Antonio affronta i primi studi in ambito artistico durante la prima giovinezza, guidato e aiutato dal padre, che muore quando Antonio è appena diciottenne. Gli insegnamenti paterni, quindi, nel complesso si rivelano scarsi, limitati forse a pochi aiuti (come le statue del di Sant'Agata) e non oltre i primi approcci con la tecnica scultorea. Gli studi momentaneamente si interrompono, anche a causa del fatto che Brescia, in quegli anni, è "senza scultori", cioè non esiste una bottega valente nel campo in grado di proseguire la formazione artistica del giovane, iniziata dal padre.
Tutto ciò è evidente nelle sue prime opere, dove appaiono deliziose minuzie costruttive di particolari di visi e stoffe, con interminabili linee parallele nei panneggi, il tutto retto da una mano poco sicura, che procede per tentativi. È chiara la sua ricerca di una personale finezza stilistica, severa e irrigidita, piena di passione, soprattutto oltre le prime opere, sempre spinto a indugiare nei più minuti particolari per fare sempre più salde le sagome delle sue figure. Si nota anche un desiderio di avvicinarsi alla tradizione scultorea più consolidata a cui potesse avere accesso, quella ormai spenta dei Carra, dai quali trae la severità nell'operare.
La probabile prima opera, una statua di Santa Scolastica per una nicchia dello scalone del monastero dei Santi Faustino e Giovita, contiene tutte queste particolari caratteristiche: il corpo è mosso con una parca lentezza ed è finemente allungato, le cadenze dei panni sono rigide, così come il velo che ricopre il viso. Il volto della santa è un poco grasso, sfiorito, vivo nella sua castità monacale. Il tutto appare immerso in una certa aria arcaica. Stesso discorso per la statua di Santa Chiara, posta in sommità della scalinata dell'orto dell'omonimo monastero cittadino.
Negli anni successivi raggiunge la maturità artistica completando gli studi fuori città, probabilmente a Milano nella bottega di Carlo Francesco Mellone. La sua arte matura fonderà in ultimo le sue rigide sperimentazioni iniziali con le libere movenze barocche, creando opere caratterizzate da una linea guida avvolgente e continua, rimanendo nel complesso ben piene e consolidate.
Il grande busto di Angelo Maria Querini, firmato e datato 1749, posto in cima al portale, affiancato dalle statue della Fede e della Carità del Duomo nuovo. All'interno della cattedrale, sono opera sua le statue giganti dei Santi Gaudenzio e Filastrio, i putti attorno al sepolcro di Querini nel coro e le statue della Fede e dell'Umiltà ai lati dell'altare dell'Angelo Custode.
Uno stucco raffigurante il martirio dei Santi Faustino e Giovita (perduto)
Il busto di Angelo Maria Querini nel palazzo della Biblioteca Queriniana, nell'odierna anticamera alle sale di lettura.
Statue della Carità e Umiltà, un gruppo della Trinità e putti per la cappella della Beata Vergine della Cintola nella chiesa di San Barnaba. Le prime due statue sono oggi nella chiesa parrocchiale di Lovere, le altre sono andate perdute.
Statue simboliche e un bassorilievo raffigurante la Pietà nella chiesa di Sant'Alessandro. Nella stessa chiesa, anche un crocifisso in marmo conservato in sacrestia.
Angeli e ornamenti vari per l'altare della cappella della Beata Vergine del Rosario nella chiesa di San Clemente[1], più alcuni putti e una statua di Santa Rosa, perduti durante i rifacimenti neoclassici del 1811.
Statue della Nobiltà e dell'Onore nello scalone di Palazzo Gaifami e due leoni in stucco reggenti lo stemma di famiglia (tutto perduto).
Lapidazione di Santo Stefano come paliotto per l'altare maggiore della parrocchiale di Bedizzole
Statue di Ester e Giuditta per la cappella della Madonna del Popolo nel Duomo di Cremona
Due angeli e due cherubini per la chiesa di Tagliuno, nel bergamasco.
Statue dell'Immacolata Concezione e della Divina Giustizia per l'altare di San Giuseppe nella parrocchiale di Chiari[2]. Nella stessa chiesa, sono opere sue le statue di San Stanislao Kostka e San Luigi Gonzaga per l'altare di San Giacomo.
Statue dei Santi Fermo, Rustico e Procolo per il quarto altare destro nel Duomo di Bergamo.
Giovanni Battista Carboni, Le pitture e sculture di Brescia che sono esposte al pubblico, Brescia 1760
Manoscritto anonimo, conservato nella Biblioteca Queriniana di Brescia con segnatura K.V.4, 1779
Stefano Fenaroli, Dizionario degli artisti bresciani, Brescia 1877
Giuseppe Sava, I Calegari - Una dinastia di scultori nell'entroterra della Serenissima, Silvana Editoriale, Milano, 2012
Fiorenzo Fisogni, Scultori e lapicidi a Brescia, dal tardo Classicismo al Rococo' (In Scultura in Lombardia. Arti plastiche a Brescia e nel Bresciano da XV al XX secolo. Skira 2010.)