Aurora (cannoniera)
L'Aurora (già Marechiaro) è stata una cannoniera della Regia Marina. StoriaVarata nel 1904, la nave era in origine il panfilo a ruote britannico Taurus, che tra il 1904 ed il 1905 era stato acquistato dalla Marina imperiale austroungarica e, armato e sottoposto a lavori che avevano comportato l'eliminazione delle ruote e la conversione alla propulsione ad elica, era stato ribattezzato Nirvana[1]. Lungo 79,6 metri, dislocava 1220 tonnellate in carico normale e 1388 a pieno carico ed era propulso da un apparato motore composto da una caldaia e due macchine alternative a vapore della potenza di 1700 HP, che consentivano una velocità di 14 nodi[1]. Durante la prima guerra mondiale la nave non svolse ruoli di rilievo, e dopo il conflitto, con la dissoluzione dell'Impero austro-ungarico e della sua Marina, passò alla Regia Marina come preda di guerra[1]. Sottoposto nel 1923-1924 a lavori di risistemazione, il panfilo, ribattezzato Marechiaro, entrò in servizio sotto bandiera italiana nel 1924[1]. Dislocato dapprima in Mar Rosso e successivamente trasferito in Egeo, il Marechiaro operò in tali possedimenti sotto il controllo dei governatori locali[1]. Tra il 1927 ed il 1928 la nave venne sottoposta a radicali lavori di rimodernamento: lo scafo fu allungato di venti metri portando il dislocamento a pieno carico a 1501 tonnellate e l'apparato motore fu sostituito da un nuovo di potenza doppia, che consentì di aumentare di un nodo la velocità[1]. La nave, ribattezzata "Regia nave Aurora", venne quindi destinata come panfilo del capo del governo Benito Mussolini[1] e per l'occasione gli interni vennero ridisegnati dall'architetto Melchiorre Bega e adattati per ospitare Mussolini e i suoi ospiti.[2] Così riallestita la nave per dieci anni operò come panfilo del Capo del Governo. Nel 1930 sbarcò i quattro pezzi da 76/40 mm, sostituiti con due cannoni da 57/43 mm[1]. Nel 1938 la nave venne riclassificata cannoniera[3]. All'ingresso dell'Italia nella seconda guerra mondiale, il 10 giugno 1940, l’Aurora non era inquadrata in alcuna formazione, bensì posta sotto il diretto controllo di Supermarina[4]. Essendo un'unità minore, non prese parte ad eventi bellici di rilievo. Intorno al 1941 la nave venne impiegata anche come nave bersaglio e nave scuola telemetristi[5][6]. Successivamente alla proclamazione dell'armistizio, nel settembre 1943, l’Aurora, al comando del tenente di vascello Attilio Gamaleri, lasciò la base di Pola[1], dove si trovava, diretta verso sud, per raggiungere un porto rimasto sotto il controllo italiano od alleato[7]. Intorno alle tre di notte dell'11 settembre 1943, tuttavia, al largo di Ancona, la cannoniera s'imbatté nelle due motosiluranti tedesche S 61 ed S 64, partite da Taranto e dirette a Venezia[8]. La S 54, portatasi per prima nei pressi della nave (che navigava oscurata), le ordinò di fermarsi, non ricevendo tuttavia risposta: a quel punto la motosilurante tentò di lanciare un siluro, ma non vi riuscì per un guasto. Immediatamente dopo la S 61 si portò all'attacco e lanciò due siluri, uno dei quali poté essere evitato dalla nave italiana, ma l'altro andò a segno: scossa dallo scoppio delle caldaie, l’Aurora affondò nel giro di alcuni minuti[8] ad una decina di miglia dalla costa. Scomparvero con la nave 26 uomini, mentre i 62 superstiti (tra cui il comandante Gamaleri[7][9]) vennero recuperati dalle motosiluranti tedesche[8]. Note
Bibliografia
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