Barbadori
I Barbadori furono una storica famiglia di Firenze, abitante il sesto di Oltrarno. Storia familiareIl nome discenderebbe da un capostipite che per la barba bionda veniva chiamato "Barba d'oro". La famiglia si trova comunque a Firenze dal XII secolo, abitante il sesto di Oltrarno, dove ancora oggi esistono due torri dei Barbadori in Borgo San Jacopo e altre proprietà minori. La cappella familiare, dove avvenivano le sepolture dei suoi membri, erano nella chiesa di San Jacopo Soprarno. Furono mercanti e diedero alla Repubblica 18 priori e 2 gonfalonieri di Giustizia. Al tempo dell'esilio di Cosimo de' Medici Niccolò Barbadori intuì il rischio che il ritorno del banchiere avrebbe comportato alle istituzioni repubblicate, e per questo venne lodato da Niccolò da Uzzano: «sarebbe meglio esser chiamato Barba d'argento, perché venendo i tuoi consigli da uomo canuto dovrebbero essere più saggi[1]». Per questo il Barbadori venne poi esiliato assieme a Rinaldo degli Albizi, nel 1434. Altri rami familiari tuttavia rimasero in città, e vissero una stagione di ricchezza e benessere. Gherado di Bartolomeo Barbadori, morto senza figli nel 1429, lasciò i suoi averi ai Capitani di Orsanmichele perché realizzassero a Santo Spirito una cappella dedicata a san Frediano, patrono del quartiere; la pala d'altare venne commissionata a Filippo Lippi (1438) e oggi si trova al Louvre. I Barbadori ebbero anche una cappella in Santa Felicita, dove fecero realizzare una cupola sperimentale a Filippo Brunelleschi, che la realizzò senza impalcatura, prefigurando il cantiere di Santa Maria del Fiore. Nel 1615 la famiglia si estinse con Alessandro, che lasciò il proprio patrimonio a Maffeo Barberini, futuro Urbano VIII, figlio di una sua parente, Camilla Barbadori: di essa il Barberini, da cardinale, commissionò un busto a Gianlorenzo Bernini. Negli anni 1950, in onore alle loro torri, venne intitolata a essi la via dei Barbadori.
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