Antonio Gandin
Antonio Gandin (Avezzano, 13 maggio 1891 – Cefalonia, 24 settembre 1943) è stato un generale italiano, decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria per i tragici fatti di Cefalonia del settembre del 1943. BiografiaAntonio Gandin nacque ad Avezzano in Abruzzo nel 1891, figlio di Pietro, prefetto del regno, e di Colomba Desideri. Proveniente da una famiglia originaria di Bagnaia (dal 1928 frazione di Viterbo) con forti tradizioni militari, (anche il fratello Aldo, nato nel 1895, era generale allo stato maggiore del regio esercito, mentre suo fratello Vittorio era un ingegnere. Suo nipote Ugo, figlio della sorella Lucia fu un noto magistrato), Gandin era laureato in lettere, frequentò la Regia Accademia Militare di Modena ed ottenne il grado di sottotenente nel 1910. Partecipò alla guerra italo-turca sul fronte libico tra il 1911 ed il 1912; diventato tenente combatté la guerra contro l'impero austro-ungarico nelle file del 136º reggimento, guadagnandosi una Medaglia d'argento, una di bronzo e due Croci di guerra al valor militare. Dopo la fine della prima guerra mondiale espletò importanti incarichi per conto del Ministero della Guerra, poi del SIM, quindi insegnò alla Scuola di guerra. Fu promosso colonnello nel 1935 ed ebbe il comando del 40º Reggimento fanteria; nel 1937 entrò nello Stato Maggiore del Regio Esercito. Promosso generale di brigata nel 1940, fino al 1942 fece parte del Comando supremo militare italiano, quando divenne generale di divisione del Regio Esercito Italiano ed ottenne una Croce di Ferro di I Classe tedesca durante i combattimenti dello CSIR, poi ARMIR, sul fronte russo. Dal 16 giugno 1943 fu comandante della Divisione "Acqui"; fu fucilato dai tedeschi per non aver voluto accettare la resa incondizionata, dopo una sorta di "referendum" tra i soldati (in realtà una consultazione informale, dato che sarebbe stato impossibile interpellare tutti i militari sparsi sull'isola)[1], e aver organizzato una caparbia e sfortunata resistenza contro gli stessi tedeschi che condusse all'eccidio di Cefalonia[2]. «Viva l'Italia, viva il Re» Poco prima era scampato anche ad un attentato da parte di un carabiniere, che gli lanciò vanamente una bomba a mano. I suoi resti non sono stati recuperati. A lui è dedicata la caserma del 1º Reggimento "Granatieri di Sardegna" di Roma. OnorificenzeOnorificenze italiane— Regio Decreto 18 ottobre 1942[4]
«In difficile situazione politico militare, quale comandante della difesa di un’isola attaccata con forze preponderanti dal mare e dal cielo, riusciva con le poche forze a sua disposizione in un primo tempo a stroncare l’azione nemica, successivamente a contenere palmo a palmo l’avanzata dell’avversario sempre crescente in forze, animando col valore e con la capacità personale le sue truppe, fino alle estreme possibilità di resistenza. Catturato dal nemico coronava col supplizio stoicamente sopportato l’eroismo e l’alto spirito militare di cui aveva dato luminosa prova in combattimento. Isola di Cefalonia, 11-25 settembre 1943.[5]»
— Regio Decreto 14 novembre 1935[6]
Onorificenze straniereCarriera militare
Note
Bibliografia
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