Vito Sinisi
Vito Sinisi (Ripacandida, 26 novembre 1918 – Cielo del Mediterraneo, 24 giugno 1941) è stato un militare e aviatore italiano, decorato con una medaglia d'oro al valor militare alla memoria durante il corso della seconda guerra mondiale. BiografiaNacque a Ripacandida nel 1918.[1] Dopo aver frequentato la Scuola industriale di Melfi nel 1927 si arruolò nella Regia Aeronautica, frequentando il corso armieri presso la Scuola specialisti di Capua.[2] Assegnato alla 180ª Squadriglia idrovolanti, tra il 1928 e il 1931 prestò servizio presso l'Aeronautica della Cirenaica.[2] Rientrato in Italia con il grado di primo aviere, successivamente prestò servizio presso la 184ª Squadriglia idrovolanti del 3º Stormo Bombardamento Matittimo a Pola, poi sull'aeroporto di Foggia e infine al 20º Stormo Bombardamento Terrestre sull'aeroporto di Centocelle.[2] Nel marzo 1935 partì per l'Africa Orientale Italiana partecipando alla guerra d'Etiopia per rientrare in patria nel 1936 con il grado di sergente maggiore.[2] Nel corso del 1939 fu promosso maresciallo di 3ª classe, e dopo l'entrata in guerra del Regno d'Italia, il 10 giugno 1940, passò alla specialità aerosilurante, assegnato in forza alla 279ª Squadriglia, del neocostituito 131º Gruppo Autonomo Aerosiluranti.[3] Nel giugno del 1941 con la sua squadriglia, equipaggiata con i Savoia-Marchetti S.79 Sparviero, fu distaccata sull'aeroporto di Derna.[2] Cadde in combattimento il 24 dello stesso mese, e per il coraggio dimostrato in questo frangente venne decorato con la medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[4] Onorificenze«Maresciallo armiere di provata capacità e di ardimento, volontariamente partecipava ad una rischiosa azione di aerosiluramento contro unità navali nemiche. Durante la missione, svoltasi sotto l’infuriare di una violentissima reazione contraerea, manteneva contegno calmo e sereno. Attaccato da caccia, rispondeva con la propria arma all’offesa nemica, fino a quando una raffica lo abbatteva mortalmente ferito. Costretto il velivolo ad ammarare, veniva accolto sul battellino di salvataggio. Con le carni straziate dal piombo nemico sopportava con stoica fermezza il tormento di una lunga permanenza in mare, senza un lamento, solo timoroso di essere d’impaccio ai camerati col proprio corpo ormai inutile. Sentendosi prossimo alla fine rivolgeva ai compagni parole di saluto per la Patria e per la sua famiglia pregando di essere, dopo morto, gettato in mare. Quindi spirava con la nobile serenità dei più puri eroi italici. Cielo del Mediterraneo Orientale, 24 giugno 1941 .[4]»
— Regio Decreto 22 dicembre 1941.[5] NoteAnnotazioni
Fonti
Bibliografia
Voci correlateCollegamenti esterni
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