TenguI tengu (天狗?) sono un tipo di creature fantastiche dell'iconografia popolare giapponese, a volte considerati kami e a volte yōkai. Sono spesso associati ad altri yōkai, gli oni. Aspetto e variantiI tengu assumono varie forme, ma generalmente sono rappresentati come uomini-uccello, demoni-corvo dotati di un lungo naso prominente o addirittura di becco, con ali sulla testa e capelli spesso rossi. Quelli meno potenti, karasu tengu (烏天狗?), kotengu (小天狗?) o konohatengu (木の葉天狗?), sono ritratti come più simili agli uccelli. La faccia può essere rossa, verde o nera, e le loro orecchie e capelli sono generalmente umani. Sono dotati di ali che battono rapidamente come quelle di un colibrì. Ali e coda sono piumate, e talvolta lo è tutto il corpo. Possono portare un pastorale buddhista con anelli in cima detto shakujo, che serve a combattere o a difendersi dalla magia oscura. Gli yamabushi tengu (山伏天狗?), ōtengu (大天狗?) o daitengu sono più umani dei loro cugini karasu: sono alti con pelle e faccia rossa, ma hanno un naso incredibilmente lungo. Spesso sono usati nelle storie per parodiare il buddhismo. Portano un bastone (bō) o un martellino. Anche loro talvolta hanno caratteristiche aviarie, come ali o un mantello di piume. Secondo alcune leggende hanno dei ventagli hauchiwa, fatti con piume o foglie di Aralia japonica, e li usano per controllare la lunghezza del naso o scatenare fortissime raffiche di vento. Dei tengu atipici sono il Guhin, simile a un cane, e lo Shibatengu, simile a un kappa. I tengu possono trasformarsi in animali (uccello, volpe, o cane procione; nota che questi ultimi due sono a loro volta capaci di fare lo stesso (vedi kitsune e tanuki)), o esseri umani, anche se generalmente mantengono alcune caratteristiche del loro aspetto, come un naso particolarmente lungo o una costituzione simile ad un uccello. I tengu sono quasi sempre ritratti vestiti come eremiti di montagna (yamabushi), monaci buddhisti o sacerdoti shintoisti. Anche se sono dotati di ali e possono volare, generalmente sono anche in grado di teletrasportarsi magicamente. AbitudiniI tengu abitano le montagne del Giappone, e preferiscono fitte foreste di pini e crittomerie. Sono specialmente associati ai monti Takao e Kurama. La terra dei tengu è anche chiamata Tengudō, che può corrispondere ad una locazione geografica, una parte di un regno demoniaco, o semplicemente un nome per ogni accampamento di tengu. Le leggende spesso descrivono la società dei tengu come gerarchica: i karasu fungono da servi e messaggeri degli yamabushi, e in capo a tutti c'è un re dai capelli bianchi, Sōjōbō, che vivrebbe sul monte Kurama. Inoltre, molte aree del Giappone si dicono infestate da tengu con altri nomi, spesso anche venerati nei templi. Sebbene siano sempre raffigurati come maschi, i tengu depongono uova. I konoha-tengu sono associati a Sarutahiko, il dio Shintō degli incroci, dei sentieri e del superamento degli ostacoli. L'associazione nasce probabilmente dal lungo naso del dio simile ad una proboscide. Secondo altri studiosi però i tengu deriverebbero dal dio Susanoo. Le loro caratteristiche aviarie li avvicinano inoltre anche ai garuḍa della mitologia buddhista. I tengu sono creature capricciose, e le leggende li descrivono a volte benevoli e a volte malvagi. Talvolta si divertono a giocare scherzi pesanti, come appiccare fuochi a foreste o porte di templi, o addirittura mangiare le persone (molto raro). I tengu amano camuffarsi da viandanti umani, assumendo forme amichevoli, come eremiti itineranti. Dopo aver guadagnato la fiducia della vittima (nelle leggende spesso monaci buddhisti), i tengu ci giocano, ad esempio facendola volare o immergendola in un'illusione, che sono esperti a creare. Oppure, i tengu la rapiscono, pratica nota come kami kakushi o tengu kakushi, rapimento divino o da tengu. Le vittime spesso si svegliano molto lontano senza alcuna memoria del tempo trascorso. Le sparizioni di bambini sono spesso attribuite ai tengu, soprattutto se sono poi ritrovati in stato confusionale. I tengu possono anche comunicare con gli umani per telepatia, e sono talvolta accusati di possessione demoniaca o controllo della mente. Grazie ai loro scherzi malvagi, la gente talvolta lascia loro delle offerte, generalmente riso o pasta di fagioli, per ingraziarseli. I tengu sono orgogliosi, vendicativi, facili all'ira, particolarmente intolleranti verso gli arroganti, i blasfemi, coloro che abusano del loro potere e della loro conoscenza per tornaconto personale, e coloro che arrecano danno alle foreste in cui essi abitano. Questa particolarità li spinge a provocare monaci e sacerdoti, e in epoca antica samurai: secondo alcune tradizioni gli arroganti si reincarnano in tengu. Talvolta gli si attribuisce un istinto politico, e si immischiano negli affari dell'umanità per impedirle di diventare troppo potente o pericolosa. Nonostante la loro intolleranza verso questo attributo, i tengu sono noti per essere egoisti, da cui la locuzione tengu ni naru ("diventare un tengu"), cioè fare il vanitoso. In almeno una leggenda si afferma che i tengu che si comportano altruisticamente possono reincarnarsi in esseri umani. I tengu non sono immortali, ma un tengu gravemente ferito può trasformarsi in un uccello, spesso corvo o rapace, e volare via. I tengu sono esperti di arti marziali, tattica, e ottimi armaioli: talvolta insegnano parte del loro sapere ad esseri umani, ad esempio l'eroe Minamoto no Yoshitsune imparò il kenjutsu (tirar di scherma con la katana) dal re dei tengu, Sōjōbō. In realtà non è necessario che lo studente incontri il tengu di persona, perché il tengu può insegnare nei sogni. La maschera nera indossata dai ninja è chiamata tengu-gui proprio per l'associazione dei tengu con il combattimento. OriginiIl mito dei tengu è stato probabilmente importato dalla Cina: il loro nome è scritto con gli stessi kanji del cinese Tiangou (天狗S, TiāngǒuP, lett. ""cane del cielo""), il nome di Sirio nell'astrologia cinese, e forse il nome dato a una meteora dalla coda di cane che precipitò in Cina nel VI secolo a.C. Di fatto, in Cina si sviluppò un'intera classe di demoni di montagna chiamati tiangou, molto simili ai tengu giapponesi nel loro comportamento maligno. Questi tiangou furono probabilmente introdotti in Giappone dai primi buddhisti nel VI-VII secolo, e lì si fusero con gli spiriti indigeni dello Shinto. Le prime leggende di tengu parlano solo dei karasu, quasi invariabilmente maligni. Diventano sempre più umanoidi col passare del tempo, e anche meno malvagi. I tengu simili a monaci sono quelli più spesso rappresentati nell'arte, ma questa è una delle varianti più recenti, probabilmente nata dalla fusione di storie di yamabushi dotati di poteri magici e di tengu di montagna. Durante l'epoca feudale giapponese, la corruzione dilagò tra il clero buddhista. Fu durante questo periodo che i tengu cominciarono a punire i blasfemi, e questa associazione li rese i protagonisti ideali per gli autori del periodo Kamakura che volevano criticare in sicurezza i vizi del clero. I monaci di montagna (yamabushi) erano visti dal popolo come un baluardo alla corruzione, e questo spiega come i tengu assunsero il loro attuale aspetto yamabushi. Durante il periodo Edo, i mercanti olandesi erano gli unici europei a cui era consentito entrare in Giappone, ed è stato suggerito che i tengu yamabushi, con occhi grandi e nasi lunghi, possano aver avuto origine dai contadini che pensavano che quegli stranieri dall'aspetto inconsueto fossero mostri travestiti. Alla fine dell'epoca Edo, ufficiali governativi affiggevano avvisi in cui intimavano ai tengu di lasciare la zona prima di ogni visita dello shōgun. Una favola molto nota parla di due tengu seduti in cima ad una montagna che possono estendere il loro naso a grandi distanze, seguendo gli allettanti odori provenienti dal villaggio sottostante. Un gran numero di storie prevede un ventaglio, ricevuto in dono o comprato da un tengu, sventolando il quale è possibile cambiare la lunghezza del proprio o dell'altrui naso, magicamente ma non permanentemente. Tengu nella cultura di massaA causa della loro ambigua moralità nei racconti giapponesi, i tengu sono rappresentati sia come cattivi che come buoni nei media giapponesi e in lavori occidentali ivi ambientati.
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