Catherine de ParthenayCatherine de Parthenay (Mouchamps, 22 marzo 1554 – Mouchamps, 26 ottobre 1631) è stata un'umanista, poeta e mecenate francese, nonché drammaturga. Nata il 22 marzo 1554 a Park-Mouchamps, dipartimento della Vandea-Loira, e morta nel 1631 nello stesso luogo,[1] è stata una umanista francese, donna di eroismo antico, conosciuta ai suoi tempi per il suo impegno calvinista. Parlava e scriveva in latino, greco ed ebraico,[2] poeta, drammaturgo e mecenate delle arti, è la discendente di una linea di donne del Rinascimento, Michelle de Saubonne, (sua nonna), e Antoinette d'Aubeterre, la madre, che univano l'erudizione con la fede. Ha ricevuto a undici anni lezioni dal matematico François Viète, che era anche il segretario di sua madre. Sposò a quattordici anni il barone Charles de Quellenec, contro il quale intenterà (con la madre) un famoso processo per dichiararlo incapace di procreare. Tuttavia, alla morte del marito (durante il massacro di San Bartolomeo), ha composto un'Elegia alla sua gloria e quella dell'Ammiraglio Gaspard de Coligny. Poco dopo lei ambienta la tragedia dell'assedio, Oloferne, sotto a La Rochelle, di cui non rimane nulla. Dotata per la matematica e per la letteratura, si sposò in seconde nozze col visconte Renato II di Rohan, da cui ha avuto sei figli. Vedova una seconda volta, si dedica all'educazione dei suoi figli Enrico II di Rohan e Beniamino di Rohan, duca di Soubise, e delle sue figlie, Anne, Catherine e Françoise, nel suo castello di Blain poi al parco-Mouchamps. Conosciuta nel periodo come la madre dei Rohan, essa rimprovera a Enrico IV la sua abiura in un pamphlet pubblicato anonimo ma che a lei è unanimemente attribuito; qualche anno più tardi, la stessa compiangerà la sua morte in una bellissima poesia. Tallement des Réaux ha lasciato di lei il ritratto di donna lunatica e un po' spostata. Verso la fine della sua vita, combatterà a fianco dei suoi figli per fare rispettare lo spirito dell'editto di Nantes, ma la sua fazione (gli ugonotti) sarà sconfitta nel 1628 con il lungo assedio a La Rochelle, dopo una resistenza eroica, dove si dice che essa e la sua figlia Anne mangiarono il cuoio dei paramenti e sellerie dei cavalli. Imprigionata e poi esiliata sulle sue terre su ordine di Luigi XIII, morirà tre anni più tardi sui luoghi nativi, a settantasette anni. La si nomina secondo i periodi della propria vita Mademoiselle Soubise, la baronessa du Pons (o de Pont) o la madre dei Rohan. BiografiaUna giovinezza studiosa a MouchampsFiglia di Giovanni V di Parthenay-L'Archevêque,[Note 1] detto Soubise,[3] e di Antoinette d'Aubeterre, nipote di Michelle de Saubonne, Catherine de Parthenay era l'unica erede della potente famiglia ugonotta e poitevina dei Signori di Parthenay-Larchevêque.[4] Affidata alle nutrici,[5] poi educata dai suoi familiari, essa manifesta molto presto il suo interesse per l'astrologia e l'astronomia; sua madre le dà allora per precettore il suo segretario e avvocato delle cause dei Soubise, il matematico François Viète.[6] Per lei, il giovane professore compone dei trattati educativi (di cui uno solo ci è pervenuto) dove egli espone il mondo conosciuto all'epoca (tra cui le Indie), la conoscenza cosmografica di allora, le scoperte del loro tempo. Essa si forma, senza saperlo, con il fondatore dell'algebra moderna. Viète attribuirà, vent'anni dopo, la sua passione per la geometria all'entusiasmo che manifestava la sua giovane allieva per questa disciplina. Eminente crittografo, da lui apprende probabilmente in questo momento a scrivere lettere crittografate e a usare inchiostro invisibile.[7][8] La terra di Mouchamps dove hanno luogo queste lezioni di scienze e geografia è un rifugio per i calvinisti. Bernard Palissy vi fa cuocere le sue prime ceramiche;[9] vi sono convitati numerosi. Ma suo padre passa poco tempo vicino a lei: si trova in guerra al servizio di Luigi I di Borbone-Condé o alla Corte di Carlo IX a tentare di convincere Caterina de' Medici di dichiararsi a favore della riforma. Giovanni di Parthenay non risiede mai a lungo con sua moglie e sua figlia. Quando muore, il 1º settembre 1566, Antoinette d'Aubeterre trova il coraggio di accompagnarlo alla morte e di stargli vicino fino al suo ultimo respiro, ma al momento supremo fa uscire Catherine de Parthenay dalla camera.[10] Minacciando di riprendere i combattimenti tra le truppe reali, guidati dai Guisa, e le truppe calviniste, guidate dai luogotenenti di Giovanna d'Albret e suo figlio, Antoinette d'Aubeterre da quell'anno ricerca un partito adatto per la figlia. Sono disponibili tre: il figlio dell'Ammiraglio de Coligny, Henri de Pontivy, figlio minore della famiglia dei Rohan e il barone Charles de Quellenec, del casato di Pont-l'Abbé. La sua scelta è orientata da tempo sul primo, i preparativi sono pianificati ma il giovane Châtillon muore nel 1567 di peste[11] e il 15 giugno 1568, l'erede dei Soubise si sposa al parc-Mouchamps con il barone di Pont. Un processo per impotenzaAll'inizio, dispute riguardanti i preparativi conducono Antoinette Aubeterre a permettere alla giovane coppia di gestire le terre dei Soubise. Si trasferisce a La Rochelle, dove confidenze domestiche le fanno capire che il barone du Pont non onora come si conviene la moglie. Si confida con Teodoro di Beza, poi con Giovanna d'Albret, le viene assicurato che questo è motivo di scioglimento del matrimonio.[12] Nel 1570, il barone di Pont è fatto prigioniero nella battaglia di Jarnac.[13] Fugge (nonostante avesse giurato di rimanere prigioniero sulla parola) e raggiunge La Rochelle dove combatte agli ordini del visconte Renato di Rohan. Gravemente ferito alla mascella, rientra nelle terre di Mouchamps e apprende che la sua sposa è fuggita a La Rochelle.[14] Avendo Catherine de Parthenay confessato tutto a sua madre, il barone de Quellenec va a giurare davanti a Giovanna d'Albret che le voci sulla sua impotenza sono calunnie. È convinta tuttavia dalla menzogna e il barone promette alla regina di Navarra di adempiere al suo dovere, ma poco tempo dopo, il barone di Pont manda via sua moglie da La Rochelle e la fa rinchiudere nei suoi castelli in Bretagna.[15] Tuttavia, prima che la costringano a partire per il castello di Pont, Catherine de Parthenay manda una lettera a sua madre, dove comunica che non bisognerà più dar credito a ciò che scriverà ormai sotto costrizione.[12] (FR)
«Je, Catherine de Parthenay certifie à tous qu'il appartiendra, que ne pouvant résister à la volonté et force de M. de Pont, suis contrainte de le suivre à mon très grand regret et déplaisir, pour les raisons qui s'ensuivent ; à savoir, qu'il me contraint d'abandonner Madame de Soubise, Madame ma mère, grièvement malade en ce lieu, à laquelle je désire, comme j'y fuis obligée de Droit divin, et humain, faire tout secours, et service. Joint que je sens ma conscience chargée, estimant et craignant, que Dieu ne soit bien fort offensé, en ce que ledit Sieur demeure avec moi, et moi avec lui, comme s'il étoit mon mari et époux ; ce que non, d'autant qu'encore qu'il y ait deux ans et plus, que nous sommes joints ensemble par Contrat de Mariage, si n'en y a-t-il rien été ; et fuis au même état, que j'étaîs la veille de mes noces, et qu'ai toujours été dès ma naissance. Ce que j'ai voulu laisser par écrit, et signer de ma main, à Madame ma mère, pour m'en servir en temps, lieu, attestant devant Dieu, et ses Anges, que c'est la pure vérité. Fait à La Rochelle ce 6 Septembre 1570.» (IT)
«Io, Catherine de Parthenay, certifico a tutte le parti interessate, che non potendo resistere alla volontà e forza del Signore di Pont, sono costretta a seguirlo con mio grande rammarico e dispiacere, per le ragioni che seguono; vale a dire, che egli mi ha costretto ad abbandonare Madame de Soubise, mia madre vedova, gravemente malata in questo luogo, alla quale desidero, come fui obbligata dal Diritto divino e umano, prestarle ogni soccorso e servizio. Giunta a sentire la mia coscienza così gravata, credendo e temendo che Dio è molto offeso, da quello che dice il Signore giacente con me, e io con lui, come se egli sia mio marito e sposo; questo no, tanto più che ha avuto due anni e più, che noi siamo coniugi per Contratto di Matrimonio, che non c'è stato niente; e sono nello stesso stato che ero alla vigilia del mio matrimonio e che sono sempre stata dalla mia nascita. Quello che ho voluto lasciare in forma scritta e firmata da me, a Madame mia madre, per servirmene nei tempi, luoghi, attestanti davanti a Dio, e ai suoi Angeli, che questo è la pura verità. Fatto a La Rochelle questo 6 settembre 1570.» Tenuta prigioniera, scrisse allora (presumibilmente sotto costrizione) a sua zia de Rochechalas « che ci sono stati tali cambiamenti allo stato delle cose, che se sarà costretta a dire la verità, non potrà tenere lo stesso tono che aveva tenuto in precedenza ». A sua zia, Dama de la Rochechallas, avendo potuto renderle visita, Catherine de Parthenay dà in segreto una lettera per sua madre dove essa riafferma che non bisogna accordare alcun credito alle parole che le ha appena confidato.[16] Solo dei trucchi consentiranno allora a Caterina de Parthenay di corrispondere con la madre e col suo ex precettore con franchezza. Essa utilizza dell'inchiostro simpatico (succo d'arance o di limone) e scrive in versi latini e greci, lingue poco conosciute dal barone du Pont.[17] Nel dicembre 1570, Antoinette d'Aubeterre decide di portare la questione davanti alla Cour de France, Caterina de Medici e il duca d'Anjou; essa intenta un processo contro il marito della figlia, per impotenza assoluta (non risolvibile).[18] Nel febbraio 1571, tenuta prigioniera al castello di Rostreven, Catherine certifica nuovamente che le pratiche portate avanti da sua madre sono contrarie alla sua volontà; nonostante ciò, quest'ultima non desiste e ottiene dal sinodo, riunito a La Rochelle, che convenga di far liberare al più presto la falsa sposa. Nel luglio 1571, il barone du Pont lascia infine incontrare liberamente Catherine, a Durtal, un testimone della sua buona fede, il maresciallo de Vieuville agente al comando dell'Ammiraglio Gaspard II de Coligny. Dopo esitazioni, Catherine de Parthenay confessa la verità al vecchio maresciallo. Falsamente rassicurato da Vieuville, il barone ritorna allora al parco di Mouchamps, poi lascia che sua moglie raggiunga La Rochelle. Da allora Giovanna d'Albret, il futuro Enrico IV e Coligny sono convinti di avere il suo appoggio. Pertanto, essi sono riluttanti a mantenere delle forze a La Rochelle.[19] Separata una volta ancora da sua figlia, Antoinette d'Aubeterre poi cominciò a scrivere direttamente al re Carlo IX. La loro causa è discussa a porte chiuse davanti al gran consiglio martedì 11 settembre 1571.[20] Non sono state conservate tracce dell'ordinanza che è seguita;[12] sebbene indirizzata correttamente, il caso è rinviato davanti a un consiglio di medici e, successivamente, di giudici.[21] Presente a Parigi per le nozze di Margherita di Valois e del re Enrico di Navarra, il barone di Quellenec muore, assassinato nella corte del Louvre, la notte di San-Bartolomeo. Secondo una testimonianza scritta protestante, dopo essersi difeso valorosamente, il suo corpo fu trascinato nudo, poi esposto sotto le finestre del Louvre, le dame della corte volendo verificare "de visu" le cause dell'accanimento della vedova de Soubise contro il barone di Pont. « Per vedere cosa poteva avere, essendo un così bello e forte gentiluomo, col suo sesso impotente a stare con le donne" ».[22] Quanto a Catherine de Parthenay e a sua madre, devono la loro salvezza all'intervento di qualche nobile alleato del re, i loro immobili sono saccheggiati ma la mobilia viene risparmiata. De la Môle, Surgères, il duca di Bouillon chiedono la mano della giovane vedova e Antoinette d'Aubeterre progetta di lasciare la Francia. Sua figlia scrive durante questo periodo una elegia alla gloria di suo marito e dell'ammiraglio di Coligny. Infine, le due donne finiscono poi per raggiungere La Rochelle.[23] Madre dei RohanVedova ed erede di Soubise, Catherine de Parthenay è, a diciotto anni, una dei migliori partiti della nobiltà ugonotta. Di più, essa passa per essere una delle donne più intelligenti del suo tempo.[24] Corteggiata da Renato di Rohan de Pontivy, cadetto della Famiglia dei Rohan di cui lei è amica intima della sorella, la sfortunata Françoise de Rohan, essa non può tuttavia donargli la sua mano senza sminuire il suo status. Mentre le truppe del duca d'Anjou assediano La Rochelle, essa vi fa ambientare e rappresentare la sua tragedia Oloferne,[25] della quale non rimane nulla, al fine di galvanizzare, sembra, il morale delle donne, tra le quali alcune partecipano ai combattimenti.[26] In questo periodo, Renato II di Rohan perde i suoi due fratelli maggiori, Jean detto Frontenay (nel 1574) di cui riprende il nome, poi Enrico I (il 12 maggio 1575), morti senza discendenti maschi, cosa che fa di lui il nuovo Visconte di Rohan, che gli apporta in eredità il castello di famiglia di Blain. Alla notizia della morte di Enrico I di Rohan, giunta a Catherine de Parthenay, a La Rochelle, prima che René sia stato avvertito, si racconta che la signora d'Aubeterre conceda al messaggero la terra di ville Jégu, presso Josselin, presa dai suoi possedimenti, al fine di ricompensarlo di questa buona notizia.[27] Il matrimonio di Catherine e di Renato si svolge in privato, senza pompa, nel 1575; i loro testimoni sono i pastori Dominique de Losses, Denort e Gorré, e i compagni d'arme di Renato, Montgommery, Saint Gelais, Machecoult.[28] Il contratto di matrimonio regola le sorti delle terre e dei titoli trasmessi ai loro futuri figli.[29] Divenuta viscontessa di Rohan, Catherine gestisce le principali residenze dei Rohan in Bretagna: Blain, Josselin e Pontivy. Essa vi insedia delle chiese protestanti. Jean Pasquier[30] le dedica la sua edizione, contraffatta ed epurata[31] delle canzoni di Orlando di Lasso.[32] In quegli anni, protegge anche il poeta André de Rivaudeau. Nascono:
Essa consacra allora la sua vita ad allevare i suoi cinque figli e a sostenere il movimento protestante bretone.
Rovinata dalla guerraNel 1583 Jean de La Gessée le dedica una poesia nelle sue Jeunesses:[37] CitazioniGédéon Tallemant des Réaux, nelle sue Historiettes, ha ricordato che: ogni volta che Mr de Nevers, Mr. de Brèves e Catherine de Parthenay si trovavano insieme, conquistavano l'impero del Turco; modo di dire del tempo per esprimere che hanno rifatto il mondo. Opere
Note
Bibliografia
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