo di vita cappuccina, fu fondato da padre Cassiano da Langasco, che aveva raccolto nei conventi cappuccini numerosi oggetti d'arte povera e di uso quotidiano, realizzati dagli stessi frati. Arricchitosi nel tempo anche di opere di artisti quali lo Strozzi e il Fiasella, è stato inaugurato nel 2006 con la successiva denominazione ufficiale.[1][3] Note
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