Il nome della tribù deriva dal suo genere tipoAngelonia Bonpl., 1812 la cui etimologia è relativa a una parola volgare sudamericana.[4] Il nome scientifico della tribù è stato definito inizialmente dal botanico inglese George Bentham (22 settembre 1800 – 10 settembre 1884) nel 1846, ma perfezionato in seguito dal botanico americano, studioso soprattutto del gruppo delle Scrophulariaceae, Francis Whittier Pennell (1886 – 1952) nella pubblicazione "Proceedings of the Academy of Natural Sciences of Philadelphia. Philadelphia - Proc. Acad. Nat. Sci. Philadelphia 71: 227" del 1920.[5][6]
Descrizione
Il portamento delle specie di questa tribù è erbaceo annuale o perenne; sono presenti anche arbusti e piccoli alberi. In Ourisia il portamento è cespitoso. La superficie di queste piante può essere glabra oppure villosa o viscida-pubescente o ghiandolare-pubescente. I fusti sono prostrati, ascendenti oppure eretti con sezione affusolata. Alcune specie sono xerofite (Melosperma).[1][7][8]
Le foglie cauline hanno una disposizione opposta, ma sono alternate nella parte apicale. Sono sessili o subsessili, oppure brevemente picciolate, con forme da lineari o lanceolate ad ovoidi, o anche subulato-affusolate in Monttea, apici acuminati (ma anche ottusi in Monopera) e margini interi, dentati o minutamente seghettati.
Le infiorescenze sono racemose o talvolta formate da cime ascellari con 2 - 3 fiori (Monttea). I fiori sono distintamente pedicellati. In Ourisia le infiorescenze sono frondose o bratteate. Le bratteole sono presenti in Monopera, assenti altrove.
Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X o * K (4-5), [C (4) o (2+3), A 2+2 o 2], G (2), capsula.[7]
Il calice, con forme da tubolose a campanulate, è più o meno attinomorfo e gamosepalo. Il tubo (a volte obliquo) termina con 5 profondi (ma non sempre) lobi subuguali con forme da lanceolate a triangolari-ovoidi. La superficie può essere percorsa da 10 venature prominenti. In alcune specie il calice è accrescente alla fruttificazione con consistenza carnosa.
La corolla, gamopetala, ha un tubo bisaccato con una o due gibbosità a forma di sperone nella parte abassiale. Il tubo a volte molto corto (altre volte è lungo come i lobi) termina con due labbra (corolla bilabiata); in alcune specie le due labbra sono appena distinguibili; in altre il tubo è fortemente incurvato oppure subruotato. I lobi delle labbra sono patenti con forme orbicolari; i margini possono essere cigliati. Il colore della corolla varia da blu a violetto (anche chiaro); in Ourisia è rossa o arancio con la gola gialla.
L'androceo è formato da 4 stamididinami. Un quinto stame, quello mediano, è ridotto ad un minuto staminoide. I filamenti sono adnati alla corolla e sono inclusi (o raramente sporgenti) nel tubo corollino. Le antere sono formate da due teche arrotondate e uguali con portamento da separato a confluente; la deiscenza è longitudinale. I granuli pollinici sono tricolporati.
I frutti sono delle capsule con deiscenzaloculicida o setticida oppure sono subindeiscenti (Monttea). I semi, da pochi a numerosi, con delle teste a consistenza ialina-membranosa, hanno delle superfici reticolato-faveolate. L'endosperma è assente.
Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
Dispersione: i semi cadendo (dopo aver eventualmente percorso alcuni metri a causa del vento - dispersione anemocora) a terra sono dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).
Distribuzione e habitat
La distribuzione delle specie di questa tribù è soprattutto relativa all'America Latina con habitat più o meno tropicali.
Tassonomia
La famiglia di appartenenza di questo gruppo (Plantaginaceae) comprende 113 generi con 1800 specie[7] (oppure secondo altri Autori 114 generi e 2400 specie[8], o anche 117 generi e 1904 specie[2] o 90 generi e 1900 specie[10]) ed è suddivisa in tre sottofamiglie e oltre una dozzina di tribù. La tribù di questa voce appartiene alla sottofamiglia Gratioloideae.[1]
A questo elenco talvolta si aggiunge il genere Saccanthus Herzog, 1916, ma la maggioranza delle checklist lo considera un sinonimo di Basistemon.[1][2]
Filogenesi
Inizialmente questa tribù era descritta all'interno della famiglia Scrophulariaceae[1], quindi nella famiglia Veronicaceae[2]. L'attuale posizione tassonomica è stata realizzata con i nuovi sistemi di classificazione filogenetica (classificazione APG).[10] Inizialmente la tribù consisteva in due soli generi (Angelonia e Monopera).[1] In seguito sono stati aggiunti gli altri generi:
Basistemon in precedenza era descritto nella tribù Hemimerideae Benth., 1835 (Scrophulariaceae). La posizione di questo gruppo è tuttavia ancora incerta.[11]
Melosperma insieme alle specie del genere Monttea Gay (4 specie in tutto) era inserito nella tribù Melospermeae Rossow, 1985[1], ora considerata obsoleta.[2][3]
Monttea insieme alle specie del genere Melosperma Benth. (4 specie in tutto) era inserito nella tribù Melospermeae Rossow, 1985[1], ora considerata obsoleta.[2][3]
Ourisia fino a poco fa era considerato incertae sedis all'interno della sottofamiglia Digitalioideae (famiglia Veronicaceae).[1][2]
Un recente studio molecolare filogenetico ha rilevato che nella tribù sono presenti due cladi principali: (1) primo clade formato dai generi Angelonia (con l'inclusione di Monopera) e Basistemon; (2) secondo clade formato dai generi Monttea, Melosperma e Ourisia. Il genere Angelonia risulta non essere monofiletico in quanto al suo interno è nidificato il genere Monopera. È stato inoltre calcolato che la dispersione a lunga distanza (dal Cile all'Australasia) del genere Ourisia sia avvenuta circa 3 - 6 milioni di anni fa; mentre la separazione della tribù dal resto della sottofamiglia (Gratioleae) potrebbe essere datata a circa 46 (34 - 61) milioni di anni fa. I due cladi potrebbero essersi separati circa 35 milioni di anni fa.[12]
Il cladogramma a lato, tratto dallo studio citato[12] e semplificato, mostra l'attuale conoscenza della struttura della tribù.
D. C. Albach, H. M. Meudt and B. Oxelman, Piecing together the “new” Plantaginaceae, in American Journal of Botany, vol. 92, n. 2, 2005, pp. 297-315 (archiviato dall'url originale il 30 novembre 2016).