L'odierna arcidiocesi è frutto dell'unione di due sedi preesistenti, Amalfi e Cava de' Tirreni.
Amalfi
Non si conosce l'origine della sede vescovile di Amalfi. La prima menzione storicamente documentata della sua esistenza è in una lettera di Gregorio Magno al suddiacono Antemio del 596, in cui viene citato il vescovo Pimenio (o Primenio o Pigmenio). Dopo di lui la serie dei vescovi si interrompe per mancanza di documenti, per riprendere solamente nel IX secolo. Da questo momento, fonti principali per lo studio della storia della città e della diocesi di Amalfi sono il Chronicon Amalphitanum e la Chronica archiepiscoporum Amalfitanorum, che riportano i nomi di diversi vescovi, a partire da Pietro I, documentato dall'829, e ancora vivente alla morte di Sicardo, principe di Benevento (839).
Nel 1087 anche Ravello fu eretta a sede vescovile da papa Vittore III, con territorio scorporato da quello di Amalfi, e con il privilegio di esenzione dalla giurisdizione metropolitica amalfitana e l'immediata soggezione alla Santa Sede.
Nel periodo post-tridentino, si distinsero l'arcivescovo Giulio Rossino (1576-1616), nunzio apostolico a Napoli, che convocò due sinodi diocesani ed uno provinciale (1597); e Matteo Granito (1635-1638), che restaurò la cattedrale ed il palazzo vescovile, ed istituì il seminario arcivescovile.
In seguito al concordato del 1818 tra il papa Pio VII e il re Ferdinando I, con la bollaDe utiliori Amalfi perse tutte le sue diocesi suffraganee che furono soppresse: le diocesi di Minori e Scala (con la sede di Ravello) furono incorporate ad Amalfi; Lettere fu assorbita dalla diocesi di Castellammare e Capri fu aggregata all'arcidiocesi di Sorrento. Da questo momento, Amalfi divenne semplice arcidiocesi, immediatamente soggetta alla Santa Sede.
Il 7 agosto 1394, con la bolla Salvatoris nostri di papa Bonifacio IX, la terra di Cava fu elevata a città e la chiesa dell'abbazia della Santissima Trinità dichiarata cattedrale di una nuova diocesi, resa immediatamente soggetta alla Santa Sede, con territorio distaccato da quello della diocesi di Salerno. L'abbazia della Santissima Trinità di Cava non venne più governata da un abate, ma da un priore sottoposto al vescovo, e la comunità dei monaci formava il capitolo della cattedrale. Il vescovo che doveva essere un secolare, godeva di tutti i privilegi e di tutti i diritti di un abate regolare sull'abbazia cavense e doveva risiedere alla Badia, la cui chiesa venne dichiarata cattedrale della nuova diocesi.[2]
Da quando nel 1431, il vescovo Angelotto Fosco fu elevato alla dignità cardinalizia e volle ritenersi in commenda[3], percependone le rendite, l'abbazia e la diocesi cavense, fu affidata a vicari generali che si preoccuparono prevalentemente dell'amministrazione dei beni temporali, provocando il decadimento dell'azione spirituale e sociale della badia, che anche a causa dei rivolgimenti politici, si esaurì quasi del tutto.
Nei decenni seguenti l'abbazia perse il suo antico splendore di virtù e di santità. Nel monastero, nei priorati, nelle parrocchie e nelle chiese più remote i pochi monaci rimasti vivevano senza il rispetto della regola in assoluta libertà ed autonomia. Per l'abbazia della Santissima Trinità de La Cava, così come era già successo per tanti altri monasteri che da tempo versavano nelle stesse condizioni, si rese necessario riformare la regola cenobitica. Il cardinale Oliviero Carafa (1485-1511) decise di rinunciare alla commenda e riportò nel monastero benedettino la vita claustrale regolare. Pertanto, il 10 aprile 1497 con bolla di papa Alessandro VI, il monastero cavense con tutte le sue dipendenze fu incorporato nel movimento monastico riformato della Congregazione di Santa Giustina di Padova (detta poi Cassinese)[4].
L'annessione dell'abbazia cavense alla Congregazione di Santa Giustina fu in un primo momento voluta ma poi contrastata dal popolo di Cava. I monaci, che avevano ritenuto la giurisdizione episcopale cavense voluta da Papa Bonifacio IX la principale causa dei propri mali, furono essi stessi a chiedere al cardinale Oliviero Carafa di includere, nelle clausole che andava a stipulare per il passaggio dell'abbazia alla Congregazione di Santa Giustina, oltre alla sua rinunzia alla commenda, anche la soppressione, alla sua morte, della giurisdizionale del vescovato di Cava.
Ma la università della Città de La Cava, che non aveva gradito la clausola della soppressione del vescovato perché ritenuta lesiva del proprio prestigio e diritto della urbs episcopalis cavensis, nel dicembre del 1503, insorgeva contro i monaci.
Il contrasto esplose quando l'abate Michele di Tarsia si rifiutò di riconoscere l'impegno in precedenza assunto dall'abate Arsenio di far erigere un nuovo vescovato cavense costituendone la relativa mensa. Il 6 marzo 1507, mercoledì delle Ceneri, la popolazione capeggiata da Ferdinando Castriota, dalla famiglia Longo e da altri esponenti della università, prendendo a pretesto alcune questioni di pascoli e sfruttamento di boschi sorte con i benedettini, fece irruzione nel monastero e mise a saccheggio le celle e l'appartamento dell'abate. I monaci si rifugiarono nel priorato di Sant'Angelo in Grotta a Nocera Inferiore, mentre la chiesa dell'abbazia venne affidata a dei preti diocesani.
Con la morte del cardinale Oliviero Carafa, avvenuta il 20 gennaio 1511 la questione del nuovo vescovato si fece attuale e pressante. Iniziarono snervati trattative senza esito tra l'università di Cava e la Congregazione di Santa Giustina.
La controversia fu risolta solo quando, il cardinale Luigi d'Aragona chiese l'intervento di papa Leone X di cui fu valido sostenitore nel conclave del 4 marzo 1513. Il pontefice, a solo tre giorni dall'insediamento sul soglio pontificio, accolse la richiesta dei cavesi e con la bollaSincerae devotionis del 22 marzo 1513[5] soppresse la diocesi abbaziale istituita dal suo predecessore papa Bonifacio IX nel 1394 e costituì la nuova diocesi di Cava, resa autonoma dall'abbazia benedettina, con sede nella cattedrale di Santa Maria Maggiore a Cava. Con la stessa bolla, il papa trasferì il cardinale Luigi d'Aragona dalla sede di Capaccio a quella cavense in qualità di amministratore apostolico; il primo vescovo, Pietro Sanfelice, fu nominato l'anno successivo. La nuova diocesi comprendeva l'intera valle metelliana (comprensiva degli odierni territori di Cava, Vietri sul Mare e Cetara) ed il territorio di Sant'Arsenio (nella vallo di Diano), eccetto alcuni priorati sparsi.[6]
Dal 1520 la diocesi di Cava venera come patrono il vescovo Sant'Adiutore. Secondo i Bollandisti, questi fu uno dei vescovi africani che, in seguito all'invasione dell'Africa settentrionale da parte dei Vandali, si rifugiarono in Campania. Secondo la tradizione, Adiutore svolse il suo apostolato di evangelizzazione nella valle di Cava.
Il 25 settembre 1972 ebbe termine l'unione aeque principaliter delle diocesi di Cava de' Tirreni e Sarno, e fu nominato un nuovo vescovo per Sarno. Contestualmente il vescovo di Cava, Alfredo Vozzi, fu nominato anche arcivescovo di Amalfi, unendo così in persona episcopi le due sedi.
Il 13 aprile 1979 Amalfi, con il titolo arcivescovile, e Cava de' Tirreni, entrambe immediatamente soggette alla Santa Sede, sono entrate a far parte della provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Salerno.[8]
Il 30 settembre 1986, con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi, le due sedi di Amalfi e Cava sono state unite con la formula plena unione e la nuova circoscrizione ecclesiastica sorta dall'unione ha assunto il nome di arcidiocesi di Amalfi-Cava de' Tirreni.
L'arcidiocesi nel 2022 su una popolazione di 100.900 persone contava 100.500 battezzati, corrispondenti al 99,6% del totale.
anno
popolazione
presbiteri
diaconi
religiosi
parrocchie
battezzati
totale
%
numero
secolari
regolari
battezzati per presbitero
uomini
donne
arcidiocesi di Amalfi
1959
41.000
41.000
100,0
91
69
22
450
22
140
55
1970
43.861
43.880
100,0
84
60
24
522
29
142
55
1980
41.380
41.704
99,2
68
50
18
608
22
129
55
arcidiocesi di Amalfi-Cava de' Tirreni
1990
97.200
100.150
97,1
103
61
42
943
6
48
130
76
1999
102.700
103.351
99,4
108
66
42
950
12
47
128
76
2000
102.700
103.351
99,4
106
64
42
968
16
47
128
76
2001
102.700
103.351
99,4
94
65
29
1.092
16
34
128
76
2002
102.700
103.351
99,4
94
65
29
1.092
16
34
128
76
2003
102.700
103.351
99,4
92
63
29
1.116
17
34
128
76
2004
102.700
103.351
99,4
89
60
29
1.153
17
34
128
76
2006
102.700
103.351
99,4
82
55
27
1.252
17
29
112
76
2012
102.100
102.800
99,3
89
62
27
1.147
17
30
96
76
2015
100.743
101.396
99,4
84
61
23
1.199
18
25
81
79
2018
100.620
101.270
99,4
97
67
30
1.037
18
32
70
79
2020
100.550
101.200
99,4
99
66
33
1.015
16
40
71
79
2022
100.500
100.900
99,6
96
69
27
1.046
16
31
66
77
Note
^Testo della bolla in: Ughelli, Italia sacra, I, coll. 607-611.
^Paul Guillaume, Essai historique sur l'abbaye de Cava…, pp. 222-225.
^Istituto in base al quale a uno stesso vescovo erano assegnate le rendite provenienti da più diocesi.
^Massimo Buchicchio, Reverendissimi in Christo Patres et Domini Cardinali commendatari de la abbazia de la Sanctissima Trinità et Episcopi de la cità de La Cava, Cava de' Tirreni 2011
^Testo della bolla in: Ughelli, Italia sacra, I, coll. 616-618.
^Paul Guillaume, Essai historique sur l'abbaye de Cava…, p. 293.
^Nelle nomine dei vescovi, presenti negli Acta Apostolicae Sedis del Novecento, si usa sempre l'espressione: Cathedralibus Ecclesiis Cavensi et Sarnensi, invicem perpetuo unitis ….
^Queste stesse tre parrocchie facevano già parte della diocesi di Cava de ' Tirreni fino al 1979, quando, con un decreto della medesima Congregazione, erano state cedute all'abbazia (AAS 71, 1979, pp. 1361-1363).
^La cronologia dei vescovi da Pietro I (829) a Mastalo († 987) è data dall'autore della storia dell'arcidiocesi nel sito Beweb - Beni ecclesiastici in web.
^La cronologia è offerta da Kehr (Italia pontificia, VIII, pp. 386 e 389), con le dovute cautele, essendo le fonti discordanti fra loro. La Chronica episcoporum Amalphitanorum riporta come data di morte il 15 aprile, che Ughelli ha letto come 25 aprile.
^Per una errata trascrizione della Chronica episcoporum Amalphitanorum fatta dal Pelliccia, il nome di Lorenzo è stato letto come Leone, con la conseguente introduzione nella cronotassi amalfitana di un Leone III, tra Leone II e Lorenzo, vescovo mai esistito.
^Data riportata dalla Chronica; Pier Damiani ha invece il 1049.
^Da non confondere con l'omonimo prelato, che fu vescovo dal 1370 di Castellammare di Stabia, e poi di Cassano, Brindisi e Taranto, e quindi cardinale.
^Contestualmente fu nominato arcivescovo titolare di Atene. Il 29 aprile Giovanni Nicolini era stato nominato vescovo di Verdun. Ma la nomina non ebbe effetto e Guillaume de Haraucourt accettò invece Giovanni Nicolini come vescovo coadiutore. Vedi Eubel, vol. II, p. 269
^Durante la vacanza della sede furono amministratori apostolici Angelo Raimondo Verardo, dal 1966 all'8 aprile 1967, e Jolando Nuzzi, dal 1968 al 1972.
(DE) Norbert Kamp, Kirche und Monarchie im staufischen Königreich Sizilien. Prosopographische Grundlegung. Bistümer und Bischöfe des Königreichs 1194-1266. 1. Abruzzen und Kampanien, München, 1973, pp. 390–405