YūreiGli yūrei (幽霊?) sono i fantasmi della tradizione giapponese. Il nome è composto dai kanji yū (幽? "flebile", "evanescente", ma anche "oscuro") e rei (霊? "anima" o "spirito"). Sono talvolta chiamati anche bōrei (亡霊? "spiriti dei caduti"), shiryō (死霊? "spiriti dei morti"), o anche con i più generici nomi di yōkai (妖怪?) e obake (お化け?). Come per le controparti occidentali, si tratta di anime dei defunti che sono incapaci di lasciare il mondo dei vivi e raggiungere in pace l'aldilà. OrigineSecondo la tradizione giapponese, tutti gli esseri umani hanno uno spirito/anima o reikon (霊魂?); quando muoiono, il reikon lascia il corpo e resta in attesa del funerale e dei riti successivi, prima di potersi riunire ai propri antenati nell'aldilà. Se le cerimonie sono svolte nel modo appropriato, lo spirito del defunto diventa un protettore della famiglia, a cui torna a far visita ogni anno ad agosto durante la festa Obon, nella quale i vivi porgono ai defunti i propri ringraziamenti. Tuttavia, nel caso di morti improvvise e violente, o se i riti funebri non sono stati effettuati, o ancora se lo spirito è trattenuto al mondo dei vivi da forti emozioni, il reikon può trasformarsi in yūrei ed entrare in contatto con il mondo fisico. Non tutti gli spiriti che si trovano in queste condizioni però si trasformano in yūrei, perché agire sul mondo fisico dal mondo spirituale richiede una grande forza mentale o emotiva. Lo yūrei può infestare un oggetto, un posto o una persona, e può essere scacciato solo dopo aver celebrato i riti funebri o risolto il conflitto emotivo che lo tiene legato al mondo dei vivi, anche se sono presenti delle forme di esorcismo. AspettoAll'inizio, la tradizione non attribuiva agli yūrei un aspetto differente da quello dei comuni esseri umani. Nel tardo XVII secolo, durante il periodo Edo, si diffuse il gioco del Hyakumonogatari Kaidankai, molto popolare ancora oggi, che consiste nel raccontare a turno una storia dell'orrore (kaidan, termine non più in voga, sostituito nel giapponese moderno dall'inglese horror) e poi spegnere una luce; si credeva che quando l'ultima luce si fosse spenta uno yūrei si sarebbe manifestato. I kaidan divennero oggetto di letteratura, opere teatrali e dipinti, e gli yūrei cominciarono ad assumere degli attributi che permettevano al pubblico di identificarli immediatamente tra i personaggi. Il primo esempio dell'aspetto ormai canonico di uno yūrei è Il fantasma di Oyuki, un ukiyo-e di Maruyama Ōkyo.
Tipologie
EsorcismiIl modo più semplice per liberarsi di uno yūrei è soddisfare il suo desiderio, eliminando la sua ragione per restare in questo mondo; spesso significa trovare i suoi resti e dargli la dovuta sepoltura. Nel caso di onryō questo però significa dar seguito alla sua vendetta, cosa non sempre possibile, e inoltre le loro emozioni sono sufficientemente forti da sopravvivere anche dopo che lo scopo sia stato raggiunto. In questo caso è necessario un esorcismo, del quale però esistono diversi tipi. Nel buddhismo i monaci possono celebrare dei riti volti a facilitare il passaggio dello spirito nella sua prossima reincarnazione. Nello shintoismo è possibile recitare un norito (una preghiera rituale) con lo stesso scopo oppure usare un ofuda, un foglio con impresso il nome di un kami del quale assorbe il potere, che vengono premuti sulla fronte del posseduto o sparsi nell'area infestata. In almeno un caso, per placare uno spirito vendicativo lo si è deificato: dopo la morte in esilio di Sugawara no Michizane si verificarono epidemie e carestie, mentre la capitale subì tempeste e inondazioni, diversi fulmini colpirono il palazzo imperiale e morirono alcuni dei figli dell'Imperatore Daigo, che, su consiglio della corte convinta che Michizane fosse diventato un goryō, per placarlo bruciò l'ordine di esilio, deliberò che fosse venerato con il nome Tenjin (天神? "kami del cielo") e eresse in suo onore il tempio di Kitano a Kyōto. Bibliografia
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